1- PREPARATE L’ELMETTO E METTETE I RISPARMI SOTTO IL MATERASSO: C’È IL “RISCHIO DI UNA NUOVA ONDATA SPECULATIVA CONTRO L’ITALIA E IL SUO DEBITO SOVRANO” AL MOMENTO DEL TRAPASSO DA UN GOVERNO TECNICO (MONTI) A UNO PRESUMIBILMENTE POLITICO 2- NON È UN RETROSCENA DI MIA SORELLA MA LO SCRIVE IN UNA BELLA LETTERINA SUL CORRIERE IL PRESIDENTE DI BANCA INTESA, IL MAGGIOR ISTITUTO ITALIANO, ABRAMO BAZOLI 3- COME MAI IL RISERVATISSIMO AVVOCATO BRESCIANO LANCIA QUESTO ALLARME DA ‘PRENDI I SOLDI E SCAPPA IN SVIZZERA’? VOGLIA DI VISIBILITà O SENTE CHE LE SABBIE MOBILI AVANZANO ANCHE NEL CASO CHE SIA L'ALLEGRA BRIGATA DI BERSANI A VINCERE LE ELEZIONI E METTE LE MANI AVANTI CONOSCENDO I SUOI POLLI. NON SIA MAI POI CHE QUALCHE ESPONENTE DEL GOVERNO TECNICO, TIPO PASSERA, EX AD DI INTESA, VOGLIA IMMISCHIARSI

1- DAGOREPORT
Tanto per rendere ulteriormente difficile la vita al suo direttore, Flebuccio de Bortoli, l'altro giorno sul "Corriere della Sera", smessi i panni del banchiere d'investimento (presidente Pro Mac spa), il professor Salvatore Bragantini ha indossato quelli del catone (da guardia) per fare le bucce al Santo Protettore del quotidiano di via Solferino, Abramo Bazoli.

Tra un'occhiata ai "derivati" e l'altro al mercato obbligazionario, al Bragantini strabico non era sfuggita una frase di Bazoli con cui spiegava che, con ogni probabilità, Banca Intesa avrebbe anticipato il rinnovo dei suoi vertici prima della scadenza elettorale di aprile.

Per Bragantini - che a suo tempo fu nominato alla Consob forse solo per volontà della Madonna addolorata e non dal governo! -, c'era il rischio che si tornasse a quelle "dinamiche politiche" e alle stagioni aborrite (quando riguardano gli altri tecnici) delle nomine partitocratiche (vedi articolo).

La replica di Nanni Bazoli è arrivata puntuale domenica nelle pagine economiche del Corrierone (vedi articolo).
Giusto, osservava il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo, il richiamo di Bragantini affinché la politica non intervenga "in qualsiasi forma" nel rinnovo dei vertici di una banca.

Quanto al suo riferimento alle elezioni politiche della primavera 2013, egli intendeva alludere non a possibili interferenze politiche, ma al "rischio di una nuova ondata speculativa contro l'Italia e il suo debito sovrano" al momento, in buona sostanza, del trapasso da un governo tecnico (Monti) a uno presumibilmente politico.

Bazoli, in linea con il Napo-Colle, replicando a Bragantini in buona sostanza fa "politica", pur ribadendo di voler combattere le "interferenze politiche" (altrui).
Vecchia storia si dirà.
La "politica" è "buona" se ti promuove (nomina) e "cattiva" se vuole metterci il becco.
Nella diatriba Bazoli-Bragantini, ovviamente Flebuccio de Bortoli e il "Corriere della Sera" si sono limitati a fare da notai.

Eppure al presidente di Sorveglianza di Banca Intesa e ai lettori del quotidiano di via Solferino andrebbe ricordato che nel lontano 1982 Abramo Bazoli fu chiamato a salvare il Banco Ambrosiano dal crack Calvi e il "Corriere della Sera" - finito nelle mani delle P2 -, dal suo amico di "corrente" Dc (la sinistra di Base), Beniamino Andreatta.

E che per imporre quella scelta (nomina bancaria dell'avvocato Bazoli), Andreatta, Giovanni Marcora e la segreteria Dc, guidata allora da Ciriaco De Mita, dovettero affrontare la durissima ostilità del Vaticano (che voleva insabbiare lo scandalo Ior), del Psi di Bettino Craxi e di buona parte della diccì schierata con Giulio Andreotti.

