RCS, “IMBARCO IMMEDIATO” SUL TITANIC? IL CDR DIFFIDA L’AZIENDA DAL CEDERE I PERIODICI - IL “BLACK CARPET” DEI MANAGER DAI BONUS D’ORO


1 - RCS: CDR PERIODICI DIFFIDA AZIENDA, NO A SINGOLE CESSIONI
(ANSA) - Il comitato di redazione dei periodici di Rcs MediaGroup "diffida l'azienda dall'avviare o proseguire trattative per la cessione di 'singole testate o gruppi di tesate' ". E' quanto afferma in una nota il Cdr della Periodici registrando però "con soddisfazione" l'intenzione dell'azienda di archiviare "la scellerata decisione di procedere alla cessione in blocco di dieci testate".

Una chiusura dei periodici "costituirebbe una gravissima e concreta violazione dello spirito e della lettera degli accordi sottoscritti in sede aziendale, nazionale e ministeriale relativi allo stato di crisi ancora in corso", afferma il Cdr. Una sospensione poi della pubblicazione di nove testate con un'ipotesi di ricorso alla cigs a zero ore dei giornalisti che vi lavorano sarebbe "inaccettabile, irricevibile e immorale, anche alla luce dell'entità degli emolumenti incassati dall'amministratore delegato e dal consiglio di amministrazione", affermano i rappresentanti dei giornalisti aprendo però con alcune condizioni al tavolo di confronto proposto dall'azienda.

2 - RCS:GIOVEDI' PARTE TRATTATIVA CON CDR SU PERIODICI A RISCHIO
(ANSA) - Prenderà il via giovedì 9 maggio la trattativa tra i vertici di Rcs e i rappresentanti dei giornalisti sui dieci periodici che l'azienda ha dichiarato di voler chiudere. E' quanto si apprende da fonti del comitato di redazione. La società aveva dichiarato di voler vendere dieci testate che impiegano 110 persone, di cui 90 giornalisti, oltre a una cinquantina di precari. Archiviata l'ipotesi di cessione in blocco, Rcs ha annunciato ieri ai dipendenti che salvo acquirenti potrebbe chiuderne nove testate a fine giugno.

3 - RCS: A BANCHE GARANTI AUMENTO TRA 7,7 E 12 MLN COMMISSIONI
(ANSA) - Rcs dovrà pagare tra 7,75 e 12 milioni alle sette banche che garantiranno parte dell'aumento di capitale da 400 milioni, su cui sono impegnati anche soci del patto per 200 milioni. Le commissioni variano tra un minimo di 5,17% e un massimo del 6% degli importi minimi (100 milioni) e massimi (200 milioni) oggetto di impegno. E' quanto emerge da un documento della società, dove si legge che gli esperti indipendenti incaricati dal comitato Parti correlate, hanno ritenuto "congrue" le commissioni.

4 - RCS:SIMULAZIONE SU AUMENTO,PIU'SALE SCONTO PEGGIO E' DIRE NO
(ANSA) - Una simulazione di esperti indipendenti per il comitato Parti correlate di Rcs, al lavoro sui potenziali effetti diluitivi del previsto aumento di capitale, mostra come al crescere dello sconto peggiora più che proporzionalmente - "é non lineare", si legge nel rapporto - la diluizione per quanti non partecipano. Sembra un tema astratto, e non manca chi assicura come sia sempre così negli aumenti di capitale. Ma nei delicati equilibri del gruppo potrebbe tradursi in una battaglia al momento di fissare il prezzo dell'operazione.

L'esempio migliore emerge guardando alla simulazione in questione, redatta dai professori Mario Cattaneo e Giovanni Petrella, e consultabile tra i documenti resi pubblici da Rcs. Prendendo uno sconto del 40 e del 50% nell'emissione, chi non sottoscrive del tutto si vede diluito del 67,6% o dell'81,1%, ma se sottoscrive al 20% l'aumento al salire dello sconto non peggiora altrettanto la sua 'penalizzazione' e la diluizione è del 54,1% o del 64,9% (al salire di 10 punti di sconto la diluizione non sale più di 13,5 punti ma di 10,8 punti).

Tradotto sulla quota di Diego Della Valle, contrario all'operazione: il suo pacchetto è oggi dell'8,695% e con uno sconto del 40% se non sottoscrive nulla diventa del 2,8%, mentre con uno sconto del 50% scende all'1,64%. Se invece l'imprenditore sottoscrive anche solo il 20% dell'aumento (34,78 milioni la quota parte di Della Valle in un aumento da 400 milioni ipotetici, sottoscriverne il 20% comporterebbe un investimento di 6,9 milioni) avrebbe in mano il 3,99% post diluizione nel caso di uno sconto del 40% e del 3,05% nel caso di uno sconto del 50%. I consulenti del comitato Parti correlate non entrano ovviamente nel merito del pacchetto Della Valle.

"Un aumento - affermano però - di 10 punti percentuali di sconto sul terp (prezzo teorico di un'azione dopo lo stacco del diritto di opzione relativo a un aumento di capitale, ndr) 'penalizza' maggiormente l'azionista che non partecipa affatto all'aumento di capitale rispetto a un altro azionista che non sottoscrive almeno in parte l'aumento di capitale. L'effetto diluitivo dello sconto sul terp si riduce, quindi, all'aumentare della partecipazione dell'azionista all'aumento di capitale".

