andrea orcel olaf scholz unicredit commerzbank

IL MERCATO UNICO VALE SOLO QUANDO TEDESCHI E FRANCESI VOGLIONO FARE SHOPPING A ROMA E MILANO: SE È L’ITALIA A MUOVERSI, SONO “ACQUISIZIONI OSTILI” – IL CANCELLIERE TEDESCO OLAF SCHOLZ S’INCAZZA PER L’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU COMMERZBANK: “NON È UNA BUONA COSA” – ANALISTI E COMMENTATORI GIUDICANO CON FAVORE LA MOSSA DI ORCEL (IL FT: “BLOCCARE PER MOTIVI IDEOLOGICI È DIFFICILE”), E SOLO IL GOVERNO, SU INPUT DEI SINDACATI, SI OPPONE – È IL PRIMO TEST PER IL RAPPORTO DRAGHI: “MARIOPIO” HA INVITATO L’UE A ESSERE PIÙ COESA, E A CREARE GIGANTI EUROPEI. SE BERLINO SI OPPONE A UNICREDIT, IL SOGNO DI UNA VERA UNIONE FALLISCE PRIMA DI COMINCIARE…

1. FT, 'LA MOSSA DI UNICREDIT SU COMMERZ AZZERA LE ALTERNATIVE'

ANDREA ORCEL - FOTO LAPRESSE

(ANSA) -  L'ultima mossa di UniCredit su Commerz e cioè l'incremento della sua quota al 21% con l'obiettivo di arrivare al 29,9%, "fa sembrare forte la sua offerta per un'alleanza 'amichevole', anche perché ha eliminato in modo aggressivo la maggior parte delle alternative".

 

A scriverlo nella sua Lex è il Financial Times che nota come l'istituto tedesco sia al momento "praticamente senza testa" con il ceo, Manfred Knof che ha già annunciato la sua indisponibilità per un rinnovo alla scadenza del mandato il prossimo anno. Su questo, peraltro, il quotidiano economico evidenzia come "Commerzbank potrebbe essere a corto di tempo per avviare un serio processo di selezione".

 

UNICREDIT COMMERZBANK

Inoltre, con UniCredit alla porta, "non è nella posizione migliore per attrarre il meglio del settore bancario". L'Ft si sofferma poi su chi si oppone ad un'acquisizione con "i politici tedeschi" che "non vedono di buon occhio l'idea". "Ma bloccare un'offerta a prezzi elevati per motivi puramente ideologici - rileva - potrebbe essere difficile".

 

Il Financial times ricorda anche che "la rosa dei possibili cavalieri bianchi è sempre stata molto ristretta" con Deutsche Bank che "ha i suoi problemi da affrontare", così come "è improbabile che altri grandi gruppi europei" vogliano assaporare "la prospettiva di una complessa battaglia con UniCredit come azionista di minoranza" che blocca.

 

OLAF SCHOLZ

2. UNICREDIT, PARTE LA SCALATA È AL 21% DI COMMERZBANK LA BANCA PUNTA AL CONTROLLO

Estratto dell’articolo di Giuliano Balestreri per “la Stampa”

 

Il muro alzato da Berlino non spaventa Andrea Orcel che, anzi, stringe la presa su Commerzbank. Con un blitz che ha scatenato le ire del governo tedesco, Unicredit ha annunciato di essere salita al 21% del capitale della seconda banca tedesca. Un posizione costruita attraverso un'operazione in derivati convertibili in azioni, pari all'11,5% del capitale, una volta ricevuto il via libera dalla Banca centrale europea a salire oltre il 10% fino al 29,9 per cento. Soglia oltre la quale scatta l'obbligo di Opa, mossa che nessuno esclude.

 

andrea orcel

Immediata la reazione tedesca. Il cancelliere Olaf Scholz parla di «attacchi non amichevoli» e spiega che le «acquisizioni ostili non sono una buona cosa per le banche». Da New York, in serata, arriva la replica del vice premier e ministro degli esteri, Antonio Tajani: «Quando qualcuno viene ad acquistare in Italia si dice che siamo in un sistema europeo, poi se un italiano acquista non è più mercato unico».

 

[…]  dai silenzi dell'esecutivo trapela un certo malumore per la mossa di Orcel. Il governo, infatti, avrebbe suggerito al banchiere di aspettare prima di muovere ancora su Francoforte per lasciare alle diplomazie il tempo necessario per appianare le divergenze.

