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APOCALISSE PD - RENZI VUOLE FAR FUORI MARTINA E SOSTITUIRLO CON BONACCINI O SCALFAROTTO, IL MOSCIO REGGENTE PENSA DI CHIEDERE LA FIDUCIA IN DIREZIONE: COSÌ IL PARTITO PUÒ DEFINITIVAMENTE SPACCARSI - IL DUCETTO REDIVIVO È CONVINTO DI AVERE I NUMERI (''HO GIA' VINTO'') SI SCAMBIA SMS CON SALVINI E DIALOGA COL BANANA: LEGA E M5S SI SFALDERANNO APPENA SI PARLERA' DI RIFORME - ECCO QUANTI SONO I RENZIANI IN PARLAMENTO
1. L' EX PREMIER: TANTO HO GIÀ VINTO GLI SMS CON IL CAPO DELLA LEGA
Monica Guerzoni per il ''Corriere della Sera''
L' assalto dei dem avversari, che lo accusano di voler distruggere il Pd e chiedono di azzerare tutto, non gli farà cambiare idea. Matteo Renzi è sempre più convinto di aver fatto bene a strappare la tela del dialogo ed è pronto ad affrontarne le conseguenze.
Giovedì in direzione la resa dei conti sarà inevitabile, perché in gioco c' è la natura stessa del partito, la collocazione sullo scacchiere della politica e la scelta del nuovo segretario.
Una posta così alta da mettere a rischio la sopravvivenza del partito. «Dobbiamo stare molto attenti perché la corda può spezzarsi», è il timore che il reggente Maurizio Martina ha confidato ai collaboratori.
Se l' ex premier ha giocato d' azzardo, tornando in tv e ribaltando il tavolo, è perché aveva colto lo sbandamento dei suoi parlamentari e amministratori locali e temeva che le sirene del governo col M5S avrebbero finito per attrarre anche i renziani. Ha scelto la linea dura e, facendo vedere che il capo c' è, ha rimesso sull' attenti le truppe. Ieri sprizzava soddisfazione per la sua performance, convinto di aver parlato in sintonia con la base: «Avete visto come sono stato bravo da Fazio? Lui aveva il 14% di share e con me ha fatto il 22,5».
Renzi ha portato sconquasso non solo tra i partiti, ma anche tra i dirigenti del Pd, gran parte dei quali lo davano ormai per archiviato e adesso si domandano, con diverso grado di angoscia, cosa mai intenda farci con la ritrovata leadership. Giorni fa non lo sapeva neanche lui ma adesso lo schema gli appare più chiaro e ruota attorno alla suggestione di quel governo tecnico o istituzionale caldeggiato, ad esempio, dai socialisti del senatore Riccardo Nencini.
Un governo che lavori sulle riforme costituzionali, senza imbarazzi a ragionare di doppio turno e semipresidenzialismo. Renzi ne avrebbe parlato non solo con gli emissari di Berlusconi, ma anche con Salvini. Nei dintorni del giglio magico raccontano che i due «Matteo» si stanno sentendo spesso e scambiando messaggini, Renzi infatti è stato bene attento a non attaccare in tv il leader della Lega. Le sue bordate sono state tutte per Di Maio.
E la riprova che restituire al popolo dem l' orgoglio di appartenenza sia la strada giusta Renzi l' ha avuta nel pomeriggio, quando il tweet di Dario Franceschini - «Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò» - (ritenuto dai renziani «una ammissione di debolezza») è stato inondato di commenti negativi. Chi accusa il ministro di voler ridurre il Pd a «succursale della Casaleggio e associati» e chi ringrazia Renzi per aver «salvato la dignità» degli elettori. Il «capo», lo riconforta la sua gente, è sempre lui. E se nel partito monta la rivolta in vista della direzione, il senatore di Firenze e Scandicci si mostra tranquillo: «Io quella partita l' ho già vinta. Voglio vedere se Martina ha il coraggio di far votare qualcosa».
