endeavour - il giovane ispettore morse

SERIE DA PRENDERE SUL SERIO – CI SONO VOLUTI SEI ANNI PERCHÉ “ENDEAVOUR” ARRIVASSE IN ITALIA. L’HANNO RIBATTEZZATA “IL GIOVANE ISPETTORE MORSE” COSÌ GLI APPASSIONATI DEL PERSONAGGIO ORIGINALE POTRANNO RITROVARLO. MA QUESTA SERIE È UN’ALTRA COSA - È UN POLIZIESCO E VA BENE; È ANCHE FEDELE A UN CERTO TIPO DI TRADIZIONE DA TÈ DELLE CINQUE; MA È ANCHE UN ACTION E UN RACCONTO DI GENERE. UNA DELLE PRODUZIONI MIGLIORI, DI QUESTI ANNI, DEL REGNO UNITO

 

 

Gianmaria Tammaro per Dagospia

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Ci sono voluti sei anni, mese più mese meno, perché “Endeavour”, serie poliziesca dell’inglesissima ITV, arrivasse qui in Italia. Va in onda su Paramount Network, ogni venerdì sera (in replica, il giorno dopo, di mattina). L’hanno ribattezzata “Il giovane ispettore Morse”, così gli appassionati del personaggio, quelli che l’hanno seguito in altre vesti e in altri tempi, potranno ritrovarlo. Ma, intendiamoci, questa serie è un’altra cosa. È più moderna (come linguaggio televisivo, non come ambientazione), più strutturata, pensata decisamente meglio.

 

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Ogni stagione è una mini stagione: pochi episodi. E ogni puntata è un piccolo film: c’aggiriamo attorno all’ora e venti, all’ora e mezza di durata. Morse, che è interpretato da Shaun Evans, è un detective della polizia di Oxford, sfiduciato, incupito, ex-studente di lettere (una cosa che, rispetto ai suoi colleghi poliziotti, lo pone su un piano diverso: non è il bruto geniale prestato alle forze dell’ordine; ma il genio assoluto, delicato, con un gusto particolare per la musica e per i libri, che usa il suo ingegno per risolvere puzzle complicatissimi).

 

gianmaria tammaro

È un narciso, come tutti i grandi protagonisti. Per un po’, e anche con un discreto successo, si nasconde dietro il desiderio di fare del bene e di proteggere i più deboli; poi, con il tempo e con il passare delle stagioni, si mostra per quello che è veramente: un ossessionato, un idealista incallito, innamorato più del processo della risoluzione dei casi che della giustizia.

 

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All’inizio di “Endeavour” Morse è sul punto di appendere al chiodo il distintivo, quando succede qualcosa: arriva in una nuova squadra e trova un nuovo capo (interpretato da Roger Allam) e nuovi casi. Prima di avere il posto che merita ce ne vorrà, e dovrà passarne di tutti i colori (no, non è il solito eufemismo; siamo letterali). Ma la cosa veramente straordinaria di questa serie è come ogni caso venga ricostruito e presentato, e quanta fedeltà ci sia nell’atmosfera british, nel ricreare un Regno Unito figlio della guerra, in pieno boom economico (siamo intorno agli anni ’60), pronto a risollevarsi ma anche spaventato dalla minaccia comunista (in due o tre episodi si sfora nello spionaggio più sfrenato).

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C’è la piccola criminalità urbana, i primi gangster, la Oxford che guarda a Londra e che da Londra, nel bene e nel male, viene influenzata. E poi ci sono quei casi che coinvolgono la nobiltà locale, che sanno d’altri tempi, delitti passionali e delitti meditati. Chiaramente, com’è giusto che sia, c’è spazio anche per una storia d’amore: tra Morse e Joan Thursday, figlia dell’ispettore Thursday, interpretata da Sara Vickers. È una storia parallela a quella principale: all’inizio si mostra poco; poi acquista sempre più spazio, fino a diventare una parte del tutto.

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Il personaggio di Morse, come nella serie “originale”, si ispira e si basa su quello creato dallo scrittore Colin Dexter. In “Endeavour”, però, c’è spazio per un Morse leggermente diverso, più irascibile e passionale, meno paziente, non ancora capo: deve trovare la sua strada, e per farlo deve sbagliare. Più e più volte. Quelli attorno a lui, anche chi crede sia infallibile, mostrano costantemente la loro incapacità di essere al di sopra delle parti.

 

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Non c’è quella patetica ricerca della giustizia a tutti i costi; spesso si cede al desiderio di vendetta, e spesso si va anche oltre. Morse deve imparare a convivere con un mondo che non è nemmeno lontanamente simile a quello che aveva immaginato. E così deve fare lo spettatore: “Il giovane ispettore Morse” è un poliziesco e va bene; è anche abbastanza fedele a un certo tipo di tradizione, tè delle cinque e chiacchierata civile in salotto; ma è anche un action – alcune sequenze, specie nelle ultime stagioni, acquistano più spessore e compostezza, e forza – e un racconto di genere. Una delle produzioni migliori, di questi anni, del Regno Unito.

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