PAROLA DI BOSS - SPRINGSTEEN: “IO SGOBBO PER COMPORRE CANZONI. DYLAN È, INVECE, UN POETA. IL NOBEL? QUANDO SAREMO TUTTI MORTI E DIMENTICATI LA GENTE CONTINUERÀ A PARLARE DI LUI - DA BAMBINO SOGNAVO IL POSTO DI MICK JAGGER NEI ROLLING STONES - TRUMP? TERRIBILE, MINACCIA LA DEMOCRAZIA”
Paolo De Carolis per il “Corriere della Sera”
Niente registratori, niente iPad, niente selfie. Bloc notes e penna per gli appunti e basta. Un documento di identità all' entrata e una lista di nomi. Il luogo e l' ora segreti sino a poco prima.
Quando alla fine entra nell' auditorio dell' Istituto di arti contemporanee di Londra, Bruce Springsteen è una rivelazione: seduto sul palco, sotto la foto-copertina che lo ritrae giovane, scapigliato, con l' auto sportiva alle spalle e il colletto della camicia rivolto all' insù, non c' è il mito, non c' è la leggenda, non c' è la star: c' è un uomo disposto a raccontare gli alti e i bassi della sua vita, che come un nonno affettuoso inforca gli occhiali per leggere, che con modestia sminuisce il suo talento - «la voce è quella che è» - e sottolinea che comunicare con il pubblico è un privilegio, una «magia», che è suo dovere dare tutto quello che ha da dare.
Lo spunto per un libro di oltre 500 pagine che sta conquistando fan e critici - in una manciata di ore è arrivato al primo posto nella classifica dei bestseller inglese - è nato dall' esibizione al Superbowl del 2009, quando per un attimo il Boss si è perso nella bellezza di un cielo stellato, incorniciato «dall' aureola di mille lune da stadio». L' occhio e la penna da scrittore lo accompagnano dalla prima all' ultima frase. È la profondità della prosa, forse, oltre all' umiltà del suo autore, la qualità più avvincente dell' autobiografia (in Italia pubblicata da Mondadori).
Guai a paragonarlo a Bob Dylan, anche solo per scherzo: «Lui è un poeta, io sgobbo per comporre canzoni», precisa, ricordando il loro primo incontro musicale: «Avevo 15 anni, provenivo da una piccola città di provincia, "Like a rolling stone" è stata trasmessa per radio: era il ritratto del mio Paese, per la prima volta ho sentito una descrizione del mio mondo che sembrava tangibile e vera». Il Nobel per la letteratura? Non ha dubbi, meritatissimo. «Quando saremo tutti morti e dimenticati la gente continuerà a parlare di lui».
Se ci sono musicisti che sostengono che mai si sarebbero immaginati il successo che hanno avuto, Springsteen ammette con rinfrescante onestà di averlo sognato già da ragazzino. «Sempre la stessa scena: Mick Jagger si ammalava e i Rolling Stones chiedevano a me, proprio a me, di prendere il suo posto. Dopo avermi sentito non avevano tanta fretta di riprendersi Mick».
Se sua madre, adesso malata di Alzheimer, ha creduto in lui sin dall' inizio, il rapporto con il padre è stato difficile. Nell' arco degli anni, scrive in Born to Run , gli avrà detto si è no mille parole, non di più. Cita la frase del chitarrista e produttore T Bone Burnett. «Se, come ha detto, tutto il rock' n'roll è un grido, "Papà, perché?", ho fatto anch' io la mia parte. Quando non riceviamo amore da chi amiamo li copiamo per sentirci più vicini a loro. Io l' ho fatto senz' altro».
Ricorda la violenza quando con la madre andava nei bar a chiamare il padre, l' ostilità di quel mondo esclusivamente maschile che odorava di fumo e di alcool. Con i suoi figli, ha precisato, ha cercato di non ripetere gli errori. «Ho imparato a fare il papà facendo da papà anche per me stesso». C' è riuscito? «Non sono perfetto, ma me la sono cavata. Abbiamo una buona relazione».
Parla con facilità della depressione che ha combattuto per anni e superato grazie anche alla musica e ai concerti leggendariamente lunghi.
«Scendi dal palco con un' idea forte di chi sei e di cosa fai. Sei stravolto. Non hai la forza di essere depresso». La scuola cattolica, dove veniva regolarmente picchiato e chiuso in uno sgabuzzino buio, gli ha lasciato una forte formazione religiosa che si specchia spesso nelle parole delle sue canzoni: «redenzione, peccato, dannazione sono temi a me molto familiari». La numerosa famiglia irlandese e italiana è la ragione per la quale non ha mai lasciato il New Jersey.
Ha imparato qualcosa su se stesso scrivendo l' autobiografia? «Dopo 30 anni di analisi è difficile scoprire qualcosa di nuovo». Immancabile una domanda su Donald Trump.
«Come mi spiego il fenomeno? Non ci è riuscito nessuno. È una cosa terribile, che minaccia l' essenza della democrazia».
Chiude leggendo l' epilogo dell' autobiografia, un appello diretto al fan o lettore. «Ho scritto la mia storia per aiutarti a raccontare la tua. Vai e racconta».