1- LA TRAGICA FARSA DI UN PREMIO LETTERARIO CHE HA UN SOLO DIFETTO: QUELLO DI ESISTERE 2- L’EDITOR DI TREVI ABBATTE PIPERNO: “HA VINTO UN LIBRO PROFONDAMENTE MEDIOCRE, UNA COPIA DI COPIA, UN ESEMPIO PROTOTIPICO DI MIDCULT RESIDUALE. UN LIBRO LETTERARIAMENTE INESISTENTE, SCRITTO CON I PIEDI DA UNO SCRIBACCHINO MESTIERANTE, SENZA UN'IDEA, SENZA UN'OMBRA DI "RESPONSABILITÀ DELLO STILE" 3- TREVI È COLPEVOLE DI AVER OSATO ROMPERE LE REGOLE ETERNE DELLO STREGA. MA TROPPI SOLDI LA MONDADORI HA INVESTITO SUL ROMANZO DI PIPERNO, ANDATO MALUCCIO RISPETTO ALLE ASPETTATIVE DI VENDITA MALCALCOLATE. LO STREGA, INSIEME AL CAMPIELLO, È RIMASTO FRA I POCHISSIMI PREMI LETTERARI CHE FANNO VENDERE LIBRI 4- ALLA FIN FINE, CHE LO STREGA SIA SEMPRE STATO E RIMANGA ANCORA UN PREMIO TRUCCATO, NON PUÒ CHE ESSERE UN ELEMENTO DI GRANDE RASSICURAZIONE ESISTENZIALE
1- DAGOREPORT
«Fare intensità ». Per chi fosse arrivato al Ninfeo di Valle Giulia, teatro intramontabile del Premio Strega, un tempo ambito certame letterario ormai ridotto a trofeo editoriale, quando lo scrutinio dei voti si consumava fra incerti applausi di fronte a un'impresentabile diretta televisiva, ecco, la «teoria dell'intensità », inventata da Cesare Prandelli, dava una risposta lampante.
La calca intorno ai tavoli della Mondadori e annessi marchi, primo fra tutti Einaudi, era così fitta che era persino difficile stabilire un contatto a vista con il candidato alla vittoria, il vittorioso Piperno. Alla Rizzoli di Carofiglio la densità si era già sciolta fin dalle prime schede. Paolo Mieli vagava fra i tavoli quasi avesse paura di far vedere che la storia di Carofiglio vincente a sorpresa non era altro che una astuta manovra diversiva, forse frutto di un'intesa segreta...
Poca era l'intensità intorno al giovane Mauri al tavolo con Spagnol, un tavolo di eredi eccellenti, che avrebbe dovuto dimostrare di crederci un po' per non farci sospettare che tutto era stato già deciso. Resisteva il cavallo matto Emanuele Trevi, issato su un trespolo a prendere sporadici applausi ogni volta che il suo distacco aumentava.
Curioso però che nessuno fra gli agitati fans di Trevi abbia tentato una ola quando a poche decine dalla fine il vantaggio è arrivato a 12 voti. E ci sarebbe stato da festeggiare davvero se avesse vinto âQualcosa di scritto', che la sorpresa sarebbe stata massima e definitiva, fino al punto da segnare simbolicamente la fine stessa dello Strega così come la storia lo ha tramandato, quasi mummificato, fino a oggi.
Un ritorno al passato degli anni aurorali, quando vinceva senza trucchi Ennio Flaiano, Dudù La Capria veniva lanciato in aria da Giovanni Urbani felice per la vittoria dell'amico, e Vittorio Gassman dedicava alla patronne Maria Bellonci, la più feroce delle parodie cinematografiche... Che tempi! Già , quando il mitico B., che allora vantava numeri da bestseller, a dispetto dei critici puristi chiedeva di vincere lo Strega in virtù di una presunta malattia incurabile che presto l'avrebbe tolto dalla scena letteraria lasciando il campo alle ambizioni editoriali di tutti i suoi concorrenti.
Così dicono. Vinse infatti. Ma siamo contenti ieri di averlo salutato proprio al centro del tavolo della Mondadori, massimo punto di intensità , ancora vivo e vegeto e persino invecchiato.
Non invecchiano mai i grandi vecchi, da Enzo Golino elegant man a Fabiano Fabiani in camiciola ma entrambi perfettamente ambientati, compreso Mario D'Urso fresco di toeletta e soprattutto Giovannino Russo che salutava tutti e sicuramente stava già lì anche nel 1948 per festeggiare Ennio Flaiano quando vinse Tempo di uccidere, la prima volta dello Strega. Stava insieme a Nello Ajello, che però l'altra notte se ne andato annoiato verso la centesima scheda, con l'aria di chi già sapeva il risultato, insieme a Daniela Pasti, moglie di Corrado Augias, non pervenuto.
