ARRIVA IL ‘LISTONE REPUBBLICANO’. E CALENDA SI SCANSA PER FAR POSTO A GENTILONI - IL PD SOGNA DI RISORGERE CON LO SPAURACCHIO DEL DEFAULT E DELL’USCITA DALL’EURO: SE SI VA AL VOTO STAVOLTA ALMENO HA UNA PROPOSTA - IL MINISTRO DEL (SUO) SVILUPPO DICE DI NON VOLER SFIDARE IL CONTE PAOLO. ORA DEVONO PLACARE RENZI, CHE TRA DEFINIRSI ‘MEDIANO’ E DARE DEL ‘CIP E CIOP’ È RIPARTITO CON LE SOLITE STR***ATE
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
Il derby fratricida proprio no, giura Carlo Calenda. E quindi, se dovesse fallire anche l' estremo tentativo di far ripartire un governo populista e Carlo Cottarelli traghettasse il Paese verso il voto immediato, il ministro sosterrà Paolo Gentiloni. Non proverà a correre da premier. Anzi, promette che darà una mano a «Paolo». Che lo sosterrà come candidato a Palazzo Chigi nella prossima campagna elettorale.
L' importante è che si metta a capo di un fronte repubblicano, un listone unico che abbia un unico programma: tenere assieme tutte le persone che pensano che non sia giusto lasciare l' Europa e uscire dall' euro.
C' è una rete di protezione che vigila sul salto di Gentiloni verso la guida del grande rassemblement repubblicano ed europeista. Dario Franceschini ci lavora da sei mesi.
Marco Minniti continua il suo dialogo con il premier. Per Maurizio Martina è una sponda vitale. Anche i padri nobili fanno il tifo per il capo del governo, così come i renziani moderati. E adesso Calenda.
Certo, deve convincersi anche Matteo Renzi. « Il candidato premier? Gentiloni, Calenda, Minniti, Delrio - si mantiene un po' vago a " Otto e mezzo" - c' è un sacco di bella gente nel Pd. L' importante è che non gli facciano quello che hanno fatto a me, che tutti sostengano chi sarà scelto». E d' altra parte l' ex premier, intervenendo a " Circo Massimo", si sfila dalla corsa per ritagliarsi il ruolo di « mediano » . Di peso, però. Perché tra i dem continua a orientare le decisioni.
L' ex segretario, ad esempio, è convinto che non basta un caminetto di ministri per lanciare Gentiloni nell' arena. Preferirebbe le primarie. Qualche volta considera il premier uscente un po' timido, forse eccessivamente rassicurante. E se invece servisse un pitbull da campagna elettorale permanente?
E se invece servisse Calenda?
Calenda risponde che ci sarà, darà una mano, si batterà in tv, sui social, tweet dopo tweet, intervista dopo intervista. Ma mai contro Gentiloni. Al suo fianco, semmai.
Considera l' attuale premier dimissionario - e non da oggi - il miglior candidato possibile. L' importante, e questo è l' unico paletto politico che pone ai democratici, è che il capo del governo guidi il listone repubblicano. Che lasci perdere, insomma, la tentazione di rifare un grande Ulivo, con il Pd e quattro listarelle alleate. Solo in quel caso il ministro si sfilerebbe dalla contesa, dedicandosi ad altro.
E però a sera la cronaca riserva l' ennesimo colpo di scena. Per un giorno intero, infatti, i dem discutono dell' atteggiamento da tenere di fronte al voto di fiducia al governo di Carlo Cottarelli. Stabiliscono di astenersi. «È la scelta migliore», sostiene Lorenzo Guerini. Poi, improvvisamente, si riapre l' ipotesi di un governo gialloverde. E tutto si rimette in moto.
Per Renzi, è il risultato della stretta del Pd a favore delle elezioni. « Salvini e Di Maio hanno paura di tornare alle urne » . Crede che il fronte repubblicano sia lanciatissimo, efficace, potenzialmente in grado di superare il 30% e «dare la carte». E picchia durissimo sui due leader del murales del bacio: « Cip e Ciop - li chiama così - dimostrano solo la loro cialtroneria. Protagonisti di una commedia dell' assurdo. Pensate a Di Maio, che prima sostiene Mattarella, poi ne chiede l' impeachment, poi ritorna indietro: passano dal colpo di Stato al colpo di sole. Anzi, dalla Casaleggio associati alla Casaleggio dissociati».
La strada obbligata è quella del listone repubblicano, insomma.
Senza Forza Italia, promette Renzi. Ma con un fronte ampio. Con Liberi e Uguali? L' ex segretario preferisce non sbilanciarsi e nutre parecchi dubbi al riguardo, anche se al Senato si intrattiene a lungo con Vasco Errani. E comunque da Pierluigi Bersani arrivano segnali non distensivi. « Non mi si presenti l' union sacrée, il fronte della sopravvivenza - dice - Si deve fare un' operazione larga, ma che abbia dentro un senso e cioè chiunque si sente di sinistra, radicale, moderato, civico, ambientalista». Prima, però, c' è da capire se e quando davvero si tornerà alle urne.