
SOLFERINO SPA - TEMPI MAGRIS (CLAUDIO) AL CORRIERONE DELL’RCS CON I CONTI IN ROSSO E IN CRISI DI COPIE E D’IDENTITA’ - L’IDEA LANCIATA DA ALCUNI GIORNALISTI DI UNA “SOCIETA’ DEI REDATTORI”, GIA’ FALLITA A “LE MONDE”, APPARE UN NOBILE COLPO D’ALA PER EVITARE DI CONFRONTARSI CON LA DIREZIONE DI FONTANA E LA PROPRIETA’ CHE DOPO LA SEDE, I LIBRI STA PER ALIENARE LA “GAZZETTA DELLO SPORT”
DAGONOTA
MAURIZIO COSTA LAURA CIOLI RICCARDO TARANTO
L’idea non è delle più fresche. E i precedenti, illustri e negativi (il citatissimo francese Le Monde), sembrerebbero scoraggiare sin dalla nascita l’iniziativa di un folto gruppo di firme del Corriere della Sera di acquistare un pacchetto di azioni dell’Rcs allo scopo di assicurare “un ruolo di rappresentanza” nel quotidiano di via Solferino.
PRIMA PAGINA DEL CORRIERE TANTI DISOCCUPATI COME NEL SETTANTASETTE
Dunque, i giornalisti sottoscrittori della lettera aperta, sembrano prefigurare una “Società dei Redattori” per esercitare un ruolo di “garanzia e controllo” sul prodotto Corriere di cui, in realtà, già possono godere attraverso quello “Statuto dei giornalisti” che negli ultimi trent’anni (e passa) è stato sottoscritto dagli editori e dai direttori che si sono succeduti nella mitica stanza Albertini una volta ricevuto il voto di fiducia della redazione: da Piero Ottone a Machete Fontana.
In base alla “Magna Carta” del Corriere, infatti, è il direttore, il primo “garante dell’autonomia redazionale rispetto alla gestione economico-finanziaria, in base al principio secondo il quale – recita il documento - l'informazione, che spetta ai giornalisti, è separata dalla gestione economico-finanziaria”. E va salvaguardata anche la separazione tra i testi e la pubblicità.
La proposta allargata a maestranze e pensionati di acquistare azioni dell’indebitata Rcs, può essere un passo avanti, ma sulla strada maestra tracciata dallo “Statuto dei giornalisti”. Anche al mitizzato Le Monde, siamo nel 2007, la storica Società dei redattori ha fallito dopo essersi rifiutata di avallare i conti in rosso dell’azienda.
Il direttore Jean Marie Colombani fu sfiduciato e fu sostituito. Qualche anno dopo, il prestigioso quotidiano francese fu rilevato dall’imprenditore della moda Pier Bergé. Fine, insomma, di un lungo sogno di autogestione. Tant’è.
Nell’attesa d’investire i propri risparmi, parte della pensione, le ferie accumulate o la liquidazione in azioni Rcs - oggi a buon mercato -, i firmatari della proposta e il Comitato di redazione dovrebbero chiedere al direttore Fontana di far rispettare lo “Statuto dei giornalisti” ormai continuamente violato. E mettere un freno responsabili del marketing e al loro strapotere in redazione nella gestione delle pagine attraverso l’abuso della pubblicità redazionale (markette spacciate ai lettori per articoli).
Un fenomeno inquietante che riguarda anche i suoi concorrenti in edicola. Che poi i futuri-azionisti (di minoranza) aggiungano che non vogliono, bontà loro, sostituirsi alla proprietà, sembra già un alzare, non richiesto, della bandiera bianca rispetto alle intenzioni programmatiche della lettera-documento.
Nell’Rcs degli ex pattisti litigiosi, sparagnini e in conflitto d’interessi, da cui è fuggita a gambe elevate pure l’Fca di Elkann e Marchionne, da sempre l’azionista del parco buoi conta poco o nulla.
Intanto, per l’ex Rizzoli pure il 2015 è stato l’ennesimo anno nero: una perdita netta di 157,7 milioni (65 milioni in più rispetto all’anno precedente); ricavi in calo del 3%; un indebitamento finanziario netto fermo a 487 milioni di euro.
E nelle prossime settimane per fare cassa, l’ad, Laura Cioli, metterà in vendita la “Gazzetta dello Sport”, l’Rcs Sport con dentro il business del Giro d’Italia. Aspettando l’obolo della “Società dei redattori” dopo la sede storica, alcune nobili testate, continua ad alienare quel che resta dell’argenteria di famiglia.