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L’UOMO CHE HA CAMBIATO IL NOSTRO IMMAGINARIO - STAN LEE HA RILANCIATO IL FUMETTO CREANDO SUPEREROI CON SUPER PROBLEMI: UMANI, FRAGILI, PIENI DI PASSIONI E RISENTIMENTI - REALIZZA STORIE SULLA DROGA (SPIDER MAN), SUI TEMI RAZZIALI E LA DISCRIMINAZIONE (X-MEN E HULK), CONTRASTI GENERAZIONALI E LA RIVOLTA GIOVANILE TRA IL DIO THOR E IL PADRE ODINO - CREA UN SUPEREROE CIECO (DAREDEVIL) E ALTRI CON LA PELLE NERA (BLACK PANTHER, FALCON)

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Antonio Carioti per il “Corriere della Sera”

 

Non aveva inventato i supereroi, ma li rigenerò e rilanciò in maniera inaspettata, costruendo su di essi quella che è tuttora la più importante casa editrice di fumetti al mondo. L'opera di Stan Lee, scomparso all'età di 95 anni, s'identifica con la storia della Marvel e con una grossa fetta dell'immaginario collettivo contemporaneo, allargata dal successo internazionale dei film che vedono protagonisti i suoi personaggi: un'armata di eroi e criminali, dotati di superpoteri, che si calcola comprenda ben 343 nomi. Tra di essi i Fantastici Quattro, Hulk, l'Uomo Ragno, gli X-Men.

 

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Nato a New York il 28 dicembre 1922, il papà dei Vendicatori (Avengers) e di Iron Man si chiamava all' anagrafe Stanley Martin Lieber e veniva da una famiglia di ebrei romeni immigrati. Sin da ragazzo aveva cominciato a scrivere brevi testi per la Timely Comics dell'editore Martin Goodman, suo zio acquisito, e a soli 17 anni ne era diventato il più giovane sceneggiatore. Ma dopo le tirature altissime degli anni Quaranta i fumetti erano entrati in crisi nel decennio seguente, per via di una dura campagna che li additava come immorali. Tempi di censura e di vendite in calo.

 

Poi la svolta. Nel 1961 uno Stan Lee non ancora quarantenne riceve da Goodman l'incarico di creare un nuovo gruppo di supereroi. E in coppia con il disegnatore Jack Kirby dà inizio a una leggenda: nascono i Fantastici Quattro, eroi che affrontano minacce cosmiche eppure si comportano come una famiglia, legata da forti vincoli affettivi, ma attraversata da tensioni, risentimenti, gelosie.

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Personaggi sorprendentemente umani, anzi troppo umani, potentissimi ma afflitti da un bel po' di lati deboli. È la formula vincente dei «supereroi con superproblemi». Da questo punto di vista il capolavoro di Lee è l'Uomo Ragno, o Spider-Man, ideato nel 1962 in collaborazione con il disegnatore Steve Ditko.

 

L'adolescente timido e studioso Peter Parker acquista capacità eccezionali grazie al morso di un ragno radioattivo, ma solo dopo l'assassinio dell'amato zio Ben, che lo ha allevato in seguito alla morte dei genitori, capisce che deve usarle per lottare contro la malavita. È un eroe che senza maschera conduce una vita affannosa (non ha un soldo, fatica a trovare una ragazza) ed è malvisto dalla stampa quando entra in azione con il costume addosso. Non gliene va bene una e per questo i giovani lettori si appassionano alle sue vicissitudini.

Così la Marvel Comics, denominazione assunta dalla Timely negli anni Sessanta, scala le classifiche delle vendite.

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Lee partorisce storie e personaggi a tutto spiano, con ritmi di lavoro impressionanti: per giunta intreccia le vicende dei vari supereroi, che s'incontrano e scontrano di continuo, a New York o nello spazio, fino a comporre un vero e proprio universo narrativo. Instaura anche un rapporto diretto con i lettori attraverso le pagine della posta contenute negli albi a fumetti. Ma non riuscirebbe a seguire tante testate, con trovate sempre emozionanti, se al suo fianco non ci fosse un asso come Kirby, il cui contributo creativo è immenso e non viene adeguatamente riconosciuto. Il portentoso binomio della Marvel si rompe nel 1970, con il disegnatore che passa alla Dc Comics.

 

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Lee dimostra anche coraggio e sensibilità sociale: sfida per esempio la censura, all'epoca molto rigida, quando nel 1971 introduce per la prima volta nei fumetti il tema della droga con una storia dell' Uomo Ragno rimasta memorabile. Non è un episodio sporadico: anche se rimane un patriota anticomunista, Stan non teme di misurarsi con i problemi più scottanti del suo Paese.

 

Per esempio evoca già nei primi anni Sessanta la questione razziale, con la paura dei diversi (i mutanti dotati di superpoteri dalla nascita) che è il motivo portante della serie X-Men e per altri versi anche delle saghe amare di Hulk.

 

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Mette in scena indirettamente i contrasti generazionali e la rivolta giovanile con il dissidio tra il dio Thor e il padre Odino. Crea un supereroe cieco (Daredevil, Devil in Italia) e altri con la pelle nera (Black Panther, Falcon). In tempi di rigurgitante razzismo è stato giustamente richiamato un commento contro il pregiudizio apparso nella sua rubrica di dialogo coi lettori nel 1968.

 

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Nel 1972 Lee aveva abbandonato la direzione editoriale della Marvel, ma ne era rimasto l'uomo immagine più prestigioso. Inoltre aveva perseguito altri progetti creativi. Il suo sogno di promuovere una versione cinematografica e televisiva dell' universo Marvel si è avverato solo quando l' impiego di capitali adeguati e l'avvento delle tecnologie digitali hanno permesso una resa ottimale dei superpoteri.

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Da allora Stan, benché anziano, era comparso più volte nei film dedicati alle sue creature, con brevi particine di pochi istanti, i cosiddetti cameo , quasi per assegnare un marchio di qualità a quelle produzioni. Era allegro e ammiccante, animato dall' ottimismo del sogno americano. Non si può che ricordarlo così.

 

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