AFGHANISTAN: IL SOLDATO NON ERA DA SOLO? - NELL’ORRORE DELL’UCCISIONE DI 17 CIVILI INERMI, OBAMA SPERA DI APPIOPPARE LA COLPA ALLA FURIA DI UN MARINE IMPAZZITO, MA SECONDO TESTIMONI SAREBBE STATO “UN GRUPPO DI SOLDATI UBRIACHI” A FARE LA STRAGE, COSPARGERE DI BENZINA, E BRUCIARE I CORPI DI DONNE E BAMBINI - DOPO 11 ANNI SENZA RISULTATI, ALTRO CHE GUERRA “CHIRURGICA”: L’AFGHANISTAN È UN NUOVO VIETNAM FATTO DI SOLDATI PSICOTICI…
1- AFGHANISTAN: IL SOLDATO NON ERA SOLO?
Da http://www.ilsecoloxix.it/
Emergono i primi dubbi sul fatto che abbia agito da solo il soldato che ha ucciso almeno 17 persone, tra cui donne e bambini, per un crollo nervoso. Haji Samad, abitante di uno dei due villaggi afghani del massacro, ha raccontato che undici membri della sua famiglia, fra cui figli e nipotini, sono stati uccisi all'interno della sua casa da quelli che descrive come «soldati ubriachi che sparavano all'impazzata». Lui al momento del massacro, in piena notte, era fuori casa. La tv ha mostrato immagini dell'intern della casa con sangue dappertutto. I soldati «hanno versato liquido infiammabile sui corpi e tentato di dare loro fuoco», ha raccontato Samad in lacrime.
CASA BIANCA MOLTO PREOCCUPATA
La Casa Bianca si è detta profondamente preoccupata dalla notizia del soldato americano che ha aperto il fuoco su civili afgani uccidendone almeno 17 e comunica che sta seguendo da molto vicino la situazione. L'America teme che si possano rivivere i momenti di grave tensione dei giorni scorsi, quando migliaia di afgani scesero in piazza per protestare contro il rogo di alcuni volumi del Corano, ad opera di alcuni militari Usa. Il presidente Obama: «Accertare i fatti e assicurare, nel tempo più breve possibile, i responsabili alla giustizia».
Il militare statunitense ha improvvisamente aperto il fuoco oggi all'alba contro quattro abitazioni in un villaggio della provincia meridionale afghana di Kandahar, causando la morte di almeno 17 persone, tra cui donne e bambini secondo fonti locali, prima di consegnarsi ed essere arrestato da militari della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf). I cadaveri dei civili sono stati raccolti dai vicini e portati a una locale base americana in segno di protesta, stando a quanto scrive il New York Times, citando fonti locali.
Le stesse fonti dicono che su alcuni dei cadaveri sono ben visibili segni di bruciatura, ustioni. Un particolare, quest'ultimo che coincide con quanto raccontato da un cronista dell'Afp, che ha visto i corpi distesi nelle case, ha parlato di persone «uccise e bruciate». «Le vittime della strage sono tutte donne e bambini: 11 degli uccisi appartengono alla stessa famiglia. Se fossero stati uomini sarebbero stati in grado di fuggire», ha detto un anziano capofamiglia, Haji Abdul Samad.
Non si conoscono ancora le ragioni del gesto raccontato alla stampa da Hajji Agha Lalai, membro per il distretto di Panjwae nel consiglio provinciale di Kandahar, che ha detto di esserne venuto a conoscenza da alcuni testimoni oculari.
Nel distretto di Panjwae si trova una base dell'Isaf e in un comunicato a Kabul in cui dà notizia dell'arresto del militare, la Forza internazionale sottolinea che «si è trattato di un episodio che genera un profondo rammarico e che ci spinge a presentare le nostre condoglianze ai famigliari e agli amici delle vittime».
Da parte sua il governatore di Kandahar, Toryalay Weesa, ha detto che il soldato «è fuggito dalla base americana ieri sera» e che «stamani ha aperto il fuoco su un gruppo di civili causando 16 morti», che sono però almeno 17 secondo Lalai.
Nel comunicato dell'Isaf si dice infine che le autorità americane e afghane condurranno insieme «una approfondita inchiesta» sulla strage. Il presidente afghano Hamid Karzai, condannando la sparatoria, ha detto che si è trattato di «omicidi intenzionali» e ha chiesto alla Nato di fornire spiegazioni.
Secondo il portavoce dei talebani, Qari Mohammad Yusuf Ahmadi, si sarebbe trattato di un vero attacco, e non di un gesto isolato. Ahmadi ha detto che non uno, ma più soldati «hanno attaccato numerose case del villaggio di Balambi» e «secondo testimoni vi sarebbero una cinquantina di cadaveri», fra cui undici appartengono alla famiglia di Mohammad Wazir, uno degli anziani del villaggio.
La strage si è verificata in un momento molto delicato in Afghanistan, dopo le forti tensioni conseguenti alla vicenda dei corani bruciati da militari Usa il mese scorso in una base americana. Il mese scorso, sono morti una trentina di afghani oltre a sei soldati statunitensi.
2- IL VIETNAM CHE RITORNA
Vittorio Zucconi per "la Repubblica"
Un soldato ubriaco, o un gruppo di soldati americani, imbraccia un fucile automatico e fa strage di afgani, bambini compresi. Si deve inorridire, ma non ci si può stupire.