Se non ci fosse stata la schiena di Silvia Truzzi del Fatto e lo sguardo enigmatico della direttrice di IoDonna Violante D'Alessio la crisi del ricambio generazionale sarebbe stata evidente anche nei giardini del Ninfeo. Alla fine, quando tutti credevano avesse già vinto il finto romanzo di Trevi, a scrutinio finito, una liberatoria esplosione di gioia trattenuta ha scompigliato tutta l'intensità mondadoriana. E si è capito che, non si sa come, Piperno aveva rimontato ben 14 voti su Trevi.
La regola fondamentale dello Strega è stata confermata. Vince chi ha i voti. E il soggetto qui non è lo scrittore ma l'editore. Sapiente è stato il gioco degli uomini di Ricky Cavallero che finalmente ha azzeccato un risultato pieno per la Mondadori da quando ha spodestato Gian Arturo Ferrari. Non sorprenda l'esigua differenza di due voti fra il primo e il secondo e la vicinanza anche del terzo, Carofiglio, e il buon risultato del quarto, Marcello Fois, il romanzo più romanzo di tutta la cinquina.
La Mondadori ha gestito il suo pacchetto di voti con la freddezza del giocatore di poker. Non si poteva far vedere che il meccanismo elettorale del premio, a dispetto dei proclami di novità e cambiamento, in realtà non ha modificato il sistema di potere editoriale. I voti a Fois sono stati sufficienti e ben dosati sia per non perdere la faccia che per vincere lo Strega.
Trevi è colpevole di aver osato rompere le regole eterne della gloria letteraria. Ha commesso lo stesso atto di presunzione di cui si macchiò il più sofistico degli editori italiani, nel ruolo però di scrittore, Roberto Calasso detto Bob, che fu sopravanzato di 5 voti da Giuseppe Pontiggia con il libro lancinante sulla vita del figlio minorato dalla nascita.
Calasso giocò tutto il suo prestigio di filosofo narratore, ma anche editore intellettuale, inventore padrone dell'Adelphi, per imporre un'infrazione alla regola e far vincere il suo libro considerato il migliore presunto. Benedetta Craveri, nipote di Croce e parente di mezzo pantheon filosofico letterario e culturale del Novecento, si dannò l'anima scovando votanti che non votavano mai.
Furono arruolati persino grandi vecchi veri del calibro di Giovanni Macchia. Niente da fare: a gestire lo Strega per la Mondadori c'era ancora un grande protagonista della comunicazione editoriale, uno che già da giovane dava del tu a Mondadori, nel senso di Arnoldo, il fondatore, che naturalmente non aveva mai sbagliato un colpo. Abilissimo nel calcolare persino i tradimenti incrociati.
I saputoni del retroscena, facevano girare la voce che la vittoria di Trevi era sicura per via di un accordo segreto che voleva il critico-scrittore arruolato dalla casa dello Struzzo per il prossimo anno. Sarà vero. Ma troppi soldi la Mondadori ha investito sul romanzo di Piperno, andato maluccio rispetto alle aspettative di vendita malcalcolate. Lo Strega, insieme al Campiello, è rimasto fra i pochissimi premi letterari che fanno vendere libri.
Il calcolo va fatto in termini proporzionali. Se lo Strega fa raddoppiare le vendite, un conto è far vincere un libro che vende 10 e quindi arriverà a 20, altro è far vincere un libro che vende 100 e con il premio arriverà 200. La sentenza ora alle librerie e alle classifiche di vendita.
Alla fin fine, siccome la gloria letteraria è un sottile gioco che niente ha a che vedere con la giustizia divina, che lo Strega sia sempre stato e rimanga ancora un premio truccato, nel quadro generale della perdita di valori della tradizione, non può che essere un elemento di grande rassicurazione esistenziale.
2-L'EDITOR DI TREVI: ROMANZO MODESTISSIMO, NON HA VINTO PER LA QUALITÃ
Paolo Fallai - Roberta Scorranese per il Corriere della Sera
Brucia e sconvolge. Tra gli effetti collaterali del premio Strega non c'è l'indifferenza. L'attacco parte con Luigi Spagnol, del gruppo Gems che ha candidato Emanuele Trevi (Qualcosa di scritto, Ponte alle Grazie) finito secondo a soli due voti dal vincitore, Alessandro Piperno (Inseparabili, Mondadori) e con sole cinque schede di vantaggio sul terzo, Gianrico Carofiglio (Il silenzio dell'onda, Rizzoli): «Qualcosa non funziona - dichiara al sito Affari italiani - se nelle ultime sei edizioni dello Strega per ben cinque volte alla fine ha vinto il candidato del gruppo Mondadori».