 

 

OLAF SCHOLZ

Analisti e advisor, però, sono d'accordo con Orcel consapevoli che il fattore tempo sia cruciale per portare a termine l'operazione. Commerzbank è debole e al di là delle dichiarazioni pubbliche, la Germania non ha la forza per difenderla.

 

Deutsche Bank si è chiamata fuori subito e anche la Bce ripete come una mantra di essere favorevole alle operazioni transfrontaliere. Difficile, quindi, immaginare che il numero uno della Bundesbank, Joachim Nagel, provi a guadagnare tempo per aiutare Scholz. Fedelissimo di Christine Lagarde, Nagel pur non commentando l'operazione ha detto: «Abbiamo bisogno di banche forti e robuste».

 

In questo scenario, con il 9,2% già in mano, Orcel consolida l'investimento diventando il primo azionista in Commerz convinto che la combinazione creerebbe beneficio «all'intera Germania» a tutti gli «stakeholders della banca».

 

commerzbank 5

In questo senso a giocare un ruolo non secondario nella partita sarà Blackrock: il fondo Usa è il primo azionista di Unicredit con il 6,4% del capitale ed è il terzo socio di Commerz con il 7,2%. Così come Vanguard che ha il 3,98% di Unicredit e il 3,49% dei tedeschi. Tradotto: sarebbero i primi "stakeholders" a trarne beneficio. Certo, da un lato gli americani vorrebbero evitare di andare allo scontro con la Germania, ma dall'altro sono consapevoli che Orcel negli ultimi 14 trimestri ha registrato utili record remunerando gli azionisti oltre le loro attese. Dalla parte del banchiere ci sono anche i sindacati. A cominciare da Rosario Mingoia segretario di Uilca Unicredit: «Un'operazione come Commerz rafforzerebbe la solidità di Unicredit, lanciando un segnale positivo sul mercato e riguardo alle prospettive future del gruppo».

Commerzbank

 

Senza dimenticare che dal punto di vista dei lavoratori un'acquisizione all'estero non aprirebbe tavoli relativi alle sinergie e ad eventuali tagli.

 

[…] Nei fatti il gruppo italiano si ispira a quanto evidenziato dal recente rapporto della Commissione europea secondo cui «una forte unione bancaria in Europa possa svolgere un ruolo cruciale per il successo economico dell'intero continente e, attraverso quest'ultimo, di ciascun Paese».

 

Per Orcel e i suoi tutto parte dalla «crescita» e dalla «competitività del sistema bancario tedesco» che «sono fondamentali sia per l'economia tedesca che per l'Europa nel suo complesso». […]

 

3. IL PRIMO TEST PER IL RAPPORTO DRAGHI

Estratto dell’articolo di Stefano Lepri per “la Stampa”

 

unicredit commerzbank

Il banco di prova del rapporto Draghi è questo. Se una fusione tra Commerzbank e Unicredit sarà davvero impedita, potremo dire addio al sogno che l'Europa diventi più coesa, e rafforzandosi possa meglio competere nel mondo con Stati Uniti e Cina.

Non è soltanto questione di banche; e il sistema bancario europeo si potrebbe irrobustire, in teoria, anche con differenti aggregazioni. Ma per l'appunto se una operazione così, gradita tanto alle istituzioni europee quanto alle Borse, e inoltre favorita dagli analisti finanziari, può essere bloccata solo per difendere orticelli e recinti di potere nazionali, allora che senso ha sostenere che si vuole unire l'Europa?

 

Friedrich Merz

Per noi italiani, la vicenda ricorda stranamente le resistenze alle fusioni che hanno reso più forti le nostre aziende di credito negli anni '90 e Duemila. Le resistenze in Germania oggi sono simili a quelle delle province italiane secondo cui "una banca più vicina al territorio" poteva meglio prendersi cura delle aziende locali.

 

I risultati li vedemmo negli anni successivi: le grandi banche uscite dalle fusioni sono andate benissimo, come Unicredit appunto, e quelle rimaste legate ai "territori" sono rimaste nel pantano dei loro intrecci di clientele, spesso finendo male come le venete o sopravvivendo per lungo tempo a fatica come il Monte dei Paschi.

 

[…] Piuttosto, sono stati finora i troppi intrecci di potere, anche con la politica, a tenere costantemente bassa la redditività delle banche tedesche. E la Commerzbank, 15 anni fa salvata dallo Stato, era allora la seconda banca tedesca, mentre adesso non lo è più, ha stentato per un decennio fino a che gli alti tassi non l'hanno salvata, e ha tuttora una redditività inferiore sia a Unicredit sia alla sua consociata bavarese Hvb.

