LA SVOLTA ROSA DI “THE ECONOMIST” - IL SETTIMANALE IN CALO DI COPIE SI AFFIDA ALLA MINTON BEDDOES, A LUNGO CAPO DELL’ECONOMIA - FINO AD OGGI LE PRINCIPALI TESTATE BRITANNICHE ERANO STATE SEMPRE GUIDATE DA UOMINI
Enrico Franceschini per “la Repubblica”
C’era una pecca nel paese che ha inventato il giornalismo moderno e in cui Fleet street, la leggendaria “via dell’inchiostro” a due passi dal Tamigi, sede di tutte le redazioni dei giornali, è stata a lungo il marchio di fabbrica del mestiere: nessuna donna al vertice delle testate più importanti.
Anche nell’era delle quote riservate al sesso femminile nei consigli d’amministrazione di aziende e banche, dentro ai grandi quotidiani e periodici d’Inghilterra continuavano a comandare gli uomini. Ora non più. Una donna è diventata direttore dell’ Economist , per la prima volta nei 172 anni di storia del settimanale che, pur avendo a Londra la sua base, più di ogni altro si rivolge a un pubblico globale (l’80% della tiratura viene venduta all’estero): Zanny Minton Beddoes, 54 anni, finora capo della Business Section (economia, finanza, scienza, tecnologia), succederà dal primo febbraio a John Micklethwait, direttore per un decennio, dopo il decennio in cui la prestigiosa rivista era guidata da Bill Emmott.
«Sono felice dell’opportunità che mi viene offerta», è il suo primo commento. «L’Economistè una delle grandi istituzioni del giornalismo, con uno staff di talenti straordinari». Lei ne fa parte da vent’anni, in cui ha scritto inchieste su Africa, Europa orientale e America. Laurea a Oxford, master ad Harvard, qualche anno al Fondo Monetario Internazionale e un’esperienza a rimettere in piedi la Polonia post-comunista insieme all’economista Jeffrey Sachs, concludono un curriculum eccezionale.
Ma è probabile che la proprietà del settimanale volesse anche lanciare un segnale di innovazione per sfondare il “soffitto di cristallo” che ha tenuto le donne fuori dalla leadership nei giornali. Magari per arrivare prima di un altro grande mezzo d’informazione inglese, il Guardian , dove tra i favoriti per rimpiazzare Alan Rusbridger, direttore da vent’anni, che si dimetterà a giugno per presiedere il fondo che amministra il giornale, ci sono due donne, Janine Gibson, 42 anni, capo dell’edizione internet del quotidiano londinese, e Kath Viner, 43, responsabile dell’edizione americana.
Una giornalista inglese che ha fatto carriera c’era già stata, Tina Brown, ma per riuscirci è dovuta andare in America, dove ha diretto Vanity Fair, New Yorker e Newsweek. Adesso, dopo le donne andate a dirigere New York Times e Le Monde (ma entrambe licenziate tra le polemiche), è il momento delle giornaliste in Inghilterra.
Mentre i loro colleghi maschi emigrano negli Stati Uniti: dopo Mark Thompson, passato da direttore generale della Bbc ad amministratore delegato del New York Times , anche il direttore uscente dell’ Economist, Mickelthwait, attraversa l’oceano, per dirigere l’agenzia Bloomberg . Con lui, il settimanale è passato da 1 milione a 1 milione e 600 mila copie di tiratura, raro fenomeno nel panorama di una stampa periodica ovunque in difficoltà per la rivoluzione digitale. Ma anche l’ Economist nell’ultimo anno ha subito una frenata di copie e profitti. Forse ci vuole una donna per rilanciare una formula di successo.