L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DEI NO VAX – MELANIA RIZZOLI ANALIZZA IL COSTO EMOTIVO DEI MEDICI CHE DEVONO LOTTARE CON CHI RIFIUTA LE CURE: “CIASCUN PAZIENTE RICOVERATO IN TERAPIA INTENSIVA COSTA DAI 2.800 AI 3.300 EURO. PECCATO CHE IN QUESTA LISTA DI PRESTAZIONI EFFETTUATE E ANDATE A BUON FINE NON SI POSSA INCLUDERE IL COSTO EMOTIVO, QUELLO DI STRESS, DI FATICA E DI CONFLITTUALITÀ MORALE DI TUTTO IL PERSONALE SANITARIO CHE HA CONTRIBUITO A GUARIRE QUEL MALATO RETICENTE, OSTINATO, IGNORANTE E INDUBBIAMENTE FORTUNATO…”
Melania Rizzoli per "Libero quotidiano"
Le emozioni che si provano a lavorare in un reparto di terapia intensiva sono davvero molto "intense" e mettono a dura prova il livello di stress fisico e psicologico di tutti gli operatori che prestano la loro assistenza in quelle fredde camerate di degenza dove si opera con l'adrenalina sempre a mille. Tra urgenze improvvise, pazienti che arrivano intubati dalle sale operatorie, situazioni che si aggravano da un momento all'altro, decessi inevitabili e nuovi posti letto da reperire in pochi minuti, i reparti intensivi sono il luogo di lavoro più stressante negli ospedali, poiché anche quando la situazione sembra che si calmi, la soglia di attenzione dei sanitari rimane sempre alta, per la consolidata consapevolezza che le emergenze sono sempre dietro l'angolo, pronte ad insorgere improvvise e inaspettate.
I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono definiti "critici" in quanto, almeno nelle prime fasi, sono considerati in pericolo di vita, poiché il loro organismo non è in grado di mantenere da solo le funzioni vitali quali la respirazione, la circolazione, lo stato neurologico e la temperatura corporea, tutti parametri che risultano alterati per l'insufficienza di uno o più organi, dovuta a varie e molteplici cause. Per questo motivo ogni degente necessita di una osservazione ed un monitoraggio continuo giorno e notte, con sostegno meccanico delle funzioni vitali, e interventi rapidi appena i monitor evidenziano allarmi di instabilità che possano far precipitare il paziente verso una criticità irreversibile.
A fianco dei medici intensivisti, chiamati ad attuare una valutazione multidisciplinare di ogni variabile, operano una grande varietà di professionisti (chirurghi, anestesisti, rianimatori, neurologi, cardiologi, radiologi, tecnici, fisioterapisti e infermieri), una integrazione indispensabile per coordinare la molteplicità delle patologie associate, e per trovare e decidere insieme, e in tempi velocissimi, le soluzioni terapeutiche di emergenza, quando esse si presentano. La terapia intensiva mette sempre a dura prova le risorse fisiche e psicologiche di un individuo, sia esso un operatore o un paziente ricoverato, poiché l'imprevedibilità degli eventi e l'incertezza dell'esito terapeutico sono alla base di emozioni talmente forti, da risultare spesso difficili da gestire laddove non si è formati a farlo, e che non sempre si riescono a salvaguardare o proteggere.
CURE RIFIUTATE In queste settimane, nelle terapie intensive di tutta Italia, sono stati segnalati molti casi di pazienti Covid non vaccinati, che si sono rifiutati di collaborare con i sanitari, denunciando la ferma volontà di non coinvolgimento nelle scelte terapeutiche, soprattutto vaccinali, addirittura di rifiuto della diagnosi di malattia, della sua gravità clinica, fino ad arrivare alla colpevolizzazione dei medici, che comunque non hanno mai smesso di mediare le diverse istanze, cercando di superare le motivazioni del rifiuto per una possibile soluzione.
Il diniego dei trattamenti di supporto terapeutico vitale da parte dei cosiddetti "negazionisti" del virus, rappresenta un ulteriore aspetto gravoso e doloroso per i medici e gli infermieri dei reparti intensivi impegnati ogni giorno in uno strenuo lavoro per curare ed offrire chance di guarigione, ma per quanto le situazioni possano essere state difficili e faticose, nessun paziente è stato mai "abbandonato" al suo destino, in quanto gli è sempre stato garantito un adeguato livello di cure, quelle non sacrificabili, peraltro con atteggiamenti rispettosi e non giudicanti.
IL VIDEO APPELLO DEL NO VAX DI PIACENZA FINITO IN TERAPIA INTENSIVA
D'altronde davanti alla scelta del paziente cosciente di rifiutare terapie anche salvavita, il medico non può opporsi in alcun modo, pur continuando a spiegare e motivare al degente ribelle l'utilità di quelle scelte terapeutiche di supporto vitale, e la volontà autolesionista del malato di non sottoporsi alle indicazioni farmaceutiche, benché agonizzante, sono un ulteriore motivo di stress per i sanitari, con emozioni violente che li coinvolgono sul piano etico e deontologico.
Ciascun paziente ricoverato in terapia intensiva costa dai 2.800 ai 3.300 euro al giorno tra costo del personale (1.108 euro), farmaci e materiali sanitari (750 euro), attività sanitarie di supporto (880 euro) oltre ad altri costi vari, per cui ipotizzando una degenza di 9-10 giorni ogni persona viene a pesare sul sistema sanitario nazionale dai 22mila ai 28mila euro, senza calcolare che la durata del ricovero cambia in base al quadro clinico, alla gravità della patologia, all'età del paziente e da una serie di altri fattori.
PROVOCAZIONE Considerando che l'incidenza dei ricoveri in ospedale è 10 volte più bassa nei vaccinati rispetto ai non vaccinati, la scelta di chi ancora rifiuta le vaccinazioni avrà ripercussioni economiche ancora più pesanti sul nostro Ssn, come ha sottolineato in una provocatoria dichiarazione l'Assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato, il quale aveva avanzato l'ipotesi di far pagare il costo della degenza in terapia intensiva ai No vax ricoverati per Covid.
Evidentemente una provocazione, anche se ci sarebbero altri modelli a cui far eventualmente riferimento, come per esempio quello della Regione Lombardia, dove un tempo veniva spedito a casa del paziente, prima ricoverato e poi dimesso, una sorta di "memorandum" su quanto la sua degenza fosse costata alla Regione. Peccato che in questa lista di prestazioni effettuate e andate a buon fine non si possa includere il costo emotivo, quello di stress, di fatica e di conflittualità morale di tutto il personale sanitario che ha contribuito a guarire quel malato reticente, ostinato, ignorante e indubbiamente fortunato ad essere uscito vivo dalla terapia intensiva. Nonostante i medici e le cure subite.
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