ECCO A COSA SERVIVA IL VIAGRA! MATTEO MESSINA DENARO AVREBBE PARTECIPATO A DEI FESTINI A PALERMO INSIEME A POLITICI E IMPRENDITORI! – DOMANI A “NON È L’ARENA” MASSIMO GILETTI SVELERÀ LA VITA MONDANA DEL BOSS MAFIOSO: “UN TESTIMONE L'AVEVA RICONOSCIUTO DOPO CHE VENNE PUBBLICATA LA FOTOGRAFIA DELL'ARRESTO - IL PROCURATORE DI CALTANISSETTA DISSE CHE MI MANDARONO VIA DALLA RAI PERCHÈ AVEVO PARLATO DI MAFIA - QUALCUNO MI DISSE 'TU DAI MOLTO FASTIDIO IN PARLAMENTO - CAIRO? LO AVEVO ACCANTO QUANDO È MORTO MIO PADRE, LA RAI NO...."
Da “Giornale Radio, L’Attimo Fuggente” - Luca Telese e Giuliano Guida Bardi intervistano Massimo Giletti
Hai raccontato a Non è l’Arena di aver ricevuto una lettera di minacce dalla mafia. Perché? È perché hai già dedicato dieci puntate a Messina Denaro? Sei controcorrente, testardo o anacronistico? Ha ancora senso l’antimafia giornalistica?
Ricordo di aver avuto uno scontro durissimo, quando lavoravo alla Rai. Mi domandai come mai potesse essere rilasciato dagli arresti uno degli uomini più potenti della mafia: il dottor Aiello. Sui suoi conti correnti erano stati trovati ben 1500 miliardi di lire. Lo ripeto perché non si pensi che sia un lapsus: ben 1500 miliardi di lire liquide.
Aiello era un uomo di mafia, di un livello importante. Venne rilasciato, scoprii, perché nel carcere dove si trovava si mangiavano fave e piselli che lui non poteva assumere. Lo Stato italiano lo mise ai domiciliari. Io dimostrai che in quel carcere, in realtà, fave e piselli si mangiavano solo il mercoledì sera. Nonostante questo, venne mandato a casa.
Non solo: trovai anche l'elenco dei beni di cui questo signore, stranamente, poteva disporre pur essendo in carcere. Era detenuto in regime di massima sicurezza ma, ogni giorno, ripeto ogni santo giorno, riceveva il pesce fresco da Palermo. Questo passaggio racconta esattamente perché lotto e continuo a lottare contro la mafia.
Questo Paese può aver anche catturato Matteo Messina Denaro, ma non ha certamente arrestato tutto quello che gli era intorno e che ha creato quella corruzione, che è un punto cardine, purtroppo in negativo, dell'Italia. Tutto questo non è accettabile e credo che noi giornalisti dobbiamo accendere delle luci su ciò che è devastante: ci sono uomini dello Stato collusi con il sistema. E’ gravissimo. E, quel che è più grave, noi facciamo finta di niente. [...]
Poi sei andato in Sicilia a realizzare una trasmissione in diretta, con la gente che ti contestava in piazza, a Mezzojuso nel paese delle sorelle Napoli.
Avvenne dopo, quando ero a La7, non più alla Rai. Qualcuno mi disse “Tu dai molto fastidio in Parlamento, a un certo mondo”. A distanza di anni, forse, il procuratore di Caltanissetta del tempo - che era uno che parlava abbastanza poco - aveva ragione.
Tu fai questa battaglia ma tanti altri, che pur si sono appuntati la medaglia dell'antimafia sul petto, oggi non la fanno più. Perché?
Bisogna chiederlo a loro. Io non ho mai esitato ad andare oltre, anche con quando ero alla Rai. Anzi, ricordo che mi sorprese il procuratore di Caltanissetta, Lari. Quando io venni costretto ad andar via dalla Rai, fece un’Ansa dicendo “Io credo che Massimo Giletti sia stato allontanato dalla Rai perché faceva ascoltare a quattro milioni di spettatori, problemi della mafia, alle due di pomeriggio, nel giorno più importante della settimana, la domenica! Allora non credevo che questo fosse vero, oggi, forse, sì.
Che il procuratore di Caltanissetta abbia detto una cosa di questo genere sembra clamoroso.
Lui diede questa lettura in un lancio Ansa, non me lo sto certo inventando. Ripeto: non ci diedi peso ma oggi ho capito. Mi ero occupato di tante cose, e forse qualcuno ha dimenticato che da solo feci uno speciale sulla morte di Don Puglisi, un sabato sera, su Rai Uno, portando il pentito che uccise Don Puglisi a Brancaccio.. Quella sera avevo intorno una marea di uomini con fucili sui tetti. Non posso dimenticare quella notte.
