RIDERE CON FILOSOFIA SI PUO' - GIUSEPPE SCARAFFIA E LE PAGINE PIU’ BELLE DELL’UMORISMO FRANCESE - DA VOLTAIRE: "SE MI SONO RICONCILIATO CON DIO? BEH, CI SALUTIAMO MA NON CI PARLIAMO" - A SACHA GUITRY: "IL MODO MIGLIORE PER VENDICARSI DI UN UOMO CHE VI HA PRESO LA MOGLIE È LASCIARGLIELA” – LA BATTUTA DI COCTEAU CHE TRAFISSE VICTOR HUGO, IL COMMOVENTE "ESPRIT DE L'ESCALIER" E LE VIGNETTE DI WOLINSKI...
Giuseppe Scaraffia per il Messaggero
"Gli inglesi hanno un termine per indicare le battute, la vera comicità, quella gaiezza, quei frizzi che sfuggono agli uomini senza che se ne accorgano. Loro traducono questa idea con la parola humour che pronunciano yomor e credono di averlo solo loro, che le altre nazioni non abbiano un temine per esprimere questa caratteristica dello spirito. Tuttavia è un'antica parola della nostra lingua", rivendicava lo spiritosissimo Voltaire.
giuseppe scaraffia eliana miglio
L'autore di "Candide" aveva conosciuto per la prima volta la prigionia nel 1717 per aver scherzato in versi sugli amori incestuosi del reggente, Philippe d'Orléans. Quando, uscito dal carcere, il regnante gli aveva fatto un'elargizione, l'aveva ringraziato dicendo: "Ringrazio Sua Altezza Reale di essersi preoccupata di mantenermi, ma la prego di non preoccuparsi più di ospitatarmi".
“Ogni battuta deve essere breve”, raccomandava Voltaire, che non perse il suo senso dell'umorismo neanche negli ultimi istanti, nel 1778. A chi gli chiedeva se avesse ritrovato la fede replicava: "Se mi sono riconciliato con Dio? Beh, ci salutiamo ma non ci parliamo". Quando un prete gli chiese secondo il rituale se rinunciava a Satana e alle sue opere, rispose: "Brav'uomo questo non è il momento di farsi dei nemici".
In Francia avere dello spirito è sempre sembrato essenziale. "E' peggio di un crimine, è un errore", spiegava Charles-Maurice de Talleyrand, il "grande camaleonte" della politica francese sempre in grado di sopravvivere ai turbolenti cambi di regime inaugurati dalla rivoluzione del 1789. Tanto che nel 1808 Napoleone deluso e ingannato da Talleyrand l'aveva definito "una merda in una calza di seta", riconoscendo, malgrado il disprezzo, la grande eleganza di quel politico inaffondabile.
Neanche le barricate facevano dimenticare a Alexandre Dumas la buona cucina. Le pallottole fischiavano nell’aria calda della primavera 1832 quando lo scrittore sentì il bisogno di condividere lo squisito pranzo che aveva personalmente preparato con un collega, Charles Nodier e gli mandò un biglietto: ”Si dice che siate stato arrestato e fucilato. Se la notizia è falsa, venite stasera a pranzo da me. Se è vera, venite lo stesso.”
Ma oltre che un'arma offensiva l'umorismo era anche un'arma difensiva nei duelli verbali che animavano i salotti e i caffè. Stendhal si chiede se “sarà abbastanza spiritoso per mettere con le spalle al muro” un rivale. Non si tratta, specifica di distruggerlo, ma di punirlo con eleganza. I vizi sono un tema ricorrente. “L’alcol uccide lentamente, chi se ne frega, non abbiamo fretta”, diceva Georges Couteline.“Il pastis [liquore francese] è come i seni. Uno non è abbastanza, tre sono troppi”, obiettava Fernandel.
Stanco di sentire Marcel Proust lamentarsi nel 1920 perchè una contessa, offesa dai difetti di un personaggio in cui si era riconosciuta, si rifiutava di leggere la sua "Ricerca del tempo perduto", Jean Cocteau gli aveva obiettato: "Ma caro Marcel, come volete che un insetto legga le opere di un entomologo ?"
