TRENT’ANNI DI ‘SGUB’ - BISCARDONE, LA PANNOCCHIA DAL VOLTO DISUMANO, FESTEGGIA 32 ANNI DI “PROCESSI”, DA MAURIZIO MOSCA A CARMELO BENE, CHE HANNO SDOGANATO IL VAFFA PALLONARO - “L’IDEA FU DI BIAGIO AGNES. HO AVUTE QUASI 40 VALLETTE. NON MI HANNO MAI SORPRESO CON NESSUNA DI LORO. PER UNA DI QUESTE, MOLTO PROSPEROSA, MARADONA PERSE LA TESTA: ‘ALDO, NON SAI QUANTO ME LA VORREI FA” - “NEL ’57 ANDAI CON PASOLINI IN RUSSIA”…

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

"E poi c'è un'altra cosa che non la sa nessuno". In un'agitata ora e mezza, Aldo Biscardi lo ripete almeno venti volte. A 81 anni: "Ma io non dico mai l'età, solo la data di nascita: 26 novembre 1930" con i capelli ramati e la gamba rapida, riordinare i ricordi è una sbornia. Aldo si ubriaca. E poi beve ancora: "Se me continui a dà del lei, me fai proprio incazzà". Imita gli interlocutori di mezzo secolo di professione, modula la voce, scatta dalla poltrona. Mostra libri, reliquie e certificati: "Guardi il Guinnes dei primati: ‘Al signor Biscardi, l'autore della trasmissione più longeva della storia della tv'".

Poi infila l'illuminata galleria degli accenti che tra "Juvendini", "Brogessi" "Denghiu" e "Sguub" hanno riscritto la neolingua di un molisano di ventura che dava del tu ai presidenti della Repubblica e all'assurdo: "Dove giocherà Roberto Baggio l'anno scorso?" o anche: "Parlate uno alla volta, massimo due". Il suo processo al pallone, ora alla trentaduesima curva su La 7 Gold, dura da decenni, indifferente alle migrazioni dell'etere, ai caratteri, alle comparse. In una casa romana circondata dal verde, tra scrivanie, piante e divani rosso fuoco, Aldo innesca le bombe e mente ancora: "Questa, le giuro, la dico solo a lei".

Biscardi, come iniziò?
Studiavo a Napoli ma avrei dovuto fare l'avvocato a Larino dove non c'era niente e passavo il tempo rubando i fichi ai contadini. Mi presentai alla redazione di Paese Sera e mi fecero scrivere un pezzo. Assunto subito, il giorno dopo. Mio padre era disperato.

Convincerlo fu un'impresa?
Andai dal caporedattore e lo implorai. ‘Compà, a papà mio digli che guadagno il triplo'.
Addio Giurisprudenza.

L'esperienza a Paese Sera?
Come al luna park. Ci rimasi 30 anni. Nel '57 andai con Pasolini in Russia.

Con Pasolini?
Avevamo la stessa interprete, Tatiana. Giravamo il Paese. Le campagne. Le città. Un giorno da una dacia uscì un bambino. Pier Paolo impazzì. Si intenerì. Lo baciò ovunque, anche sul pisellino. Poi rientrando in macchina virò altrove: ‘Aldo, questi paesaggi sono straordinari'.

Però.
Poi andammo a cena da Kruscev. Nikita ci venne vicino, ci ingozzò di caviale. ‘Tovarich, hush kush'. Mangiate compagni. E noi mangiammo.

Primo Mondiale nel '58.
In Svezia. Con Brera facevamo spesso tardi. Dormivamo nell'albergo del Brasile. Una notte rientrando io e Gianni ascoltiamo le urla in portoghese provenire dalla stanza dell'allenatore, Vicente Feola. Un paisà lucano col quale di solito dialogavamo in italiano.

E cosa fate?
Non capendo una parola svegliamo un giornalista della Gazzetta di San Paolo. Così scopriamo che Feola sta proponendo a Nilton Santos di cambiare ruolo. Lui ringhia. Insulta il tecnico: ‘Gringo de mierda'. Minaccia. La mattina seguente incontro Feola al bar. Gli racconto tutto. Lui sbianca: ‘L'avete detto al collega vostro? Maronna santa, tra un quarto d'ora o‘ sape tutt 'o Brasile'.

Vent'anni dopo, sbarcò in tv.
L'idea fu di Biagio Agnes. Il titolo lo presi da un lampo di Gianni Rodari che scrisse che io parlavo di calcio con un tono da processo. Fu un successo.

Litigi, gaffe, vallette...
Ne ho avute quasi 40. Non mi hanno mai sorpreso con nessuna di loro.

Lentezza dei fotografi?
Non mi hanno mai beccato.

Nel processo dei primi anni c'era anche Carmelo Bene.
E la provocazione era la regola. Con Vera Slepoj parlammo dell'opportunità che i calciatori facessero sesso prima della partita. Lei si disse contraria e Carmelo la aggredì: ‘Scusa Slepoj, ma che ne sai? Scopi con loro?'.

Con Pertini come andò?
Il Presidente rimase tre ore in diretta da Selva di Val Gardena. Ero preoccupato: ‘Oddio mò questo me muore in diretta'. Gli chiesi se fosse del Genoa e lui pronto: ‘Biscardi, tu mi vuoi fregare davanti agli italiani ma io non ci casco, tiè'. Fece il gesto dell'ombrello. Uno sgub.

