1. SONO DUE LE CAUSE ANCORA IN CORSO TRA SILVIO E VERONICA: UNA DEVE STABILIRE SE 3 MILIONI AL MESE SONO TROPPI, L’ALTRA SE 1,4 MILIONI DI EURO SONO INVECE TROPPO POCHI 2. MA IL VERO DISSIDIO E’ LA SISTEMAZIONE DEL PATRIMONIO DI FAMIGLIA ANCORA NON DEVOLUTO FRA I DUE FIGLI DI PRIMO LETTO (MARINA E PIERSILVIO) E I TRE AVUTI DALLA COPPIA APPENA DIVORZIATA. E L’ASSEGNAZIONE DELLE TRE PRINCIPALI VILLE-RESIDENZE 3. NONOSTANTE UN GRANDE PATRIMONIO IMMOBILIARE OTTENUTO DA SILVIO, GLI AFFARI PER VERONICA NON VANNO BENISSIMO. LA SOCIETÀ È IN PERDITA, E STA ERODENDO LE RISERVE 4. ORA LA TRAGEDIA CONTINUA CON FRANCESCA: RIUSCIRÀ LEX TELECAFONA A IMPALMARLO?

1 - SILVIO E VERONICA DIVORZIATI. MA LITIGANO SUI SOLDI
Franco Bechis per "Libero quotidiano"

Dopo quasi 24 anni da ieri Silvio Berlusconi e Miriam Bartolini, che in arte si chiama Veronica Lario, non sono più marito e moglie. Ieri il Tribunale di Monza ha sancito definitivamente il divorzio della coppia che da lungo tempo era separata. Come stabilisce la legge alla fine della primavera il leader politico e proprietario della Fininvest diventerà lo scapolo più ricco d'Italia.

Notizia naturalmente di primario interesse per Francesca Pascale, l'attuale fidanzata ufficiale che da lungo tempo convive con il Cavaliere e che naturalmente vorrebbe diventare sua legittima consorte. Ma l'atto giuridico che mette fine a un matrimonio celebrato nel dicembre 1990 dall'allora sindaco di Milano, Paolo Pillitteri (la coppia conviveva da anni e già erano nati i tre figli Barbara, Eleonora e Luigi), non sarà l'ultimo di questa lunga vicenda. Il matrimonio è sciolto, ma il dossier più rilevante della separazione è tutt'altro che definito: la sentenza di ieri nulla dice a proposito del «quantum».

Il Tribunale di Milano che aveva affrontato la separazione dei due coniugi aveva stabilito un assegno di mantenimento per Miriam-Veronica di 3 milioni di euro al mese. Berlusconi aveva considerato quella somma una vera e propria mazzata sulle finanze personali, e aveva impugnato la decisione davanti alla Corte di appello civile di Milano, sezione famiglia. Il procedimento è ancora in corso.

Nel frattempo però alla prima udienza del procedimento per il divorzio il giudice del tribunale di Monza Anna Maria Di Oreste aveva più che dimezzato temporaneamente quell'assegno portandolo a 1,4 milioni di euro al mese. Veronica non ci è stata e ha impugnato la decisione in un nuovo procedimento davanti alla Corte di appello civile di Milano. Sono due dunque le cause ancora in corso che probabilmente verranno unificate: una deve stabilire se 3 milioni al mese sono troppi, l'altra se 1,4 milioni di euro sono invece troppo pochi.

Certo la soluzione finale sarà in quella forchetta, ma ancora molte variabili sono in gioco. Ad esempio quella della sistemazione del patrimonio di famiglia ancora non devoluto fra i due figli di primo letto (Marina e Piersilvio) e i tre avuti dalla coppia appena divorziata. Oppure l'eventuale assegnazione a Veronica di una delle tre principali ville-residenze abitate da Berlusconi (e da lui controllate con la Immobiliare Idra), come quella di Macherio dove l'ex moglie abitava fino alla separazione.