 

Il potere conta più delle idee, se il cristiano-democratico Friedrich Merz, probabile cancelliere nella prossima legislatura, nonostante le sue continue professioni di liberismo affermi ora di temere "un disastro per il sistema bancario tedesco" da una operazione che sarebbe realizzata per vie di mercato e, come si è visto, ai mercati sembra piacere.

 

Andrea Orcel

Gli ostacoli all'Europa individuati da Draghi e da Enrico Letta nei loro rapporti stanno appunto lì, in posizioni di potere (politico o industriale) difese a dispetto di ogni logica economica e dell'interesse dei cittadini.

 

Come italiani abbiamo però il dovere di porci una domanda in più. Come mai le operazioni oltre confine delle nostre imprese sono così vulnerabili? Come mai […] quando gli italiani entrano in campo è così facile […] sollevare sospetti di insufficiente competenza, arretratezza tecnologica, cedevolezza a influenze esterne […]? Chi vuol essere "patriota" dovrebbe innanzitutto chiedersi questo.

commerzbank 6

Ultimi Dagoreport

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. I TEMPI PER LA LIBERAZIONE DELLA GIORNALISTA ITALIANA NON SOLO SI ALLUNGANO MA SI INGARBUGLIANO, E LA FORZATURA DEL BLITZ TRANSOCEANICO DI GIORGIA MELONI RISCHIA DI PEGGIORARE LE COSE – IL CASO, SI SA, È LEGATO ALL’ARRESTO DELL’INGEGNERE-SPIONE IRANIANO MOHAMMAD ABEDINI, DI CUI GLI AMERICANI CHIEDONO L’ESTRADIZIONE. L’ITALIA POTREBBE RIFIUTARSI E LA PREMIER NE AVREBBE PARLATO CON TRUMP. A CHE TITOLO, VISTO CHE IL TYCOON NON È ANCORA PRESIDENTE, SUGLI ESTRADATI DECIDE LA MAGISTRATURA E LA “TRATTATIVA” È IN MANO AGLI 007?

elisabetta belloni cecilia sala donald trump joe biden elon musk giorgia meloni

DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI – L’IRRITUALE E GROTTESCO BLITZ TRANSOCEANICO PER SONDARE LA REAZIONE DI TRUMP A UN  RIFIUTO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA DELL’IRANIANO-SPIONE, SENZA CHIEDERSI SE TALE INCONTRO AVREBBE FATTO GIRARE I CABASISI A BIDEN, FINO AL 20 GENNAIO PRESIDENTE IN CARICA DEGLI STATI UNITI. DI PIÙ: ‘’SLEEPY JOE’’ IL 9 GENNAIO SBARCHERÀ A ROMA PER INCONTRARE IL SANTO PADRE E POI LA DUCETTA. VABBÈ CHE È RIMBAM-BIDEN PERÒ, DI FRONTE A UN TALE SGARBO ISTITUZIONALE, “FUCK YOU!” SARÀ CAPACE ANCORA DI SPARARLO - ECCOLA LA STATISTA DELLA GARBATELLA COSTRETTA A SMENTIRE L’INDISCREZIONE DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO CON SPACEX DI MUSK – NON È FINITA: TRA CAPO E COLLO, ARRIVANO LE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI DA CAPA DEI SERVIZI SEGRETI, DECISIONE PRESA DOPO UN DIVERBIO CON MANTOVANO, NATO ATTORNO ALLA VICENDA DI CECILIA SALA…

cecilia sala donald trump elon musk ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - DAVVERO MELONI SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENETTA CON TRUMP, CON BLOOMBERG CHE SPARA LA NOTIZIA DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO CON “SPACE-X” DEL CARO AMICO ELON MUSK (ASSENTE)? NON SARÀ CHE L’INDISCREZIONE È STATA RESA PUBBLICA PER STENDERE UN VELO PIETOSO SUL FALLIMENTO DELLA DUCETTA SULLA QUESTIONE PRINCIPALE DELLA TRASVOLATA, IL CASO ABEDINI-SALA? - TRUMP, UNA VOLTA PRESIDENTE, ACCETTERÀ LA MANCATA ESTRADIZIONE DELLA ''SPIA'' IRANIANA? COSA CHIEDERÀ IN CAMBIO ALL’ITALIA? – DI SICURO I LEADER DI FRANCIA, GERMANIA, SPAGNA, POLONIA, URSULA COMPRESA, NON AVRANNO PER NULLA GRADITO LE PAROLE DI TRUMP: “GIORGIA HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA” - VIDEO

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…