davide lacerenza

“VERGINE, SINGLE E MILIONARIO” - L’AUTOBIOGRAFIA DI DAVIDE LACERENZA E’ TUTTA UN PROGRAMMA - ARRESTATO INSIEME A STEFANIA NOBILE CON L’ACCUSA DI AUTORICICLAGGIO, SFRUTTAMENTO ALLA PROSTITUZIONE E SPACCIO DI SOSTANZE STUPEFACENTI, SI RACCONTA TRA ROLEX, CARTE DI CREDITO, SCIABOLATE E L’OSTENTAZIONE DI UN MONDO GROTTESCO, QUELLO DELLA MILANO BAMBA E BOLLICINE: “PIPPAVO COCAINA MA NON BEVEVO” - L’UOMO CHE SOGNAVA DI “FOTTERE LA VITA” NON HA PIU’ SOGNI E SU INSTAGRAM I SEGUACI SONO AFFLITTI: “SPIACE, HAI SPINTO TROPPO IL CAVALLO”

Estratto dell’articolo di Alessandro Trocino dal “Corriere della Sera”

 

AUTOBIOGRAFIA DI DAVIDE LACERENZA

È una storia da raccontare quella di Davide Lacerenza, già noto nell’ambiente come il «Gianluca Vacchi dello champagne» o l’«Andrea Diprè del gin», arrestato martedì insieme alla ex compagna Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi. L’accusa è autoriciclaggio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

 

Ai più, forse, il suo nome fino a poche ore fa non diceva niente. Chi è di Milano e bazzica Instagram, si sarà imbattuto nel suo locale, la Gintoneria di via Napo Torriani, o nelle sue storie, visto che ha la bellezza di 260 mila follower.Vale la pena, forse, raccontare il successo effimero ma bruciante, condensato in un capolavoro del trash come la sua autobiografia pubblicata nel 2020. Si chiama «Vergine, single e milionario». 

 

Già epica dalla copertina, sulla quale Lacerenza svetta con il sorriso Durbans smagliante e un Dompe (don Perignon) d’ordinanza, adagiato sopra il titolo vergato in oro. Dentro le 130 paginette edite da Sperling&Kupfer, c’è l'epopea salgariana in pillole di Lacerenza, scritta in corpo gigantesco. Il suo marchio di fabbrica sono le sciabolate, che i francesi chiamano sabrage, e consistono nel far saltare il tappo dello champagne insieme al vetro circostante con un colpo netto. (...)

 

wanna marchi stefania nobile davide lacerenza

Lacerenza era il simbolo di una certa Milano che si intravede scrostando la vernice elegante del design e della modernità, la Milano Babilonia dei buttafuori e dei fattoni che smascellano, tutta escort, bamba e bollicine, eppure è un giargiana anche lui, come direbbe il milanese imbruttito, un meridionale trapiantato al Giambellino da Trinitapoli (Barletta).

 

 

Nel libro si dilunga su certe acrobazie sessuali giovanili, ma soprattutto parla dei mercati generali, dove si spacca il fisico e forgia lo spirito, scaricando per 15 anni angurie e patate e applicando una versione lievemente più grezza della dialettica di popolo che lo renderà ricco: «Signora, i meloni vedo che li ha già, venga a prendere la mia melanzana». La sua esuberanza porta lo zio che l’aveva assunto a licenziarlo. Ma ormai è tempo di spiccare il volo, resistendo alle lusinghe paterne che lo vogliono avviato a una carriera nelle pratiche automobilistiche. Di studiare non se ne parla e, finite le medie, un paio di bocciature alla prima del liceo Tecnico industriale di Corsico segnano la sua sorte. Non infelice, apparentemente: «Non leggo un libro da anni, ma posso stappare bottiglie da migliaia di euro ogni sera».

(...)

davide lacerenza

 

Davidone, come lo chiamano, e l’escort cominciano a macinare soldi. E qui spunta Stefania Nobile, più nota come la figlia di Wanna Marchi, che rinasce a nuova vita dopo gli scandali, il carcere, le accuse di truffe, le malattie (che però ancora la tormentano). I due si fidanzano, poi il rapporto diventa di lavoro, tanto che la Wanna junior fa la sua «assistente» e gestisce pratiche burocratiche e altro. Alla Malmaison comincia a formarsi il metodo Lacerenza, un mix di lusso sfrenato, volgarità, esibizionismo e kitsch.

 

C’è una sala fumo, una di degustazione del rum, un pianista e non c’è ancora quella piscinetta che sarà il tratto distintivo della sua prossima impresa, perché il Lacerenza è un cavallo sì, ma inquieto, scalcia, non si fa domare e così eccolo alla nuova fatica. (...)

