ALAGNA GIÙ DALLA SCALA - IL TENORE SE LA FA SOTTO E DICE NO AL RITORNO: “CLIMA BELLICOSO, TEATRO INOSPITALE. TUTTE LE OPERE VENGONO FISCHIATE” - PEREIRA: “I GRANDI SI RIFIUTANO DI VENIRE PER PAURA DELLE CONTESTAZIONI”
Pierluigi Panza per “Il Corriere della Sera”
Dopo il burrascoso addio nelle vesti flamboyant del Radames di Zeffirelli, non tornerà nemmeno in quelle sventurate di Cavaradossi. Ieri pomeriggio, poco prima della riapertura del teatro con la serata inaugurale del Festival MiTo (18 giorni di musica con 182 appuntamenti e 2191 artisti), la Scala ha comunicato che Roberto Alagna — protagonista di plateale gesto al pubblico con abbandono di scena nell’Aida del 2006 diretta da Chailly —, dopo aver assicurato il suo ritorno, ha invece rinunciato, com’era trapelato dal suo blog.
Alagna e il sovrintendente Alexander Pereira si erano incontrati quattro volte per mettere a punto il ritorno del tenore in tre progetti: l’esecuzione del Werther di Massenet in forma di concerto a novembre in omaggio al 90° compleanno di Georges Prêtre (che, però, si è infortunato), una ripresa di Tosca in giugno 2015 nel corso di Expo e una nuova produzione. «Al momento della pubblicazione del programma della stagione, Alagna aveva confermato i progetti per il 2014/15», assicura la Scala.
Cosa gli ha fatto cambiare idea? Durante un soggiorno a Milano, si riporta nella nota della Scala, Alagna ha ottenuto un’accoglienza calorosa dal personale del Teatro e da alcuni melomani. «Tuttavia — scrive lo stesso tenore —, ho assistito agli spettacoli dati alla Scala in quei 15 giorni: tutti sono stati fischiati. Ne sono stato addolorato e turbato. In queste condizioni, mi è parso al di sopra delle mie forze affrontare di nuovo tante tensioni».
Ma la vicenda rivela aspetti più inquietanti, ed emerge da una lettera inviata tempo fa da Alagna alla direzione del teatro che sviluppa questa argomentazione. Dopo gli inviti — di Lissner, prima, e di Pereira, poi — a tornare, il cantante era stato a Milano nel giugno scorso per assistere all’esibizione della sua compagna, Aleksandra Kurzak, impegnata nelle recite del Conte Ory.
«Durante questo soggiorno — conferma il tenore — tutti gli artisti e il personale del Teatro, dal portiere ai macchinisti passando dall’orchestra e dagli stessi loggionisti mi hanno riservato un’accoglienza calorosa, assicurandomi che ci vogliono cantanti come me e che sarebbero stati felici di rivedermi sulla scena milanese.
Tuttavia — prosegue nella sua lettera — ho anche assistito a tutti gli spettacoli dati alla Scala in quei giorni e tutti sono stati fischiati, non c’è stata pietà per nessuna serata. Ho anche potuto constatare l’aggressività di alcuni giornalisti che hanno mostrato un’ostilità evidente contro Pereira e cercavano di propagare voci infondate prima ancora che i progetti prendessero corpo. Dicevano, per esempio, che io avrei imposto cast e direttori nelle produzioni cui avrei partecipato, cosa del tutto falsa».
E Alagna conclude con dure considerazioni sul clima che si respira intorno al teatro: «In queste condizioni mi è parso al di sopra delle mie forze lavorare alla Scala in un ambiente bellicoso e in un’atmosfera inospitale e di affrontare di nuovo tensioni di diversa natura».
Nell’anno dell’Expo, dunque, la Scala si presenta agli occhi di alcuni cantanti e direttori stranieri come un «ambiente bellicoso», caratterizzato da «antagonismi e inutili pressioni».
Amareggiato Pereira — che conferma di aver ricevuto critiche per la decisione di riportare l’artista alla Scala — non sembra darsi ragione di questo clima bellicoso, tutto italiano.
«Si può criticare un cantante dopo averlo ascoltato e a ragion veduta, non per pregiudizio o faziosità. Comunque — prosegue — è una priorità riportare a Milano alcuni dei più prestigiosi cantanti apprezzati dalla critica internazionale e amati dalla maggior parte del pubblico».
Oltre al caso Alagna, anche Piotr Beczala, Alfredo nella Traviata del 7 dicembre, avrebbe manifestato il desiderio di non tornare. «Diversi tra i migliori cantanti si rifiutano di venire per paura delle contestazioni. Se questi rinunciano — conclude Pereira — il livello del canto si abbasserà e non possiamo accettarlo». Soprattutto non è accettabile che nel 2015 la Scala debba subire, come avviene per il calcio, pressioni da faziosi. Pressioni e maldicenze che sono cosa diversa da un serio e motivato dissenso di pubblico e critica.