Un braccio di ferro che solo Beniamino Andreatta scontò pesantemente con l'esclusione da incarichi ministeriali per oltre tre lustri per un veto vendicativo del Vaticano.
Ma, forse, in queste lunga stagione degli inganni e delle mezze ammissioni, affermare la verità resta, secondo il pensiero di George Orwell, ancora un "atto rivoluzionario".

Ma una domanda sorge spontanea: perché Abramo Bazoli, nume tutelare di se stesso, sente il bisogno in pochi giorni di scrivere due volte ai giornali, qualche giorno fa al Fatto e poi al Corriere, firmandosi come un bancario qualunque in cerca di visibilità e non invece facendo trapelare le sue illuminate volontà a mezzo di "retroscena", analisi molto ispirate o semplici veline del suo ufficio stampa, come ha sempre fatto sinora?

Gli uscieri di banca intesa si sono interrogati per l'intero weekend e hanno messo insieme i seguenti pezzi:

1- Abramo, che pure e' stato il grande ispiratore dell'Ulivo prodiano seguendo la linea di Andreatta e dunque il riferimento bancario assoluto della sinistra cattolica (tanto assoluto e nobile da lasciare liberi gli alleati ex Pci a dilettarsi con il Monte dei Paschi sino a rischiare di distruggerlo), sente che le sabbie mobili avanzano anche nel caso sia l'allegra brigata di Pd e soci a vincere le elezioni e mette le mani avanti conoscendo i suoi polli.

2- Non sia mai poi che qualche esponente del governo tecnico, tipo Passera, ex Ad di Banca Intesa, voglia immischiarsi, anche se ripete di non essere un politico ma smania molto per diventarlo?

3- E tutto questo poi per sostituire o confermare il professorino Beltratti? La guerra nucleare preventiva solo per questo non e' credibile, avvisano gli uscieri più navigati.

4- Nel mezzo al Prof Abramo scappa una notizia, o quantomeno una profezia: c'e una "possibile fase critica" dei mercati in arrivo. Allora, meglio chiudere i giochi prima.

5- E se invece il Prof, che di suo e' il contrario della eterea icona mediatica che gli e' stata costruita intorno, si e' semplicemente stancato di stare dietro le quinte e reclama, all'alba dei suoi ruggenti Ottanta, la sua brava "visibilità"? In tal caso, la controprova e' semplice: se entro qualche settimana lo vedremo con un'intervista sulle pagine del ‘'Financial Times'', come l'ex gemello Cesare Geronzi, allora sapremo per certo che il motivo vero delle sue lettere ai giornali e' solo quest'ultimo. E, come gia' avvenuto al gemello romano, la frittata sarà definitivamente fatta: sopra il cielo dei bancari non ci sara' più nessuno.

2- LETTERA DI BAZOLI AL CORRIERE: RINNOVI DEI VERTICI SENZA INTERFERENZE POLITICHE
Caro Direttore,
vorrei riferirmi alle considerazioni espresse da Salvatore Bragantini nell'articolo «Nelle nomine del consiglio di gestione Banca Intesa eviti logiche politiche».
Il richiamo di Bragantini e il suo monito a evitare che la politica intervenga, in qualsiasi forma, nel rinnovo degli organi di un'impresa quotata e operante sui mercati internazionali è totalmente da condividere, ma su questo punto lo posso tranquillizzare appieno, perché Intesa Sanpaolo, come ho più volte avuto occasione di affermare, è una grande banca non soggetta ad alcuna influenza o interferenza del potere politico.

Nelle dichiarazioni a cui Bragantini fa riferimento io ho sostenuto che potrebbe essere opportuno convocare un'apposita assemblea per il rinnovo degli organi sociali in anticipo rispetto a quella di bilancio, normalmente prevista a fine aprile. Ciò al fine - dicevo - di evitare che il rinnovo degli organi venga a coincidere con la delicata congiuntura politica che l'Italia attraverserà nella prossima primavera per le scadenze elettorali.

Ma - questo è il significato univoco delle mie dichiarazioni - non per il timore che le nomine seguano logiche politiche, bensì per una diversa e chiara ragione: ossia affinché le incertezze del quadro istituzionale italiano, a cui osservatori e analisti associano il possibile rischio di una nuova ondata speculativa contro l'Italia e il suo debito sovrano, siano affrontate dalla nostra banca con gli organi rinnovati e nella pienezza dei loro poteri.

