AHIA CHE BOTTA! NELL’ULTIMO SONDAGGIO PUBBLICABILE PRIMA DEL SILENZIO ELETTORALE, LA LEGA PERDE 6 PUNTI: ADESSO È AL 30,9%. I 5 STELLE IN NETTO RECUPERO, GUADAGNANO ANCHE IL PD E LA MELONI - I NUMERI DI PAGNONCELLI: SALVINI HA ESASPERATO I TEMI. COLPA DI SIRI, DEI FASCISTELLI AL SALONE, DELLE PROMESSE LEGHISTE NON RISPETTATE? - CHE SUCCEDE A BERLUSCONI, RIUSCIRÀ +EUROPA A SUPERARE LO SBARRAMENTO?
Nando Pagnoncelli per il ‘’Corriere della Sera’’
Oggi è l' ultimo giorno in cui si possono pubblicare sondaggi. Tentiamo quindi di individuare le attuali tendenze di voto degli italiani, in questa campagna spesso frenetica e in qualche caso al di sopra delle righe, che si è sempre più caratterizzata per la dualità, nelle ultime settimane quasi eccessiva, tra gli esponenti delle due forze che compongono il governo. Lo scontro fra Salvini e Di Maio è salito vieppiù di tono, alla ricerca di due obiettivi centrali: per Salvini consolidare un consenso potenziale importante, per Di Maio risalire la china riconquistando parte del voto che nei sondaggi appare potenzialmente perso.
Il segretario della Lega ha esasperato i toni, sia in termini di modalità, con una comunicazione sempre più diretta, che di posizionamento politico, con un sempre più netto spostamento a destra. Il vicepremier Di Maio ha ripreso un ruolo da protagonista, tenendo il punto su molte questioni e in particolare ottenendo la testa del sottosegretario Siri.
Quest' ultima vicenda è pesata sull' opinione pubblica, come abbiamo visto nel sondaggio della scorsa settimana, insinuando dubbi rispetto alla Lega.
I risultati delle due strategie sono evidenti nei dati che presentiamo oggi. Rispetto a poco meno di un mese fa la Lega fa segnare un pesante arretramento: era allora al suo punto più alto, con un consenso potenziale di quasi il 37%, oggi cala, in poche settimane, a poco meno del 31%. È evidente che, insieme al caso Siri, la tolleranza verso il crescere di manifestazioni apertamente filofasciste (da ultimo il caso del Salone del Libro di Torino, che pure non coinvolge direttamente Salvini, ma che lo spinge a definire surreale il fatto che oggi si parli di fascismo) e certi eccessi verbali hanno raffreddato una parte dell' elettorato, in particolare la componente più moderata che recentemente si era avvicinata alla Lega.
Al contrario il M5S, pur rimanendo distante dai livelli delle elezioni politiche, conferma la ripresa di consenso che già avevamo registrato il mese scorso. Oggi è accreditato del 25% circa, con una crescita di quasi tre punti in poche settimane. Si conferma quindi la bontà della strategia del vicepremier, tornato alla ribalta con evidenza e che riesce a posizionare politicamente in maniera più netta e riconoscibile la propria formazione, proprio distinguendosi dalla Lega: dal tema della corruzione, alle posizioni antifasciste prese in particolare in occasione del 25 Aprile, alla distinzione sui temi dei diritti, sino agli ultimi distinguo sulla cannabis light.
Il Partito Democratico a sua volta segna una piccola crescita rispetto al dato del mese scorso, superando il 20%: con l' elezione del nuovo segretario consolida un campo e riaggrega un elettorato fino a poco fa deluso e senza riferimenti solidi.
Forza Italia si colloca poco sotto l' 8% e non è facile prevedere se ci potranno essere ricadute delle vicende lombarde che coinvolgono soprattutto questo partito.
Infine, tra i partiti che presumibilmente supereranno la soglia del 4% conquistando rappresentanti nel Parlamento Europeo, troviamo Fratelli d' Italia, che evidenzia un' apprezzabile crescita, avvicinandosi al 6% (+1% rispetto ad aprile). La strategia di Meloni paga, consentendole di recuperare pezzi di voto leghista e di consolidare il proprio posizionamento.
Le altre formazioni non sembrano avere possibilità di superare la soglia: l' unica forza che potrebbe ancora combattere per questo obiettivo, +Europa, si colloca però poco sopra il 3% e sembra arduo, pur se non impossibile, che possa farcela.
Se guardiamo agli spostamenti di voto per le due forze principali, le perdite della Lega vanno prevalentemente verso Fratelli d' Italia e verso l' astensione. Il M5s invece beneficia soprattutto di un rientro dei propri elettori dall' astensione, riconquistando chi si era raffreddato.
