carlo de benedetti otto e mezzo

“OCCORREVA L’ATTACCO DI CARLO DE BENEDETTI PER CONSTATARE CON IMMEDIATEZZA L'ABISSO DEL PD” – FULVIO ABBATE: “A CHI OBIETTA: MA DAVVERO UN SUPER RICCO COME LUI PUÒ CONSIGLIARE UNA FORZA POLITICA PROGRESSISTA? RISPONDO SI’, PERCHÉ STORICAMENTE SONO STATI SPESSO GLI APPARTENENTI ALLE CLASSI AGIATE A OFFRIRE PAROLE UTILI ALLA RIVOLTA, DAL DUCA CARLO PISACANE AL PRINCIPE ANARCHICO KROPOTKIN, FINO AL MENO ARISTOCRATICO BAKUNIN..."

fulvio abbate foto di bacco (2)

Fulvio Abbate per https://mowmag.com

 

Pensa, occorreva l’arrivo dell’Ingegnere per constatare con immediatezza l'abisso del Partito democratico. Carlo De Benedetti che cala infatti il sipario sul partito che si pretendeva forte del brand veltroniano della “vocazione maggioritaria”, ai nostri occhi, va ora, idealmente, immaginato in signorile vestaglia da camera mentre, subito giù in basso, si scorge un paesaggio di macerie politiche irrimediabili.

 

In un film di Dino Risi, “Il gaucho”, una scena fa al caso nostro. Siamo a Buenos Aires, nella villa di un altro Ingegnere, interpretato da Amedeo Nazzari. Questi, accogliendo una comitiva di cinematografari romani in gita, si esibisce generosamente intonando una melodia del Paese lontano.

carlo de benedetti otto e mezzo 4

 

Vittorio Gassman e Silvana Pampanini lo ascoltano stretti in un lento. A un certo punto, la Pampanini, rivolta a Gassman, ammirata, così commenta: “Ammazza, come canta bene l’ingegnere”, e Gassman di rimando: “Te credo, c’ha i soldi”. Questo breve dialogo, non sembri fuori luogo, serve a penetrare nella sostanza del nostro discorso.

 

L’Ingegnere De Benedetti, come quell’altro del film, nel nostro caso, le canta adesso al Pd, forte di se stesso, con crudele chiarezza. Una prece, la sua, consegnata ad Aldo Cazzullo per le pagine del Corriere della Sera: “Il Pd è un partito di baroni imbullonati da dieci anni al governo senza aver mai vinto un'elezione”.

 

fulvio abbate foto di bacco (1)

Ancora l’Ingegnere nostro, con ulteriore generosità, aggiunge che “la segreteria Letta è stata un disastro. Perché in campagna elettorale Letta non ha saputo indicare una sola ragione per cui si dovesse votare il Pd, ma solo ragioni per non votare gli altri. Per la sua arroganza e supponenza il Pd ha corso da solo e ha determinato la vittoria della destra, che alla luce dei risultati non era affatto scontata”.

 

Si potrebbe obiettare che Letta aveva buone ragioni per indicare il sentore regressivo di una destra ancora prossima alle suggestioni fasciste, resta tuttavia che l’immagine prospettata dall’Ingegnere - i “baroni imbullonati” - brilla chiara ed evidente, rendendo impossibile assolvere chi si pretendeva invece attendibile presso un elettorato ormai fluido e preda del disincanto, ormai in fuga precipitosa da una sinistra che ha smarrito ogni simbolico, perfino blandamente progressista. Adesso qualcuno, ribaltando la citazione gassmaniana, obietterà a sua volta: “… parla bene, lui, lui che è ricco!”

 

enrico letta manifestazione per la pace a roma

Obiezione che mostra un riflesso fideistico da trascorsa sezione comunista intitolata a Togliatti, nella convinzione cocciuta che i gruppi dirigenti abbiano sempre e comunque ragione, poiché “la linea non si discute”; candido tepore autorassicurante da “centralismo democratico”, sia pure fuori tempo storico massimo.

 

Magari incurante che il Pd, lo diciamo con sobrietà, non è mai apparso né carne né pesce, e neppure, volendo citare un tema alimentare apparso nelle stesse settimane dell’insediamento del governo Meloni-Salvini (da De Benedetti definito “obbrobrioso”) carne coltivata in laboratorio. Non è però ancora tutto.

 

carlo de benedetti otto e mezzo 5

L’Ingegnere, sempre in tema di finta pelle, demolisce ulteriormente il Pd con pertinenza autoptica: “Le democrazie moderne sono minate da due mali che le divorano da dentro: le crescenti disuguaglianze e la distruzione del Pianeta. Un partito progressista che non mette in cima al suo programma questi due punti non serve a niente, e infatti fa la fine del Pd; che ha conquistato la borghesia e ha perso il popolo”.

