IL CINEMA DEI GIUSTI - “TUTTI I SANTI GIORNI” DI VIRZI’ E’ UN’OPERINA MINORE FRESCA E SIMPATICA, CON GLI OTTIMI LUCA MARINELLI E L’ESORDIENTE FEDERICA CAIOZZO - DUE TRENTENNI CHE VIVONO UN AMORE “MONTIANO”, TRA L’ARTE DI ARRANGIARSI E LA DISPERATA VOGLIA DI UN FIGLIO - UN PICCOLO PASSO IN AVANTI VERSO UNA COMMEDIA CIVILE E SENTIMENTALE DELLA QUALE IL NOSTRO CINEMA HA ASSOLUTO BISOGNO PER POTER COMUNICARE AL SUO PUBBLICO. COME HA BISOGNO DI UN VERO SVECCHIAMENTO…
Marco Giusti per Dagospia
La nuova commedia italiana naviga fuori raccordo. Meglio, visti i risultati degli ultimi film italiani in sala... E' ambientato addirittura a Acilia il nuovo film di Paolo Virzì, "Tutti i santi giorni", scritto assieme a Francesco Bruni e a Simone Lenzi, autore anche del romanzo "La generazione" da cui il film è tratto.
E, come il recente "Un giorno speciale" di Francesca Comencini, che ha la stessa struttura produttiva, anche se dei protagonisti più giovani, si sforza di presentarci personaggi diversi e realistici dei giorni d'oggi alle prese con situazioni vere che mettono in difficoltà i rapporti e i sentimenti. In una casetta di Acilia vivono, appunto, due trentenni assolutamente non romani che si arrangiano come possono negli anni grigi di Monti e Fornero.
Il toscano Guido, interpretato dal Luca Marinelli di "La solitudine dei numeri primi", studioso di lettere classiche e di famiglia dotta, lavora come portiere di notte in un albergo del centro, mentre la siciliana Antonia, interpretato dalla inedita Thony alias Federica Victoria Caiozzo, cantante di talento alla Cat Power, si mantiene lavorando in un autosalone e solo saltuariamente riesce a piazzare qualche serata nei locali.
I due si vogliono bene, ma si possono vedere solo quando lui torna a casa la mattina e lei si deve preparare per uscire. E, quando cercheranno di fare un figlio, si imbatteranno, come i vecchi protagonisti di "Lo chiameremo Andrea" di Vittorio De Sica (e Cesare Zavattini), in una serie di visite mediche, di pratiche difficoltose e di varie paranoie, che potrebbero minare il loro pur sincero amore.
Operina minore, rispetto ai grandi film corali livornesi di Virzì, "Tutti i santi giorni", ha una bella freschezza di scrittura e di ispirazione e due protagonisti di talento e di immediata simpatia. Se Marinelli, proveniente dal teatro di Carlo Cecchi, si adatta con sicurezza al suo personaggio di proletario colto, Thony, non attrice ma cantante, funziona all'opposto da modello per il personaggio stesso di Antonia che Virzì e Bruni le cuciono addosso.
L'incontro dei due caratteri completamente diversi e il loro rapporto sentimentale sono il vero motore del film, che non ha alla fine una vera e propria trama, a parte il tormentone del voler fare un figlio. A differenza del film della Comencini, non c'è uno scenario politico del racconto né alcuna forzatura moralistica, ma solo una realtà sociale e sentimentale che la situazione politica e economica attuale impone.
Il colto Guido si dichiara addirittura soddisfatto del suo posto da portiere di notte e riesce a sopportare senza sentimenti di superiorità la vicinanza coi vicini coatti, Micol Azzurro e Claudio Pallitto. Perfino le scene coi genitori di entrambi, la famiglia toscana e quella siciliana, di estrazione più bassa, trovano Guido partecipe di una realtà che è così e basta, non di una realtà che potrebbe essere anche diversa.
E' forse nella costruzione del suo personaggio così passivo e in quello più irrequieto di Antonia, che vorrebbe cambiare le cose, almeno con la maternità , che possiamo trovare una chiave politica nel racconto. Anche se non è un'opera di grande respiro, "Tutti i santi giorni" di Paolo Virzì, oltre a essere un bel film di attori, e Marinelli e Thony sono il primo una conferma e la seconda una sorpresa, è comunque un piccolo passo in avanti, sofferto e serio, esattamente come "Scialla" di Francesco Bruni, verso una commedia civile e sentimentale della quale il nostro cinema ha assoluto bisogno per poter comunicare al suo pubblico. Come ha bisogno di un vero svecchiamento...
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