 

davide lacerenza

Nel libro c’è la prefazione di una paginetta scarsa di Andrea Lupetti, giornalista, chambellan dell’Ordre des Couteaux de Champagne e autore del libro Grandi Champagne 2020-2021. Conferisce a Lacerenza il sigillo di autorevolezza, che mancava: «Lo champagne - scrive Lupetti - è percepito come qualcosa di inarrivabile, di elitario, per ricchi. Lacerenza ha un grosso merito: l’avere sdrammatizzato lo champagne».

 

 

Lui lo ripete con parole sue e con orgoglio: «Io sono il Mosè che ha aperto le bottiglie di champagne facendolo passare da nettare elitario a bevanda popolare». Lupetti concede qualcosa all’inevitabile presa di distanza da un personaggio sopra le righe, con una bellissima perifrasi: «Per sdrammatizzare lo champagne, si è dovuto calare in un personaggio con tutte le sue contraddizioni».

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davide lacerenza

Poi l’illuminazione, quando una cliente gli fa scoprire un Oenothèque 1996 (un Dom Perignon da 700 euro). Non studia naturalmente, non fa la scuola per sommelier, non fa roteare il bicchiere all’Albanese, non si dilunga sui terziari e sul retrogusto di sella di cavallo, non scrive schede di degustazione sulle bollicine fini, persistenti e numerose.

 

Accumula champagne in cantina («qui ci sono due milioni di euro in bottiglie, è come la zecca della Casa di Carta»), arricchisce di fenicotteri rosa la piscina del locale, regalando un Dompe a chi si butta dentro vestito, taglia personalmente l’astice dei suoi lobster roll, fa sciabolare clienti con mazze da golf, ospita personaggi famosi come Gue Pequeno e Diletta Leotta. Mostra le schiene di vip che non vogliono farsi vedere: «Ecco, lui è un calciatore dell'Inter, lei una famosa attrice». 

 

Poi le cena da Bulgari, i massaggi in sala fatti dalla «fedele dipendente» Zorina, il dentifricio comprato dalle assistenti, la cucina di casa demolita perché non gli serve più. Dorme in una camera insonorizzata da una porta di piombo, scioglie la tachipirina nello champagne e posta «fisicate» su Instagram come se non ci fosse un domani.

 

davide lacerenza a 137 all'ora per le vie del centro di milano con la ferrari 3

Una vita da cavalli, titolo di uno dei capitoli del libro. Nel corso degli anni perfeziona il format, modelle giovanissime e bellissime influencer in cerca di fortuna si fanno riprendere mentre sciabolano, con Lacerenza checonsiglia, incoraggia, corregge, loda, sempre con la sua lingua sboccata e impastata, che è diventato un marchio di fabbrica: «Dai krugga (dall’omonimo champagne)», «Scanala», «Vai col missile», «Parti lungo», «La dorsalata», «Vai tigre», «una bella cannella», «stasera c’è figa pesante». Lo champagne che esce a fiotti viene salutato dagli applausi degli astanti, con Lacerenza che dice cose a caso come «Avanti savoiardi» e offre alle ragazze un giro con il Ferro (la Ferrari) per le vie di Milano, oltre a un tag su Instagram.

 

(...) Il finale del libro è un po’ malinconico, può scappare la lacrimase siete sensibili. Confessa che fin da bambino sognava di «fottere la vita» e che ormai non ha più sogni: «Ho una considerazione altissima di me stesso. Che andassero tutti a cagare. Ma vorrei tanto tornare a sognare». Sogna l’amore: «Una donna per uscire con me deve essere bellissima, esagerata, ma per fidanzarmi deve anche: essere seria, intelligente, capace di starmi dietro e non deve avere più di ventitré anni. Altrimenti resto vergine, single e milionario».

 

A fine gennaio è ospite alla Zanzara, sempre avida di casi umani e deliri kitsch, e qui gli consegnano il trono di «king» di Milano. Lui, incitato da Giuseppe Cruciani, dice la sua frasetta standard, un po’ malinconica: «Ragazzi, non fate la mia vita, non iniziate mai». Cruciani: «Iniziate mai cosa?». «A drogarvi», risponde secco lui. Della Nobile dice: «Mi inginocchio davanti a lei. È la persona più importante della mia vita, non ho nessuno, non sono sposato, non ho mai avuto figli. Siamo sempre insieme. Senza di lei non farei questa vita molto bella».

 

(...)

 

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