A chi abbia vissuto, in diretta e dall'interno di una grande istituzione finanziaria, momenti come quelli che si sono svolti tra l'agosto del 2011 e il primo semestre di quest'anno, non può sfuggire la cruciale importanza di avere organi di governo insediati e idonei a controllare ogni leva gestionale.

Voglio ripetere a Bragantini che la sua preoccupazione sarebbe fondata e condivisibile se la decisione del rinnovo anticipato fosse suggerita da un collegamento tra scelte elettorali e nomine degli organi. Non è proprio questo il caso. L'ipotesi considerata (che, peraltro è solo un'ipotesi) scaturisce dalla preoccupazione degli azionisti di tutelare al meglio il proprio investimento di fronte ai rischi di una possibile fase critica dei mercati, ma anche dal senso di responsabilità nei confronti dei mercati stessi e di tutti gli stakeholder.

Chiarito ogni possibile dubbio sul significato delle mie dichiarazioni, voglio concludere con l'augurio che il nostro Paese sappia smentire tutte le previsioni più pessimistiche e contrastare le malevoli aspettative della speculazione
Giovanni Bazoli
Presidente del Consiglio di Sorveglianza
di Intesa Sanpaolo

3- BRAGANTINI AL CORRIERE: NELLE NOMINE DEL CONSIGLIO DI GESTIONE BANCA INTESA EVITI LOGICHE POLITICHE
Il governo societario delle grandi imprese è tema chiave per l'Italia, il cui sviluppo è frenato dalla loro scarsezza. Quanto sta accadendo in Banca Intesa San Paolo - nata dalla fusione della banca milanese e di quella torinese - è pertanto da sottolineare, nelle luci e nelle ombre.

Per facilitare la fusione, nel 2006 la banca si dette un governo duale, con due consigli, di sorveglianza e di gestione. Le alchimie localistiche portarono però a un consiglio di gestione ove il solo gestore era il consigliere delegato, affiancato da professionisti esterni.

Si perdeva così la ragione stessa dell'organo: il beneficio di decisioni di gestione prese non nella messa cantata dei consigli di amministrazione tradizionali, ma nella dialettica, anche vivace, fra chi alla gestione partecipa. Ora pare che nell'organo di gestione entrerà una maggioranza di alti dirigenti; la critica suddetta verrebbe così a cadere.

Auguriamoci che si tratti davvero dei massimi dirigenti «di linea» della banca, non di consulenti interni allo staff del consigliere delegato. Altrimenti la dialettica peggiorerebbe invece di migliorare. Intesa ama presentarsi come «banca di sistema», definizione che le ha attirato l'accusa di volersi dare finalità sociopolitiche, estranee alle imprese quotate.

Ora l'imminente rinnovo dei vertici della banca, originariamente previsto per il prossimo aprile, minaccia di rinfocolare tali critiche. Il rinnovo sta creando infatti un clima che ricorda più le dinamiche politiche e le stagioni delle «nomine» che quelle di una grande impresa. Il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, ha detto che probabilmente l'assemblea per il rinnovo dei vertici sarà anticipata, essendo meglio «evitare la sovrapposizione con l'assemblea di bilancio che si tiene a fine aprile e le scadenze politiche».

«Pensate cosa significa fine aprile in Italia dal punto di vista politico. Se ci fosse un intasamento di queste date non sarebbe la cosa migliore». Bazoli è persona seria e stimabile, ma è difficile immaginare dichiarazioni simili in qualsiasi grande impresa in una democrazia liberale. Altra cosa sono i grandi kombinat in Cina o in Russia. In una vignetta di Altan, «Antò, u piccirullu tiene fame» dice la moglie al marito muratore, che risponde «Aspettiamo il congresso della Dc».

 

 


 

FERRUCCIO DE BORTOLI SALVATORE BRAGANTINI CONSULENTE BORSA GIOVANNI BAZOLI Beniamino Andreatta Craxi e Andreotti in aereoANDREOTTI E CRAXIBazoli e PasseraPassera e BazoliANDREA BELTRATTI INTESA SANPAOLO Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi MArio Draghi Corrado Faissola Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…