Il ring tra Zico e Mosca?
Maurizio pubblicò un colloquio a tutta pagina sulla Gazzetta dello Sport, così quando li ebbi entrambi in trasmissione legai il filo: ‘Zico, qui c'è anche la persona che l'ha intervistata per prima'. Lui iniziò a urlare: ‘Non me lo faccia vedere, è un cialtrone, io con quel signore non ho mai parlato'. Mosca era imbarazzato. Il suo giornale lo licenziò in tronco.

A volte è scivolato anche lei.
Tante volte. A Piacenza, anni fa, imbastii un collegamento con una pornostar legata a un calciatore. Nella fretta mi lasciai andare: ‘La sequenza non è pronta, la stanno ancora montando'.

C'era dolo?
Neanche un po'. Era il clima, l'adrenalina, la fretta. Un'altra volta, Mosca sostenne che i ragazzi della Nazionale si dovevano sfogare sessualmente e io domandai la soluzione per quelli che non erano fidanzati.

E Mosca?
‘Che trovino un mignottone'.

E la sua biografia del Papa?
L'unica autorizzata di Woityla. Un miracolo.

Non sia blasfemo.
È la verità. Ai tempi dell'attentato, il Vaticano mi chiese il moviolone per rivedere la sequenza di Agca e glielo prestai. Poi incontrai il segretario di Giovanni Paolo II, in Piazza Indipendenza. Trovammo un accordo. Un giorno, mentre aspettavo di entrare nelle stanze del Santo Padre, sentii un tonfo. Pensai al peggio.

Invece?
Erano i cardinali che si gettavano a terra in preghiera, tutti nello stesso istante.

Sacro e profano. Lei era amico di Moggi. Lo agevolava...
Facevo finta, è diverso. Lui mi chiamava per lamentarsi degli arbitri e io lo assecondavo. Lo facevo sfogare con la segretaria.

Chiedeva orologi in regalo.
Macché. Mi promise un Rolex per anni fino a quando non persi la pazienza. ‘Lucià, insomma, ‘st'orologio me lo dai o è tutta un'invenzione?'.

E con Berlusconi?
Lo conosco dal '92, dai tempi del caso Lentini. Gli chiesi lumi sul passaggio di Gigi tra Milan e Torino e lui, in stile, fu secco: ‘Il Milan non è colpevole di nulla e adesso lo vado a dire anche ai nipotini di Stalin del Tg3'.

Altre collisioni?
Mi propose di passare a Mediaset, ma rifiutai. Negli ultimi sei anni è intervenuto due volte e solo per telefono. Annunciò ‘in nome dell'antica amicizia' che Kaká non sarebbe stato ceduto.

Uno sgub al contrario.
Che ci vuole fare? L'uomo è versatile. Come Achille Lauro.

Lei l'ha conosciuto bene.
Benissimo. Teatro puro. Una volta a bordo campo eravamo insieme. Napoli-Juve. Segna Bertucco, il Napoli vince 1-0 e Lauro sviene. Dopo un quarto d'ora si riprende. L'avevano ripulito tutto. Derubato. La domenica dopo si votava. Il Roma uscì con un titolo chiaro: ‘Con lui si vince'.

E le elezioni?
La capopopolo di Forcella, laurina doc, si chiamava Nanninella ‘a chiattona. Voleva che Lauro le regalasse un chiosco per le angurie in pieno centro. Lauro le aveva promesso l'acquisto, ma non poteva mantenere il patto. ‘Ti pago il doppio, ma il chiosco non te lo posso far avere' . Lei si arrabbiò: ‘Siete uno spergiuro' e si iscrisse al Pci. Il comizio di chiusura di Lauro era previsto a Forcella. Il commendatore era spaventato e puntualmente ritrovò Nanninella in prima fila. Pronta a contestare. Lauro partì: ‘Il nostro amato sovrano deve tornare da re e non da profugo', lei aspettò la fine e poi urlò: ‘E certo, come no, torna a cavallo d'o cazzo'. (Ride)

Altro giro. L'hanno criticata spesso.
Mai chiamato un giornalista per rispondere, lamentarmi o ringraziare. Non replicai neanche a Beppe Grillo che diceva che giravo con la lasagna in testa.

Aldo Grasso fu duro.
Mai parlato con lui. Qualche problema ci fu con Gianni Brera. Gli chiesi di Grasso e lui, feroce: ‘L'unico Aldo Grasso che conosco è un gelataio di Catania'. ‘Ma no Gianni, Aldo Grasso, il grande critico'.

E Brera?
Ah, ho capito, quello è un pirla.

Michele Serra scrisse che lei aveva una passione per il superlativo e per l'enfasi complimentosa.
Aveva perfettamente ragione. Se una cosa me piace, me piace. Maradona per esempio.

Era spesso da lei.
Pazzo di una prosperosa conduttrice, stava sempre col naso tra le tette: ‘Aldo, non sai quanto me la vorrei fa'..

Lei era contenta?
E vabbè. Maradona è sempre Maradona.

Tra dieci anni dove si vede?
Ma che ne so? Non me fa toccà. Mai fatto conti su domani. Portano sfiga e accorciano la vita.

 

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