I suoi hanno fatto di conto e diffondono numeri che lo lasciano dormire sereno. Su 209 membri del parlamentino i renziani doc erano un tempo 117, ma a questi bisogna sottrarre i 20 delegati di Franceschini e Fassino, i 9 di Martina, 2 veltroniani e «cinque cani sciolti», come li definiscono graziosamente i seguaci dell' ex segretario. Gli orlandiani sono 32 e 14 i delegati eletti con Michele Emiliano, ma anche i governisti fanno filtrare ottimismo sul risultato della conta.
La battaglia per cambiare in corsa i rapporti di forza continua in Senato, dove gli amici del già capo del governo contano 35 renziani doc, mentre gli oppositori (che sono una ventina) ne accreditano appena 21, orfiniani compresi. Ma sulla linea di confine ci sono una decina di senatori che entrambi i fronti considerano «terra di conquista» e che potrebbero fare la differenza.
Il solitamente cauto Martina non molla e non intende dimettersi. È fuori di sé per l' iniziativa di Renzi, giudicata irresponsabile dai dialoganti. Lo accusano di aver cambiato di colpo scenario distruggendo, con una scelta solitaria, le già fragili fondamenta del dialogo.
Gli rimproverano di aver indicato a Di Maio la via del voto anticipato seminando sconcerto sul Colle. E adesso? «Basta strappi», tenterà l' ultimo appello Martina, sperando nel sostegno di Gentiloni, Delrio, Guerini, Rosato. E se parla Renzi (che pure ieri invitava i dem ad abbassare i toni) sono guai.
MAURIZIO MARTINA ALLA DIREZIONE DEL PD
2. IL REGGENTE MARTINA CHIEDERÀ LA FIDUCIA ALLA DIREZIONE PD
Estratti dall'articolo di Wanda Marra per 'il Fatto Quotidiano'
Maurizio Martina giovedì chiederà la fiducia alla direzione del Pd.
Probabilmente con un voto. E, dunque, la conta che inizialmente doveva essere sull' accordo tra Pd e Cinque Stelle sarà tutta sul partito. Il giorno dopo l' intervista di Fabio Fazio a Matteo Renzi, il Pd sembra aver subìto un attacco atomico.
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E così, ieri, gli altri (Maurizio Martina, Dario Franceschini, Gianni Cuperlo, Francesco Boccia, ma anche Nicola Zingaretti, Piero Fassino, Andrea Orlando, Michele Emiliano) hanno reagito duramente. "Furibondi" è la parola che usano per definirsi.
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Giovedì, dunque, inizierà un percorso che dovrebbe portare all' estromissione sostanziale di Renzi, oltre che a quella formale. Martina chiederà lì la legittimazione a guidare il Pd. Comunque vada, entro maggio dovrebbe essere convocata l' Assemblea ovvero l' organo che è formalmente deputato a eleggere un nuovo segretario o a dare il via al congresso: finora Renzi ha accuratamente evitato quel passaggio che renderebbe le sue dimissioni del tutto compiute, magari legittimando un successore.
Fonti vicine all' ex segretario raccontano che presumibilmente si indirà il congresso. Si vedrà. Intanto, ieri i fedelissimi dell' ex premier gettavano acqua sul fuoco, continuando a dire che Luigi Di Maio avrebbe chiuso al Pd in ogni modo.
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Nel frattempo, l' ex premier porta avanti il dialogo mai interrotto con Silvio Berlusconi. Dove porterà non è chiaro. Le strade per un governo di minoranza a guida centrodestra sembrano chiuse (per ora). Il sospetto generale anche nel Pd è che voglia farsi il suo partito per prendersi parte dell' eredità di Forza Italia.
3. L' EX LEADER VUOLE LA TESTA DEL REGGENTE BONACCINI O SCALFAROTTO PER LA SEGRETERIA
Dall'articolo di Francesca Schianchi per ''La Stampa''
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Che proseguirà: i renziani chiederanno di riconvocare l' Assemblea nazionale fatta saltare dieci giorni fa, probabilmente per il 20 maggio. Per far fuori Martina, che dopo le dichiarazioni di ieri ha chiarito di non volersi dimettere: bisognerà scegliere se indire le primarie o eleggere un segretario in Assemblea. Tra i renziani girano i nomi del presidente emiliano Stefano Bonaccini o del sottosegretario uscente Ivan Scalfarotto. Ma la partita è appena iniziata.