[...]
Cosa dici del birignao dei colleghi che dicono “Ma cosa vuole fare Giletti? Ma l’antimafia è una roba per iniziati, per professionisti, per studiosi dei codici…” La senti tu questa freddezza?
Sono abituato a lavorare in questo ambiente. La freddezza l'ho sentita in tanti modi, tante volte, nella mia vita. Ma questo lavoro lo devi fare per quello in cui credi. Sono stato in Ucraina e sono stato criticato. Sono stato in Russia e sono stato criticato. Ma sono uno che va, che si muove, non ho problemi. Ti anticipo che sono stato questa settimana a Palermo. Domani ho un grosso scoop.
Vogliamo un’anticipazione…
Riguarda i festini. Forse qualcuno ricorderà, tempo fa, il consigliere regionale Ismaele La Vardera che è stato un giornalista de Le Iene. La Vardera aveva raccontato dell'esistenza di un testimone che diceva che in una villa si tenevano dei festini a cui partecipavano politici, imprenditori, il gotha palermitano. E c'era ogni tanto anche Matteo Messina Denaro. Il testimone di cui parleremmo l'aveva riconosciuto, ovviamente dopo che venne pubblicata la fotografia dell'arresto. Su questo abbiamo una cosa interessante, molto interessante. Vedrete domani, domenica, a Non è l’Arena. [...]
Sei stato molto gentile con i tuoi colleghi e non hai risposto: perché nelle altre trasmissioni tutto questo non appare? Hanno paura? Sono conformisti? Ritengono che tu stia facendo una battaglia sbagliata?
Quando sono stato messo sotto scorta ho detto che mi sono sentito solo, ma non perché non mi è arrivato un sms dai giornalisti di La7, che fanno tanti programmi importanti e dai quali mi aspettavo obiettivamente un messaggio, da Porro, Mario Giordano, Maurizio Costanzo… Costanzo fu il primo a chiamarmi quella mattina, si preoccupò molto.
Cosa ti disse?
Era molto preoccupato. Con Maurizio avevo un rapporto stretto, da tanti anni. Ci fu una telefonata un po’ complessa, perché era venuto a sapere delle cose anche lui. Addirittura chiamò una personalità importante delle forze dell'ordine.
Era molto preoccupato. Mi disse che bisognava smettere di parlare, perché lui aveva pagato un dazio altissimo e mi diceva “non puoi continuare, stai toccando temi pericolosi, pensaci, pensaci, la vita, non vale la pena…”.
Cercava di dissuadermi, perché anche lui aveva saputo cose delicate. Quindi non è quello, non è la mancanza di un sms. E’ che sei isolato nel momento in cui sei l’unico che, per esempio, quella volta aveva fatto quella battaglia per la scarcerazione dei mafiosi.
Ma ricordiamoci di Zagaria, uno dei numeri uno della camorra, era tornato a casa e noi avevamo raccontato esattamente le inefficienze del DAP, che forse qualche responsabilità ce l'aveva. Quel senso di solitudine lì, purtroppo lo continuo a sentire anche adesso.
Insomma, la lista dei buoni e dei cattivi alla lavagna non ce la fai.
Ma è inutile, ognuno risponde alla propria coscienza. Dico solo che non è stare con Giletti o no, è cercare di raccontare quello che succede invece di fare le solite analisi ipocrite, superficiali.
Per la stagione 2024 sarai alla Rai?
Non ho ancora deciso il mio futuro, questo lo posso dire. Dovrò decidere tra un mesetto. Adesso sono concentrato a fare un prodotto, a lavorare. Dopodiché io sto con un editore che in questi anni mi ha garantito la libertà; un editore che mi son trovato accanto quando è morto mio padre con le mani sulle spalle all'improvviso. Vicino.
La Rai non ha mandato neanche un telegramma, neppure una telefonata, dopo trent'anni di lavoro. Sono cose di cui terrò conto nelle mie valutazioni definitive. Però la Rai è il luogo in cui son nato, ho un rapporto forte con la Rai, con quello che rappresenta quel cavallo, di fronte al quale cui ogni giorno passo. Ecco, per me è qualcosa di importante.
Parliamo della tua squadra. Anche loro condividono fino in fondo la tua battaglia?
A me piace stare vicino ai ragazzi, crescerli, perché io non dimentico che sono arrivato senza sapere come fare questo mestiere. Creare una squadra, lavorare insieme, è il massimo che si possa ottenere. Sono convinto che vedendomi, anima e core, come direbbe qualcuno, tutti i giorni in trincea per fare questo bel lavoro, anche loro traggano le forze per andare avanti, andare oltre e dare il massimo. Questo per me conta.