 

Provo ora a immaginare ancora lo sguardo dell’Ingegnere nel suo appartamento torinese in cima alla Torre Littoria di piazza Castello. Me lo figuro adesso come già il professor Alessandro Cutolo, colui che nel trascorso tempo televisivo in bianco e nero dispensava consigli utili e illuminanti sull’esistente tutto, un istante appena ed ecco apparire il deserto dei tartari a perdita d’occhio cui ormai assomiglia il partito di cui stiamo ragionando.

 

ENRICO LETTA

Un soggetto politico in attesa di se stesso dai giorni della sua fondazione, assente perfino nelle scelte contingenti da assumere, metti, per le imminenti elezioni in Lombardia: “Sono sicuro che un candidato del Pd non vincerebbe mai. Mentre contro Attilio Fontana la Moratti può farcela. Se il Pd la appoggiasse, secondo me ce la farebbe. Se Salvini perde la Lombardia, cade. E se cade Salvini, cade il governo”, nota ancora il nostro Ingegnere.

 

Perfino a dispetto di chi ragionando sulla sostanza “culturale” del Pd continua a ritenerlo impropriamente una forza di sinistra, è proprio lo “straniero” De Benedetti a chiarirne invece il carattere amorfo. Si potrebbe obiettare nuovamente su come possa un “ricco” dare lezioni di strategia a una forza politica dagli intenti progressisti.

 

carlo de benedetti otto e mezzo 1

Bene, per quanto sembri assurdo, storicamente sono sempre stati proprio gli appartenenti alle classi agiate a offrire parole dirimenti in nome della rivolta: si pensi, nell’ordine, al duca Carlo Pisacane, al principe anarchico Kropotkin, al non meno aristocratico Bakunin e a ogni altro residente dell’ideale grattacielo del socialismo o di ogni semplice sogno di ordinaria socialdemocrazia.

 

debora serracchiani enrico letta emily schlein

Ora che ci penso, il riferimento al deserto dei tartari è eccessivo, forse basterebbe, restando a Buzzati, pensare a quel suo ex voto dove le teste impagliate di rinoceronti abbattuti da un marchese, nottetempo, processano il cacciatore. Non sembri una metafora improbabile, ma, come afferma proprio De Benedetti, nei simulacri dei rinoceronti sconfitti sembra ora proprio di ravvisare una classe dirigente preoccupata di perpetuarsi, sopravvivere in quanto tale. Già, “baroni imbullonati” sullo sfondo del crescente deserto elettorale.

Ultimi Dagoreport

bergoglio papa francesco salma

DAGOREPORT - QUANDO È MORTO DAVVERO PAPA FRANCESCO? ALL’ALBA DI LUNEDÌ, COME DA VERSIONE UFFICIALE, O NEL POMERIGGIO DI DOMENICA? - NELLA FOTO DELLA SALMA, SI NOTA SUL VOLTO UNA MACCHIA SCURA CHE POTREBBE ESSERE UNA RACCOLTA DI SANGUE IPOSTATICA, COME ACCADE NELLE PERSONE MORTE GIÀ DA ALCUNE ORE - I VERTICI DELLA CHIESA POTREBBERO AVER DECISO DI “POSTICIPARE” LA DATA DELLA MORTE DEL SANTO PADRE, PER EVITARE DI CONNOTARE LA PASQUA, CHE CELEBRA IL PASSAGGIO DA MORTE A VITA DI GESÙ, CON UN EVENTO LUTTUOSO - UN PICCOLO SLITTAMENTO TEMPORALE CHE NULLA TOGLIE ALLA FORZA DEL MAGISTERO DI FRANCESCO, TERMINATO COME LUI VOLEVA: RIABBRACCIANDO NEL GIORNO DELLA RESURREZIONE PASQUALE IL SUO GREGGE IN PIAZZA SAN PIETRO. A QUEL PUNTO, LA MISSIONE DEL “PASTORE VENUTO DALLA FINE DEL MONDO” ERA GIUNTA AL TERMINE...