Tutto è possibile, e come spesso accade in queste occasioni fra coniugi con ben diverso tenore di vita, per tirare sul prezzo entrambi piangono miseria o quasi. Silvio non vede più dividendi ormai da due anni, e abituato come era lui a riscuotere dalle holding che controllano Fininvest un centinaio di milioni di euro l'anno e più, è in mille ambasce. Proprio da qui a fine mese saranno formalizzati dalle assemblee i conti di quelle holding alla data del 30 settembre 2013, ma visti i conti di Fininvest e Mediaset da cui dipendono, è quasi certo che anche in questo 2014 Silvio debba restare a stecchetto.

Le cose vanno male anche per Veronica, che nel suo piccolo è imprenditrice. Prima di separarsi infatti grazie alla generosità del marito ha prima varato una immobiliare (Finanziaria Il Poggio oggi semplicemente Il Poggio srl uni personale), poi attraverso importanti acquisizioni l'ha dotata di oltre 50 milioni di patrimonio in mattoni. Ha tre appartamenti, di cui uno a Olbia (valore di carico 614.377,62 euro), uno a Bologna (117.870,42 euro) e uno a Londra (valore 3.177.173,04 euro).

Ha tre palazzi accatastati per uso ufficio: uno a Milano (valore 12.018.256 euro) e due a Milano due, rilevati proprio dalle società del marito. Il primo è Palazzo Borromini (valore di carico 7.291.432,22 euro), il secondo è Palazzo Canova (valore di carico 30.261.594,51 euro). Sotto questi due palazzi confinanti ci sono anche 55 posti auto di proprietà della società di Veronica (valore di carico 605.131,80 euro).

Un altro immobile è posseduto a New York attraverso il controllo di un'altra immobiliare, la Orchidea realty corp (le immobilizizzazioni finanziarie, comprensive di un'altra quota di leasing immobiliare a Londra, ammontano a 4,55 milioni di euro). Nonostante questo bel patrimonio gli affari per Veronica non vanno benissimo. La società è in perdita, e sta erodendo le riserve. L'Imu è stata una vera e propria bomba sui conti, passando sugli stessi palazzi da 148.278 a 272.215 euro.

La crisi ha fatto il resto: il colosso farmaceutico Shering che di fatto occupava l'intero palazzo Borromini ha avuto varie vicende societarie che hanno ridotto il perimetro e costretto a trasferire la sede da Segrate a Roma dal 2013. Il palazzo è vuoto e non si riesce ad affittare a nessuno.

Anche gli altri inquilini di palazzo Canova e di Milano hanno protestato per i canoni troppo alti, minacciando di ridurre i contratti o l'occupazione dei locali. Veronica è stata costretta a fare un maxi sconto sull'affitto a tutti pur di non farli andare via. Ma le resta oggi un mutuo ancora da pagare entro il 30 aprile 2029 per più di 15 milioni di euro alla Banca popolare di Sondrio che lo aveva erogato nel 2009 (per20milioni), iscrivendo ipoteca su palazzo Canova per 34 milioni di euro. Tutte esigenze cui secondo Veronica dovrà continuare a provvedere Silvio. Che non sembra d'accordo...

2 - DALL'AMORE NASCOSTO AL LUNGO ADDIO E ORA LA SAGA CONTINUA CON FRANCESCA
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

AH, se avesse dato ascolto a Veronica! E siccome l'Italia è sempre sull'orlo del baratro, ma ogni giorno resta fedele a se stessa, c'è qualche ragione di ritenere che senza questo divorzio la storia anche politica italiana sarebbe stata diversa, e forse addirittura migliore.
L'azzardata interpretazione si basa comunque su un abbondantissima pubblicistica da cui senz'altro emerge che da almeno una ventina d'anni tale vicenda ha superato di slancio il puro ambito coniugale per entrare a far parte dell'immaginario nazionale.