Molto più duro Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, che nella sua pagina Facebook spara: «Finito lo pseudo fair play della gara, dirò la mia sul merito dei libri. Ha vinto un libro profondamente mediocre, una copia di copia, un esempio prototipico di midcult residuale. Ha rischiato di far troppo bene anche un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un'idea, senza un'ombra di "responsabilità dello stile", per dirla con Barthes».
Al telefono Ostuni conferma: «I libri migliori erano quelli di Trevi e Fois. à chiaro che se Trevi fosse stato un autore Mondadori avrebbe stravinto. Invece ha pubblicato col gruppo Gems, che non è piccolo, ma non ha relazioni paragonabili con i colossi. Chi ha votato per lui ha apprezzato il libro. Sono persuaso che non sia così per chi ha votato Piperno o Carofiglio».
«à una posizione poco elegante e ideologica - gli risponde Antonio Franchini, responsabile narrativa della Mondadori - allo Strega sono i giurati a decidere liberamente per chi votare. Li conosco bene, le loro personalità , il meccanismo per cui molti promettono a molti. à un mondo piccolo: se so che un votante è amico di un concorrente io il voto non glielo chiedo proprio».
Le polemiche «sono» il premio Strega. Questa volta, con tre scrittori in sette voti, si infiammano le illazioni sulle scelte dei «piccoli», esclusi dalla cinquina, sui quali avrebbe pesato il potere del colosso mondadoriano; sul ruolo della Fondazione Bellonci, che non avrà più i 30/40 voti che spostava Anna Maria Rimoaldi, ma con queste classifiche anche pochi diventano decisivi.
Meno misterioso il voto dei 60 lettori indicati dalle librerie indipendenti: una mini giuria popolare in una platea oligarchica. Tutti d'accordo che abbia pescato lì molti voti proprio Carofiglio, che prima dello Strega aveva già venduto 250 mila copie e che ha guardato la competizione dall'alto di questa cifra. Piperno partiva da 60 mila, Trevi ne aveva vendute 20 mila.
Non partecipano allo scontro i duellanti. Il vincitore si è svegliato con un gran mal di testa: «Ma dev'essere stato il troppo liquore, erano vent'anni che non mi ubriacavo». Alessandro Piperno definisce la serata «sceneggiata da un Hitchcock sadico». «Non me l'aspettavo più, per me era chiaro che avevo perso. Ma se non fossi stato parte in causa credo che mi sarei divertito».
E adesso? «Scrivo, come ho fatto sempre. Sfruttando il premio per mettermi ancora più al riparo. Certo, rispetterò gli impegni istituzionali del premio, ma niente tv e niente presentazioni». Il 19 luglio tornerà in libreria con un saggio su Proust Contro la memoria, ma stavolta pubblicato da Fandango Libri. Dopo la notte del Ninfeo è stato a lungo festeggiato nel cortile della palazzina liberty che ospita la sede romana della Mondadori in via Sicilia, con l'amico regista Saverio Costanzo a filmare la scena, e Marcello Fois (in finale con Nel tempo di mezzo, Einaudi) a prendersi gli auguri per il Campiello.
Tutt'altro il risveglio di Trevi: «Non sono felice, mi sembra normale».
«Per me è la seconda delusione - aggiunge - nel 2010 avrei dovuto essere candidato con Il libro della gioia perpetua, ma Rizzoli scelse Silvia Avallone e il suo Acciaio. Questa volta invece siamo arrivati a un soffio». Piuttosto l'autore romano, che pubblicherà il prossimo romanzo con Einaudi Stile libero e nella sua carriera ha collezionato otto case editrici su nove pubblicazioni, insiste sui meccanismi del premio: «I giurati dovrebbero riappropriarsi delle candidature. Oggi gli editori scelgono i libri e trovano due presentatori. Il voto poi è una democrazia, io ho sempre scelto chi volevo, il problema sono le primarie».
Chiude in positivo Franchini: «Lo Strega è un premio morboso, capita che ti trovi di fronte da avversario un amico che hai pubblicato: è il caso di Trevi, quindici anni fa ha pubblicato con noi Musica distante: meditazioni sulle virtù. In questa edizione è stato sostenuto da un lavoro molto professionale. Si parla spesso di strapotere Mondadori, ma è un'espressione che ha senso quando vinci di 40 voti. Se ti imponi per uno, due voti, vuol dire che hai avuto anche una buona dose di fortuna».
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