"Lo sconto sul terp", ricordano anche i due esperti, è una "variabile decisionale controllabile solo in misura limitata" da Rcs, perché "influenza la probabilità di successo dell'operazione e la sua entità risente delle condizioni congiunturali del mercato finanziario, delle caratteristiche dell'operazione, della situazione aziendale nonché del livello di efficienza del prezzo delle azioni Rcs nel mercato secondario".


5 - RCS, "IMBARCO IMMEDIATO". SUL TITANIC?
DAGOREPORT

Le immagini di Flebuccio de Bortoli e dei manager dell'Rcs (rilanciate da Dagospia) tra i fischi e le urla di protesta dei colleghi costretti a calpestare (una sorta di black carpet) le copie dei settimanali stampate dal gruppo prima d'"imbarcarsi" alla convention organizzata dall'amministratore Pietro Scott Jovane, ben raccontano di cento articoli lo sfascio di una azienda in cui le colpe del naufragio economico-editoriale ancora una volta vengono riversate sui lavoratori (giornalisti e poligrafici) e gli autori del disastro (gli amministratori) premiati invece con bonus milionari.

E poiché solo la "stupidità non ha limiti" (Shopenhauer) gli astuti promotori del meeting al teatro milanese Elfo-Puccini hanno pensato bene di appendere alla porta d'ingresso il cartello-promozionale dell'evento dal titolo beffardo e stonato: "Rcs 2015 - Imbarco immediato".

Con l'aria pesante che tira in via Solferino e con gli azionisti-armatori che scappano come topi impazziti dalla "corazzata Corriere", forse non era davvero l'occasione giusta per chiedere ai viaggiatori smarriti (direttori di testate, dirigenti e quadri intermedi), d'imbarcasi non per una crociera di piacere, ma sul "Titanic" destinato ad affondare. Sempre che non saranno raccolti gli ultimi drammatici (e interessati) Sos lanciati agli altri pattisti (riluttanti) dalle banche azioniste.

Arriverà pure il tempo per riflettere sulle colpe (tante e imperdonabili accumulate nelle stagioni allegre) anche dei redattori dei periodici (110 giornalisti) che a fine giugno saranno sbattuti fuori dal torracchione di Crescenzago a causa della chiusura di dieci settimanali (A, Visto, Salute, Europeo, Novella 2000, OkSalute, Brava, Astra), rimaste senza alcun compratore credibile. E una ragione ci sarà se le gloriose testate dell'ex Rizzoli non fanno gola ad alcun editore.

Così, nell'attesa della resurrezione (un miracolo, magari), il nuovo management dell'Rcs guidato da Pietro Scott Jovane, al teatro Elfo-Puccini seppellisce il vecchio modello editoriale del gruppo per dare vita a qualcosa che, al momento, appare una chimera indefinibile dal soli nome esotico ammicante: "Media publishing" in cui confluiranno sia i quotidiani sia il resto dei periodici. Comparto in via di smantellamento in cui a brillare - sembra una barzelletta amara -, è soltanto il settimanale enigmistico "Domenica Quiz", che non abbisogna di direttori o giornalisti.

Dunque, il futuro del "Corriere della Sera", che ancora contiene le sue perdite (un milione sui 79 già accumulati dal gruppo nel primo semestre 2013) è nella sua "integrazione tecnologica" con i periodici e con gli altri new media (web). Una strada, almeno sotto il profilo del ritorno economico, che al momento appare impervia e tutta in salita.

Al di là di puntare o meno sul "digitale", di presentarsi alla riunione di direzione con l'IPad in mano al posto della mazzetta dei giornali che fa tendenza Jovane, in Italia sono appena 200 mila i lettori che acquistano via computer comprano l'edizione digitale di un quotidiano senza passare per l'edicola. E di questa misera fetta il Corrierone può vantare appena 50 mila copie. Una disgraziata realtà (digitale).

La crisi dell'editoria, che viene da molto lontano, resta seria. Ma in tutto il mondo non è stato risolto e riformulato ancora un nuovo "modello di business" che concili il prodotto di carta con i new media. E dia soprattutto utili sicuri. Ma dentro questo stato editoriale precario, il "Corriere della Sera" fa storia a sé.

Nonostante il calo di copie, anche per effetto della "ripulitura" delle copie taroccate dagli editori, il quotidiano milanese non macina perdite rilevanti. Anzi, è l'unica mucca che dà ancora latte a tutto il resto del gruppo.

E se oggi è messa a dieta o, peggio, messa a pascolare nei prati inesplorati e indefiniti di una "multimedia company", il direttore Flebuccio de Bortoli - se occorre mettendo sul piatto anche le sue dimissioni -, e la redazione debbono dire apertamente se sono d'accordo a meno sul piano di riorganizzazione del primo gruppo del Paese in cui la sola cosa che spicca davvero - caso unico al mondo - è la mancanza di un manager di provenienza dall'editoria.


 

 

 

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