AVVISATE RENZI CHE L’80% DI DEPUTATI PD VUOLE ARRIVARE ALLA FINE DELLA LEGISLATURA, 2018 - L’EX PREMIER PREME PER IL VOTO A GIUGNO: “L’ALTERNATIVA E’ ANDARE ALLE URNE A FEBBRAIO 2018 MA AVREMO DUE ROGNE GRANDI COSI’” (IL REFERENDUM SUL JOBS ACT E LA CAMPAGNA CONTRO I PARLAMENTARI SUL VITALIZIO) - RENZIPINOCCHIO: “MOLLARE TUTTO? NON POSSO” - UN LIBRO DI MEMORIE CON FELTRINELLI
Goffredo De Marchis per la Repubblica
Che il clima «non sia dei migliori» si avverte anche a Pontassieve dove Matteo Renzi fa davvero l’autista ai figli e riscopre «finalmente, dopo tre anni di scorta» il destino dei cittadini normali, «fare una coda di mezz’ora in macchina sulla circonvallazione ». Ha sentito un paio di deputati amici e si è fatto raccontare come è andata la giornata della fiducia al governo Gentiloni.
L’aula semivuota, il ritorno dei giochi di corrente dentro il Pd, l’attivismo di qualche ministro per metterlo all’angolo, i commenti critici sulla conferma di Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Angelino Alfano.
Questo il resoconto, via telefono, da Montecitorio. «Ma il problema non sono loro - dice Renzi -. La Boschi ora sparisce: niente interviste, niente televisione. Il problema è la durata del governo. O si vota a giugno o si vota a febbraio del 2018. Io non spingo per una soluzione preordinata».
In realtà, il lontanissimo febbraio 2018, nell’epoca della velocità, dei social, del ministro Fedeli già messo alla berlina sul web, è un incubo. Chi punta alla rivincita, chi spera di non lasciare il campo aperto ai 5 stelle, non ha tutto questo tempo. «Se non votiamo a giugno, avremo due rogne grandi così», ragiona il segretario dem.
Si scatenerà una campagna furibonda sui parlamentari attaccati alla poltrona per prendere il vitalizio che scatta a settembre. Campagna impossibile da arginare. L’altra rogna è lo svolgimento del referendum sul Jobs act, che può diventare il secondo tempo del voto sulla riforma costituzionale. Altro che rivincita. È un uno-due che nessuno, secondo l’ex premier, ha la forza di assorbire, nemmeno il migliore degli incassatori.
Dalla Camera però le notizie non sono buone. I deputati-amici gli comunicano le ultime percentuali di dem favorevoli ad arrivare alla fine della legislatura: l’80 per cento del gruppo. Un numero capace di far saltare il piano sul voto al più presto.
Gli stessi deputati, con preoccupazione, chiedono a Renzi se sia vero che, nel caso saltino le elezioni a giugno, lui mediti di «mollare tutto». La risposta di Renzi è interlocutoria: «Ho offerte di ogni genere. È abbastanza normale dopo tre anni passati a Palazzo Chigi. Anche economicamente sono interessanti, ovvio. Da un lato quindi mi sembra naturale pensare: ma cavolo, c’è gente che mi fa la corte e mi offre un buon lavoro e dall’altro lato la politica, i commentatori e i giornali non mi riconoscono niente. Poi penso: ho la responsabilità di tanta gente che crede nel Pd e mollo tutto non lo posso dire».
Sta scrivendo un libro e cambierà editore, questo verrà pubblicato con Feltrinelli. Sta coi figli, domenica tornerà a Roma per l’assemblea nazionale del Pd. Ma non ha smaltito il referendum e l’amarezza del dopo. «Continuano ad attaccare me anche adesso che sono in mezzo alle colline. Non lo capisco. Nessuno ricorda cosa abbiamo fatto in mille giorni, robe mai fatte in dieci anni. E non c’è uno che mi renda almeno l’onore delle armi ».
Di mezzo, in verità, c’è il referendum, «la botta» fortissima presa da Renzi il 4 dicembre. Ma il segretario del Pd pensa che la base per ripartire esiste. Sta proprio nel risultato referendario. «Il Pd di Renzi nei sondaggi - dicono i fedelissimi - sfiora ancora il 31 per cento. Nel 40 per cento del Sì almeno il 33 per cento è nostro. Mentre nel 60 per cento del No quanto è di Grillo? Il 25 per cento, non di più». Non la pensano allo stesso modo nel Partito democratico. Ed è un’opinione diffusa. La scelta del governo fotocopia, la resistenza del Giglio magico fa perdere migliaia di voti.
Lo ripetono in tanti. Renzi confida agli amici-deputati che «certo, lo so, il clima, quando è stato presentato il nostro governo, era migliore. Ma capisco: con il ritorno del proporzionale rivive l’inciucio, le correnti, i capicorrente, tutto quello che volevamo evitare prende forma». Per questo il segretario ha segnato una data sul calendario, domenica 11 giugno. La data del voto anticipato.
RENZI 22abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzigentiloni boschiboschi gentiloni e renzi