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT – MA ‘STI “GENI” ALLA FIAMMA DI PALAZZO CHIGI PENSANO DAVVERO DI GOVERNARE IL PAESE DEI CAMPANELLI? E COME SI FA A NON SCRIVERE CHE DIETRO L’APPLICAZIONE DEL GOLDEN POWER ALL’UNICREDIT, C’È SOLO L’ESPLICITA VOLONTÀ DEL GOVERNO DEI MELONI MARCI DI MANGANELLARE ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA OSATO METTERSI DI TRAVERSO AL LORO PIANO “A NOI LE GENERALI!”? - UNA PROVA DELL’ATTO ‘’DOLOSO’’? IL GOLDEN POWER, UNO STRUMENTO CHE NASCE PER PROTEGGERE GLI INTERESSI NAZIONALI DALLE MIRE ESTERE, È STATO APPLICATO ALL’OPERAZIONE ITALIANISSIMA UNICREDIT-BPM, EVITANDO DI UTILIZZARLO ALLE ALTRE OPERAZIONI BANCARIE IN CORSO: MPS-MEDIOBANCA, BPM-ANIMA E BPER-SONDRIO - ORA UNICREDIT PUÒ ANCHE AVERE TUTTE LE RAGIONI DEL MONDO. MA NON SERVE A UN CAZZO AVERE RAGIONE QUANDO IL TUO CEO ORCEL STA SEDUTO DALLA PARTE SBAGLIATA DEL POTERE…

jd vance papa francesco bergoglio

PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO IDEA SOLO DOPO L’INCONTRO DEL NUMERO DUE DI TRUMP CON IL SEGRETARIO DI STATO: VANCE SI È MOSTRATO RICETTIVO DI FRONTE AL LUNGO ELENCO DI DOSSIER SU CUI LA CHIESA È AGLI ANTIPODI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA, E HA PROMESSO DI COINVOLGERE IL TYCOON. A QUEL PUNTO IL PONTEFICE SI È CONVINTO E HA ACCONSENTITO AL BREVE FACCIA A FACCIA – SUI SOCIAL SI SPRECANO POST E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA VISITA E LA MORTE DEL PAPA: “È SOPRAVVISSUTO A UNA POLMONITE BILATERALE, MA NON È RIUSCITO A SOPRAVVIVERE AL FETORE DELL’AUTORITARISMO TEOCRATICO” – I MEME

jd vance roma giorgia meloni

DAGOREPORT – LA VISITA DEL SUPER CAFONE VANCE A ROMA HA VISTO UN SISTEMA DI SICUREZZA CHE IN CITTÀ NON VENIVA ATTUATO DAI TEMPI DEL RAPIMENTO MORO. MOLTO PIÙ STRINGENTE DI QUANTO È ACCADUTO PER LE VISITE DI BUSH, OBAMA O BIDEN. CON EPISODI AL LIMITE DELLA LEGGE (O OLTRE), COME QUELLO DEGLI ABITANTI DI VIA DELLE TRE MADONNE (ATTACCATA A VILLA TAVERNA, DOVE HA SOGGIORNATO IL BUZZURRO), DOVE VIVONO DA CALTAGIRONE AD ALFANO FINO AD ABETE, LETTERALMENTE “SEQUESTRATI” PER QUATTRO GIORNI – MA PERCHÉ TUTTO QUESTO? FORSE LA SORA “GEORGIA” VOLEVA FAR VEDERE AGLI AMICI AMERICANI QUANTO È TOSTA? AH, SAPERLO...

giovanbattista fazzolari giorgia meloni donald trump emmanuel macron pedro sanz merz tusk ursula von der leyen

SE LA DIPLOMAZIA DEGLI STATI UNITI, DALL’UCRAINA ALL’IRAN, TRUMP L’HA AFFIDATA NELLE MANI DI UN AMICO IMMOBILIARISTA, STEVE WITKOFF, DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO, MELONI AVEVA GIÀ ANTICIPATO IL CALIGOLA DAZISTA CON LA NOMINA DI FAZZOLARI: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO (2018) CHE GESTISCE A PALAZZO CHIGI SUPERPOTERI MA SEMPRE LONTANO DALLA VANITÀ MEDIATICA. FINO A IERI: RINGALLUZZITO DAL FATTO CHE LA “GABBIANELLA” DI COLLE OPPIO SIA RITORNATA DA WASHINGTON SENZA GLI OCCHI NERI (COME ZELENSKY) E UN DITO AL CULO (COME NETANYAHU), L’EMINENZA NERA DELLA FIAMMA È ARRIVATO A PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, L’IMBELLE ANTONIO TAJANI: “IL VERTICE UE-USA POTREBBE TENERSI A ROMA, A MAGGIO, CHE DOVREBBE ESSERE ALLARGATO ANCHE AGLI ALTRI 27 LEADER DEGLI STATI UE’’ – PURTROPPO, UN VERTICE A ROMA CONVINCE DAVVERO POCO FRANCIA, GERMANIA, POLONIA E SPAGNA. PER DI PIÙ L’IDEA CHE SIA LA MELONI, OSSIA LA PIÙ TRUMPIANA DEI LEADER EUROPEI, A GESTIRE L’EVENTO NON LI PERSUADE AFFATTO…

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…