E la saga non è ancora finita perché adesso, oltre a Silvio, a Veronica, ai figli di primo, di secondo letto e a un immane patrimonio che già da tempo non si riesce a spartire, si sono inseriti altri personaggi come la giovane Francesca Pascale, e un po' anche il cane
Dudù, che reclamano la debita attenzione; e tanto per dire quest'ultima ha già ottenuto la residenza a Palazzo Grazioli e potrebbe convolare a nozze con Berlusconi, ormai sciolto dai vincoli matrimoniali, ma in mirabile corrispondenza con il suo affidamento ai servizi sociali.

E tuttavia fu vero amore, anzi colpo di fulmine, in pratica Veronica abbandonò il teatro lasciandosi segregare, semiclandestina per anni, nella foresteria Fininvest di via Rovani. Ebbero tre figli, e finalmente si sposarono, i Craxi come testimoni. Vent'anni orsono gli italiani conobbero la bella signora bionda, moglie del nuovo presidente del Consiglio, sulla copertina di Epoca in ambientazione country, con dei bimbi biondi e una dolce capretta in grembo. Il parco di Villa Belvedere, a Macherio, oggi così abbandonato che qualche mese fa il sindaco ha proposto di aprire i cancelli «per qualche evento che coinvolga la popolazione ».

Strano matrimonio, comunque. Per accordo pattuito nella precedente separazione, lei non poteva entrare ad Arcore. Eppure dichiarava: «Mio marito? Irresistibile ». Lo seguiva però sempre un po' da lontano, pochi vertici. Ma si scrisse che preparava con le sue mani marmellatine bio destinate ad ex avversari del marito, e che una volta, in barca, all'ennesima telefonata di Cossiga, minacciò di buttare il telefonino in mare.

Di sicuro la prese male quando lui raccontò una storiella sui malati di aids; ma si occupava di filosofia, pure dilettandosi con una quota del Foglio, «il giornale cognato». Le furono dedicati un club azzurro, diversi brani di Apicella e anche una rosa. Per farle una sorpresa, Silvione si mascherò da danzatore beduino a Marrakech.

Quando trovò una cimice nel suo studio, scherzò Eco: «Forse l'ha messa Veronica». Lei rispose: «Può darsi di sì». Misteriosa, ma non antipatica. Era la moglie, ma non faceva coppia. Anche per questo si conquistò senz'altro il suo pubblico, più che trasversale. Prese posizione per l'aborto e soprattutto contro la guerra, su Micromega.

Bertinotti, da Fiorello, le assegnò la «Coppa Marx»; Veltroni arrivò a proporle l'iscrizione al Pd. Fino al 2005-2006 ad alcuni parve potesse configurarsi come un'uscita a sinistra del berlusconismo.

In realtà, se tutto questo indicava qualcosa, era la decisiva e definitiva caduta dei confini tra sfera pubblica e privata. Quando nel 2007, dopo la celebre serata dei Telegatti, Veronica assestò al sempre più disperato e arrapatissimo Berlusconi il metaforico calcione dove si sentiva meglio, al di là delle corna aveva identificato in modo impressionante alcuni elementi della catastrofe in arrivo: la deriva buffonesca, il clima da Bagaglino, la mancanza di rispetto, l'incontinenza e gli eccessi del potere.

Se Berlusconi allora si fosse dato una regolata, oggi tutto sarebbe diverso. La scuola quadri e il «ciarpame» delle veline, invece, e la festicciola di Noemi, due anni dopo, fecero il resto. La guerra coniugale è stata lunga e anche crudele - basti pensare alla foto di scena di lei a seno nudo sotto il titolo «Veronica velina ingrata» - ma specie in tempi di crisi soprattutto assurda e persino offensiva a causa delle spaventose cifre che l'accompagnavano. Milioni di euro come semi di zucca, il prezzo salato di una storia che magari attorno ai quattrini seguiterà ad appassionare curiosi e tifosi, indignati e rassegnati, benestanti e poveracci.

 

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