AIDA EN TRAVESTI - ROBERTA TORRE RILEGGE L’OPERA VERDIANA SCOMBINANDO I GENERI: ‘BASTA EROINE, ORA AMNERIS E AIDA SONO DUE UOMINI INNAMORATI IN LOTTA PER AMORE DEL GUERRIERO RADAMES’
Anna Bandettini per âLa Repubblica'
Violento e surreale, scombinato e energico: questo è il cinema di Roberta Torre come l'abbiamo conosciuto in Tano da morire del '97, Sud side stori del 2000 fino a I baci mai dati del 2010. «Quella stagione però appartiene al passato - avverte - A quando, per motivi personali, mi ero trasferita a Palermo dove ho vissuto 28 anni. Oggi sono tornata a Milano, la mia città e amo ancora il sud, ma mi sento più attratta da atmosfere nebbiose, meno esasperate».
Sarà vero? Visto che proprio a Palermo Roberta Torre sta per debuttare, il 19 febbraio, a teatro, prodotta dal Biondo e col cantante Ernesto Tomasini in un'Aida scritta e diretta da lei, surreale e favolistica, riscrittura dell'opera verdiana tutta al maschile, con Amneris e Aida uomini innamorati, in lotta per l'amore del guerriero Radames.
«Mi piaceva l'idea di ribaltare i generi - dice la Torre - Da un lato i generi musicali: il mio non è un musical, né lirica, ma semmai teatro musicale. E dall'altro le identità di genere per lavorare, lontano dagli stereotipi maschile o femminile, sugli archetipi, amore, morte, tradimento, ma anche Patria, Stato... Infatti è uno spettacolo che parla dell'Italia di oggi».
Che vuol dire?
«Che uno dei temi è lo scontro tra ragioni del cuore e ragion di Stato, quella "ragione" che in Italia abbiamo completamente perso. Parole come Stato, patria, collettività non hanno riferimenti da noi. Specie per me. Io sono del '62, non ho vissuto il '68 ma il '78 sì, e mi sento orfana, senza appartenenza, senza quel senso di coesione
a valori collettivi. Tutta colpa della nostra politica miserabile... ».
Ma Aida e Verdi che c'entrano?
«à la tragedia di un uomo che si accorge di aver dato il suo sangue e la sua energia a una patria che non esiste. à un inno alla dissoluzione della sua terra. Ecco perché parlavo dell'Italia di oggi... Un tema che ci porta al discorso sull'identità . Anche di genere».
Perché confondere maschile e femminile in scena?
«Perché è un tema di questi anni: il mutamento del femminile e del maschile oggi. Far interpretare Aida o Amneris a due uomini mi assicura un gioco di specchi all'infinito in cui maschile e femminile s'interrogano.
Quando Aida e Radames si abbracciano non sono due omosessuali, due en travesti ma i loro corpi parlano comunque e ci fanno vedere in modo chiaro l'amore, il sentimento amoroso. E poi era da tanto che volevo lavorare con Tomasini, una vera star in Inghilterra, un artista che ha una voce con un'estensione di 4 ottave. Aida sarà lui».
E delle donne di oggi cosa pensa?
«Non hanno quello che chiedevano: parità , emancipazione... E ne pagano malamente le conseguenze, non solo nel modo violento, orribile dei femminicidi, ma anche nel modo opposto, perdendo la propria femminilità e bellezza, travisata deturpata da cose come le veline o i concorsi di bellezza... à dura ».
Anche nel mondo dello spettacolo?
«Sì. Il cinema è molto maschilista. C'è un'avversione atavica alla donna. Puoi solo occupare quella fettina riconosciuta e rassicurante dove o sei una bellona o parli di donne come panda da difendere. Se vuoi dire la verità , se parli della cattiveria femminile, per esempio, o del potere profondo della donna che è rivoluzionario, violento, nessuno te lo fa fare».
Perché è tornata a Milano?
«Sentivo il bisogno di tornare alle mie radici, culturali e personali. Non a caso a Milano, con il Crt, a maggio farò un altro spettacolo, sulla figura di mio nonno ingegnere, Pierluigi Torre, inventore della Lambretta.
A impersonarlo spero sia Paolo Rossi, uno un po' Beautiful mind, tra astrazione matematica e poesia. Da lì nascerà anche un film intitolato come lo spettacolo Il colore è una variabile dell'infinito, una frase di mio nonno.
Da appassionato di botanica si era dedicato all'invenzione della rosa blu. Tutti gli dicevano che era impossibile ma lui rispondeva: "Il colore è una variabile dell'infinito", che per lui era un infinito matematico ma anche un sogno».
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