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"VITA DA COMMESSA": LA COMMUNITY DI FACEBOOK ORA È ANCHE UN LIBRO - LE RICHIESTE PIU’ STRAVAGANTI ("VORREI LA SMALL PIU’ GRANDE CHE AVETE") E LA RISPOSTA DA DARE AI SOLITI CLIENTI FUORI ORARIO: “STATE CHIUDENDO? MA NO, VI ASPETTAVAMO PER FARVI UNA SORPRESA”

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Alessandra Di Pietro per la Stampa

 

S ono almeno 700 mila le commesse (e i commessi d' Italia), più degli abitanti di Genova e meno di quelli di Torino, una sorta di Repubblica cui l' unica definizione - «assistente alle vendite» - non rende l' infinita varietà del popolo che la compone. Un' idea possono darla i requisiti necessari di assunzione.

 

Se per tutte le commesse, da Biella a Catania, è richiesta pazienza e cortesia, volendosi candidare nei negozi del centro di Roma o Milano è necessario parlare inglese, meglio se accompagnato da russo, arabo o giapponese, e in generale l' istruzione alta non guasta. Nei negozi di street style avere vent' anni e capelli rosa è un vantaggio, in molti store di Alta Moda è proibito invece mostrare i tatuaggi, in tutti va indossata la divisa del brand.

 

Ogni catena che si rispetti forma il personale di vendita, ma sarà l' esperienza a forgiare la personalità della commessa a cui la cliente non chiede solo taglia, colore e giudizi sul modello, ma spesso pure iniezioni di autostima, conforti sugli esiti della dieta, confronto sulla necessità di quel decimo paio di stivaletti. E allora, a fine giornata, le assistenti di vendita sempre in piedi, stremate da clienti indecise o frettolose, come sfogano la rabbia o solo ridono delle loro dis/avventure?

 

Commesse al lavoro Commesse al lavoro

Per averne un' idea si può fare un salto su «Vita da Commessa», community su Facebook che conta oltre 58 mila persone ed è stata creata da Laura Tanfani, 28 anni, addetta alle vendite in un negozio di abbigliamento a Chiaravalle, provincia di Ancona. Appassionata di disegno, laureata in moda e design a Urbino, dopo uno stage in sartoria, Tanfani trova un posto da commessa, «temporaneo, mi sono detta», ma sono passati quattro anni ed è ancora lì.

 

Siccome Laura è una persona carica di energia e ottimismo, annota «su un libro le richieste più stravaganti», rispolvera la passione per il disegno, ne ricava vignette e le pubblica su Facebook.

 

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Il successo è immediato. Le condivisioni crescono, arrivano fino a 6 mila per ogni post e le colleghe da ogni parte d' Italia le inviano le richieste più assurde («Una maglia a manica lunga ma a canotta»), disperanti («Ha qualcosa per me?

Che cosa signora? Qualsiasi cosa») o surreali («Mi tiene il bambino per mezz' ora?») che lei trasforma in strisce. Intanto, Laura apre l' account di «Vita da commessa» anche su instagram e snapchat, aggiunge i video «che vanno fortissimo» e la fama cresce. La casa editrice Becco Giallo la contatta e le chiede un libro.

 

Nasce così «Vita da commessa. Episodi realmente accaduti», graphic novel edita da Becco Giallo, diventato un piccolo culto tra le commesse e i commessi d' Italia. Buonumore offresi a chi vuole ritrovarsi nella categoria delle clienti più divertenti (o avvilenti, dipende dal punto di vista).

 

Tra libro e social network ci sono assurdità per tutti o gusti: il cliente di Stefania che «vuole stigmatizzare le scarpe prima di acquistarle», l' impaziente che chiede di entrare anche se c' è un black out «tanto è solo per "dare un' occhiata"», la nonnina del voglio il «blè ma non il blu», la signora convinta di entrare dentro una small «mi dia la più larga che avete», la ricerca di «una maglia semplice ma particolare» o di «una felpa con due maniche».

VITA DA COMMESSEVITA DA COMMESSE

 

Tra le vignette di maggiore successo quella total black con su scritto: «State chiudendo?» che ha migliaia di condivisioni e commenti sui clienti fuori orario: «Di solito rispondo: ma no, signora, l' aspettavamo per farle una sorpresa...» commenta Loredana.

 

Ikra, italiana di origine marocchina, nota: «Talvolta è un piccolo e cattivo gioco di potere, tenerti lì dentro e decidere quando lasciarti andare via».

 

La striscia: «Evviva, finalmente è venerdì! Ah no, aspetta, io lavoro pure nel week end» diventa una battuta dal sapore amaro: «Meno male che avete un lavoro», scrive Novella. Barbara ricorda orgogliosa «di aver partecipato alle lotte pacifiche perché i negozi alla domenica restassero chiusi, ma poi l' egoismo ha vinto», anche se le mamme lavoratrici benedicono le aperture festive.

 

La pagina delle commesse è diventata un punto di riferimento in generale per chi ha un lavoro di fronte al pubblico: «Baristi ne accettate?» chiede Sam a Laura Tanfani?

Alla presentazione di Roma si presenta invece un giovane barbuto impiegato alle Poste che interviene dicendo: «Nei nostri uffici le persone vengono ad arrabbiarsi: poi vanno via sereni, noi restiamo disperati». L' autocoscienza è iniziata, la soap può continuare.

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