Una spensierata misoginia ha a lungo aleggiato nello spirito francese. "Se l'uomo è stato creato prima della donna, è stato per permettergli di piazzare una parola", sogghignava Jules Renard (1887-1910). "Il modo migliore per vendicarsi di un uomo che vi ha preso la moglie è lasciargliela", lanciava l'inesauribile Sacha Guitry (1885-1957).
"L'amore è una faccenda così noiosa che ci si mette in molti per venirne a capo", sorrideva Morand. Nel 1844, sorpreso dalla polizia in flagrante adulterio, Victor Hugo, in quanto pari di Francia, potè andarsene, mentre la signora venne incarcerata. L’indomani i giornali alludevano, senza far nomi, all’incresciosa vicenda. Il poeta Alphonse de Lamartine dichiarò: “La Francia è elastica; ci si rialza persino da un canapé”. “L’amore è cieco. Che brutto scherzo in un ambito in cui lo sguardo è tutto”, dice il contemporaneo Philippe Sollers. Ancora più crudele Proust (18171-1922): “Lasciamo le belle donne agli uomini senza immaginazione".
Ma la palma della perfidia va al dandy Boni de Castellane, che ai primi del 900, facendo visitare il fastoso palazzo compratogli dalla ricca quanto brutta moglie, la indicava agli ospiti spiegando: "Ecco il rovescio della medaglia". L'implacabile Coco Chanel (1883-1971) liquidava così la sua migliore amica: "Noi amiamo le persone solo per i loro difetti: lei mi ha dato grandi e numerose ragioni per amarla".
Ma il più commovente è "l'esprit de l'escalier", quello che viene in mente ormai sulle scale, troppo tardi per rispondere in tempo a una battuta altrui. Non tutti però sanno ammettere la sconfitta. Una logorroica poetessa, Anna de Noailles, irritata di non essere riuscita a replicare alle argomentazioni di Cocteau convertito nel 1925, lo aveva inseguito gridando: “Se Dio esistesse, sarei la prima ad esserne informata!”.
"L'umorismo, scriveva Romain Gary nel 1960, è una dichiarazione di dignità, un'affermazione della superiorità dell'uomo su quello che gli accade". Prendersi in giro è un elemento fondamentale dell'umorismo francese e l'egocentrismo rimane uno dei più tipici bersagli. Lo spiritosissimo Boris Vian diceva: "Se non amassimo tanto noi stessi saremmo sempre soli".
Nel 1928 Jean Cocteau trafisse con poche parole la megalomania di Hugo: "Victor Hugo è un pazzo che crede di essere Victor Hugo". «La sua vanità sembrava tale, che sarebbe salito a cassetta della sua carrozza per far credere di avere un negro al suo servizio», sosteneva il figlio di Alexandre Dumas (1802-1870), scherzando sulle origini africane del genitore. L'altro bersaglio sono ovviamente gli stupidi, ma, meditava Raymond Queneau nel 1965: "La stupidità a volte è insondabile".
Una battuta può dare meglio di un libro l'idea dell'egemonia intellettuale di Sartre nella Francia del dopoguerra. Insuperabile quella attribuita, forse nel 1968, a Jean Daniel: “E’ meglio aver torto con Sartre o ragione con Camus o Aron?”
Per il surrealista André Breton, autore della celebre "Antologia dell'humour nero", 1940, l'umorismo può assumere un valore eversivo. Per lui come per Baudelaire la comicità è "emanazione, esplosione, liberazione del comico”. Un esplosività pericolosa, come dimostra la strage di "Charlie Hebdo". Resta però il rimpianto che quelle vignette, malgrado la provata abilità dei loro autori come il grande Georges Wolinsky, non fossero proprio quella volta, davvero spiritose.
cocteau1wolinskiFUMETTI DI WOLINSKI
giuseppe scaraffiagiuseppe scaraffiavictor hugo immortalato da nadarvictor hugoCOCTEAU 5marcel proust