azzollini

‘AZZ, ABBIAMO SALVATO IL SOLDATO AZZOLLINI – DOPO IL VOTO, I SENATORI DEM PASSANO VICINO AL COLLEGA ALFANIANO E ABBASSANO LO SGUARDO – LUI FA IL MODESTO: “IN BALLO LA TENUTA DEL GOVERNO? MA NO…UN CONTADINO COME ME, UN AVVOCATO DI PROVINCIA…”

Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera

 

Il Senatore Antonio Azzollini xIl Senatore Antonio Azzollini x

Piange? No, non piange. Quelle che gli scivolano sulle guance lisce sono gocce di sudore. Suda. Cammina e suda e scuote la testa: una specie di tic momentaneo, minime scosse di stupore e felicità (per qualche metro, nel gran silenzio del Salone Garibaldi, i cronisti non osano rivolgergli mezza domanda). 


La cravatta l’ha allentata quando il presidente Pietro Grasso ha invitato i senatori a votare. 
Un’operazione che dura meno di venti secondi. 
Ma in quei venti secondi devi comunque provare a respirare. Solo che il fiato è andato via ad Antonio Azzollini quando ha visto i suoi colleghi nell’emiciclo drizzare il dito indice per procedere al voto elettronico e ha fatto in tempo, in un lampo, ad immaginarsi nella sua casa di Molfetta, agli arresti domiciliari. 


Invece la scampa, lo salvano: respinta con 189 no, 96 sì e 17 astenuti la proposta della Giunta delle immunità che era favorevole alla richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Trani (lo accusano di «associazione a delinquere e induzione indebita a dare o promettere utilità»: insomma sono sicuri che abbia messo in piedi una «gestione parallela e occulta» della Congregazione della Divina Provvidenza). 

Il Senatore Antonio Azzollini Il Senatore Antonio Azzollini


Adesso il tic è sparito. 
Adesso il senatore Azzollini cammina più lentamente, mette su qualcosa di simile a un sorriso. Stiamo andando in corteo — cronisti e cameraman, portaborse e commessi — verso il suo ufficio di ex presidente della commissione Bilancio e quasi tutti quelli che incrociamo lo salutano come si saluta uno che ha appena scansato un Freccia Rossa in piena corsa. 


Maurizio Gasparri (FI) gli molla una schiaffetto affettuoso. Renato Schifani, che più di tutti dentro il suo partito, Area popolare (Ncd-Udc), s’è battuto per questa conclusione, allarga le braccia: abbiamo fatto un capolavoro, va. 

Il Senatore Antonio Azzollini Il Senatore Antonio Azzollini


Però la senatrice Barbara Lezzi del M5S, con occhi di tigre, continua a urlare: «Siete quelli di Mafia Capitale! Vi aiutate! Vi evitate il carcere!» (poco fa, in Aula, s’è scatenata anche la senatrice Paola Taverna, oggi vestita come di solito ci si veste per un aperitivo in spiaggia: «A zozzoniiiii!»). 


Molti senatori del Pd calano lo sguardo. L’aiuto ad Azzollini è stato fornito in massa. Partito spaccato. Felice Casson, della cosiddetta minoranza, che ha votato a favore dell’arresto: «Abbiamo rifatto il processo in Aula, un errore. Il compito dei senatori era solo uno: stabilire se ci fosse o meno fumus persecutionis da parte dei magistrati pugliesi. E non c’era, non c’è». Corradino Mineo, cèreo, annuisce. 


«Ma davvero volete seguirmi in ufficio?» (piano piano Azzollini sta riguadagnando persino un filo di buon umore). 


La senatrice Mariarosaria Rossi non lo degna di uno sguardo. La ancora potente «badante» di Palazzo Grazioli ha altro per la testa: poco prima che iniziassero le operazioni di voto, Denis Verdini — nel corso di una conferenza stampa piuttosto movimentata — ha annunciato la costituzione di un nuovo gruppo; poi c’è il leggendario Domenico Scilipoti che fa la faccina complice: «Senatrice, dovrei dirti una cosa...»; quindi si avvicina — un po’ piacione — Massimo Cassano, della Lega: «Posso invitarti a fare un weekendino giù in Puglia? Rosà, guarda che stiamo bene...». 

felice cassonfelice casson


Palazzo Madama certi giorni è proprio un bel circo, ma non puoi distrarti un attimo: bisogna per forza stare dietro al personaggio principale ed ecco che, dopo aver attraversato corridoi magnificamente illuminati anche a mezzogiorno (siamo in piena spending review, no?), finalmente il senatore Azzollini si ferma. 
«Forza, cosa volete sapere?». 
Un giovane cronista di Repubblica lo guarda e, con notevole prontezza, gli fa: «Lo sa che lei qui al Senato ha quasi più voti di Renzi?». 


Lui bofonchia qualcosa, imbarazzato. Poi sospira. «Altre domande?». 
Il punto politico è questo: lei è stato salvato dal Pd. 
«Nel Pd è stata lasciata, come a me pare doveroso, libertà di coscienza». 
Però il presidente del partito, Matteo Orfini, aveva giurato sarebbe accaduto l’esatto contrario. 

paola tavernapaola taverna


«È successo che, dopo qualche giorno di gogna mediatica, i senatori hanno avuto modo di leggere le carte... e hanno capito che qui dentro non c’è niente, ma niente di niente...» (e da un colpetto alla cartella con dentro le 560 pagine dell’ordinanza, che tiene in braccio). 


Girano altre versioni. 
«Tipo?». 
Tipo che era in ballo la tenuta del governo. 
«E un contadino come me, un avvocato di provincia come il sottoscritto può determinare una cosa tanto grande?». 
Per dieci anni ha presieduto la commissione Bilancio, luogo delicato e pieno di misteri. 
«Ma guardi che io non conosco alcun segreto...» (a questo punto gli squilla il cellulare: «Eh, sono i miei amici pugliesi che vogliono congratularsi...»). 

MARIA ROSARIA ROSSI MARIA ROSARIA ROSSI


Senta, un’altra cosa: davvero lei non ha mai detto quella terribile frase — «Qua comando io adesso, se no vi pi... in bocca» — alle suorine del consiglio generalizio? 
«Mai nemmeno pensata, in vita mia, una frase così!». 


Un’ultima domanda: quando qui al Senato giunsero richieste d’arresto per altri suoi colleghi, lei come votò? 
«Non posso risponderle: il voto è segreto». 
È basso, esausto, stretto in un abito grigio da grande magazzino. E pensare che da giovane, quand’era comunista, a Molfetta girava con uno chicchissimo montgomery rosso fuoco. 

renato schifanirenato schifani

 

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