Questi risultati fotografano l' esito delle elezioni? Certo individuano tendenze ma, come è avvenuto nell' ultimo mese, le cose possono cambiare. Per due ordini di ragioni principalmente: l' andamento della campagna elettorale e il suo impatto sugli elettori, nonché la presenza di una fetta di elettori incerti, che molto probabilmente parteciperanno al voto ma non hanno ancora deciso cosa votare. Costoro si attestano al 9,6%.
emma bonino e nicola zingaretti
La partecipazione che stimiamo oggi è di circa il 58%, molto vicina a quella registrata per le Europee del 2014. È molto difficile dire come si comporteranno gli incerti e riattribuirne il voto è assai rischioso. Il profilo che evidenziano è infatti di elettori critici e attenti: con titoli di studio più elevati, una maggior presenza di ceto medio, di donne e di giovani e un orientamento leggermente prevalente a destra. Non resta quindi che aspettare i risultati veri, dandoci appuntamento per la consueta analisi post voto.
ORA È DI MAIO CHE SPAVENTA LA LEGA
Andrea Malaguti per ‘la Stampa’
Dal Salone del libro di Torino liberatosi di CasaPound, alle minacce ai rom di Casal Bruciato, il fragile cemento sociale che tiene unito il Paese si sta sgretolando. E nessuno si preoccupa di ripararlo. Tanto meno due vicepremier impegnati in una campagna elettorale studiata per sotterrare i problemi economici che a ottobre si scaricheranno sulle nostre spalle e promettere la fine di povertà, crimine organizzato e corruzione. Come cantava Tom Waits: c' è sempre del formaggio gratis in una trappola per topi. Noi siamo i topi.
In questo wrestling accanito tra Di Maio e Salvini la posizione di vantaggio l' ha assunta il capo politico del Movimento Cinque Stelle, che ieri si è permesso il lusso di scrivere su Facebook la più significativa delle epigrafi contemporanee: «La Lega è in paranoia dopo gli ultimi sondaggi». Nell' ottica gialloverde nessun rap politico suona più dolce.
C' è un giorno preciso in cui Di Maio cambia passo: il 25 aprile. Giorno della liberazione nazionale e sua personale dal giogo del Capitano leghista.
Salvini va a Corleone snobbando le celebrazioni collettive definendole "un derby" e il suo socio-grillino lo impallina. Due volte. La prima: «Salvini combatta la mafia con l' esempio, non andando a Corleone». La seconda: «Il 25 aprile divide solo chi non vuole festeggiarlo». Prende le distanze e il suo gradimento sale. Da mesi capitava il contrario. La sostanziosa, anche se non maggioritaria, ala sinistra del suo elettorato, era stanca di fare cose indicibili con persone innominabili. Dalla castrazione chimica al disprezzo malcelato per qualunque forma di vita che non fosse lunarmente pallida.
Il primo maggio offre al vicepremier-ministro del lavoro il secondo test significativo. La Lega liquida la circostanza come una festicciola sinistrosa, il M5S ne rivendica la centralità costituzionale e quotidiana: il lavoro va trovato e celebrato. Di nuovo i sondaggi salgono.
Per Di Maio è tutto chiaro. Si sposta a sinistra, ma un po' come fa lui: con cautela, perché la sua anima è democristiana.
Una scelta, finalmente politica, che spiazza l' alleato, perché il bisticcio elettorale si trasforma in conflitto ideologico (sarebbe bello dire ideale, ma non è questo il caso). Il botta e risposta di posizionamento affidato ai peones di palazzo che si azzannano su flat tax e reddito minimo, diventa confronto di identità tra leader. Esplodendo nel momento in cui la magistratura accende il faro sul sottosegretario Siri ipotizzando legami, seppur indiretti, con la mafia.
Salvini gioca in difesa, Di Maio lo aggredisce, forte di una logica improvvisamente indiscutibile: «il governo del cambiamento non può essere sospettato di collusioni con Cosa Nostra». Salvini trasecola. Di Maio fa davvero o per finta? Di Maio fa davvero, ringhiando con ferocia anche sulle tangenti lombarde. Boati dal suo popolo, promesse di vendetta dal campo opposto.
Solo quando la Raggi difende - più che giustamente - la famiglia rom assegnataria di un alloggio popolare, il Vicepremier pentastellato perde momentaneamente la bussola attaccando il suo sindaco. Lo fa perché la sua nuova narrazione non può rinunciare ad alcuni cardini non esattamente moderni: la difesa dell' italianità sopra ogni cosa e il fastidio per gli «zingari», unico gruppo umano che l' elettore medio qualifica di seconda classe. Certamente più dei profughi, a cui si può concedere l' attenuante di scappare da una guerra o dalla povertà.
Se per Salvini non fa alcuna differenza, per Di Maio sì.
È rispolverando questa forma di «solidarismo-progressista-purché-autoctono» che riprende il centro della scena. E ci si trova bene al punto da sfidare il Capitano Verde sul suo terreno. L' uppercut è terrificante: «Invece di preoccuparsi dei negozi di cannabis, Salvini pensi a togliere gli spacciatori dalle strade, evitando che si ripetano episodi come quello di Napoli». Gli dà dell' incapace. Il confine è apparentemente superato. L' amicizia apparentemente rotta. Se non è un gioco orribile sulla pelle di noi sudditi, è la fine di una storia. Difficile non propendere per la prima ipotesi.