Dopo quasi undici anni di una occupazione e di una guerriglia inconcludente quanto crudele, di inutili incrementi di truppe e di ritiri annunciati, di armi intelligenti, di «danni collaterali», di agguati, deve semmai stupire se eventi come questo non siano stati molto più frequenti. Alla fine, il solo vincitore certo è «the horror».
Quanto è accaduto nei villaggi di Balandi e Alkozi, nel cuore della terra dei Taliban, non è la eccezione, è la normalità della «nuova guerra» combattuta contro nemici senza uniforme, senza reparti, senza linee di demarcazione territoriale, intrise di reciproco disprezzo razziale e religioso in una continua e reciproca «jihad». Quelle guerre che sembrano tanto intelligenti, chirurgiche, bene intenzionate, addirittura «giuste» quando sono teorizzate da chi non le combatterà , sempre, inevitabilmente, degenerano nelle atrocità che vedemmo a My Lai in Vietnam,a Sarajevo, nel Kossovo, in Palestina, in Libano, in Iraq, in Ruanda.
Puoi avere l'esercito meglio addestrato, armato e motivato del mondo, come i generali americani ripetono, ed è certamente vero, e credere di avere le più nobili motivazioni e intenzioni. La tua causa è giusta, la vendetta per un altro massacro di innocenti, in quell'11 settembre.
Puoi dotare le basi avanzate di televisione satellitare, Internet, friggitorie di fast food, spacci, ospedali da campo attrezzatissimi, come avviene per alleviare la quotidianità del servizio. Ma alla fine del tunnel c'è sempre e soltanto un uomo aggrappato al suo unico vero amico, il proprio fucile, come gridava alle reclute il sergente istruttore di «Full Metal Jacket», nella solitudine un oceano di alieni che si somigliano tutti, amici e nemici, maschi e femmine, vecchie bambini, nel quale i più fragili annegano.
Le eleganti premesse geopolitiche (ricordate il «Nuovo secolo americano» profetizzato da quei Neocon che intossicarono la presidenza del debole Bush?) si corrompono nella scoperta che niente è come te l'avevano descritto.
L'edificio psicologico costruito nei soldati dall'addestramento e dall'indottrinamento, puntellato dalla retorica del «siamo tutti con le nostre truppe», si sbriciola al primo contatto con la realtà .
Resta soltanto quella domanda che proprio George W Bush pose a se stesso più volte: «Ma perchè ci odiano tanto?» alla quale il soldato non ha spesso altra risposta che odiare a propria volta. E quindi urinare sui cadaveri. Bruciare libri sacri.
Sparare sugli inermi. Fare agli altri quello che hanno fatto o che vorrebbero fare a te. Si piange su vecchi, donne, bambini, civili di ogni età caduti, come se da decenni essi non fossero affatto il «danno collaterale», «l'errore» del quale scusarsi, ma l'obbiettivo principale degli attacchi. E tutti lo sanno.
Non esisteva nessuna ragione tattica per radere al suolo Coventry o Dresda, per incenerire Hiroshima e Nagasaki, città di retrovia, per demolire casa per casa una Berlino già morta nell'aprile del 1945. La motivazione strategica, da quando l'aviazione è divenuta un'arma fondamentale, era far strage di civili per spezzare il morale del combattenti.
Perché dunque il soldato americano che è entrato imbracciando il suo «unico amico», il fucile automatico, nelle case del Kandahar e ha «innaffiato» di proiettili chiunque fosse a tiro, dovrebbe provare più inibizioni dei generali che ordinano i bombardamenti a tappeto e le salve di missili dagli elicotteri, dai droni, dagli aerei? Perché mai il sottotenente William Calley della 23esima divisione di fanteria, avrebbe dovuto risparmiare la vita dei 500 abitanti di My Lay, nel 1969, che lui personalmente e gli uomini del suo plotone abbatterono per «bonificare» quella zona dai Vietcong?
I suoi superiori non avrebbero esitato un istante a ordinare una pioggia di napalm sulle stesse capanne, se avessero - come lui - sospettato gli abitanti di connivenzae simpatia con il nemico. Nelle guerre fra razze, religioni, culture, tutti i nemici sono uguali e tutti disumanizzati nel linguaggio, i giapponesi sono tutti «giap», i vietnamiti sono tutti «gooks», «charlie», «slope», gli arabi, anche quando non sono affatto arabi come gli afgani, diventato tutti «raghead», teste di stracci o «camel fucker», amanti di cammelli.
Nelle sue memorie dal Vietnam, Gene Dark, recluta spedita a 19 anni a combattere oltre oceano, ha raccontato in «Atrocità di Guerra» il risucchio irresistibile nel gorgo dell'orrore e la morte dello spirito, nella confusione della paura. Anche il bambino che ti vende il chewing gum per strada forse fa la piccola vedetta per un terrorista, la donna che sembra sorriderti sotto il burqa nasconde esplosivi, il vecchio afgano inturbantato che allunga la mano per un dollaro forse sa esattamente dove sia collocata la mina. Il cosiddetto «soldato» regolare, è una quinta colonna.
«Il tuo universo si restringe e si rapprende nel gruppetto immediato dei tuoi camerati, e tutto quello che sta oltre è il male da uccidere». Il ritiro totale delle forze Nato e Americane avverrà entro il 2014, è stato ormai deciso. La democrazia non c'è, resta l'orrore. Ci sono - lo scrive la Cnn - ancora 400 donne afgane in carcere per «crimini sessuali» e i Taliban si preparano a riprendere il mano il Paese. Niente di nuovo sul Fronte Orientale.






