BANANA PANIC - SILVIO TEME L’ARRESTO, IL “RUBY TER”, E LA FUGA DI ALTRI FEDELISSIMI VERSO ALFANO. LONGO E GHEDINI LO PLACANO

Ugo Magri per "La Stampa"

Ieri a un certo punto Berlusconi davvero ha temuto che i carabinieri fossero lì per arrestarlo. Magari non proprio subito, ma nel giro di qualche giorno, quello sì che nella sua mente sarebbe potuto accadere... «Intorno a me il cerchio si stringe», è stato il suo sfogo teatrale al telefono con una deputatessa verso l'ora di pranzo, «me lo confermano pure i miei avvocati». Una piccola bugia, perché in realtà Ghedini e Longo mai gli hanno detto una cosa del genere. Anzi, proprio loro nel pomeriggio sono corsi ad Arcore per restituirgli un filo di speranza (sebbene la prognosi del Cavaliere resti riservatissima).

Nel corso di una riunione interminabile frazionata dalle solite telefonate, Ghedini e Longo gli hanno spiegato che la sentenza «Ruby bis», dove Silvio e gli stessi legali sono accusati di avere inquinato le prove, cade in un equivoco «facilmente dimostrabile»: è vero che numerose testimoni sono tuttora stipendiate con 2500 euro mensili, però i rubinetti si sono aperti un anno e passa dopo quella famosa riunione ad Arcore cui furono convocate le «olgettine». Ci sarebbero le ricevute dei bonifici, con tanto di data.

La Procura sapeva per filo e per segno, e dunque non obiettò mai a ragion veduta. Perfino l'altro Tribunale, quello che ha condannato Silvio a 7 anni per prostituzione minorile e concussione, surclassando in severità le richieste della terribile Boccassini, non ha ritenuto di innescare un'indagine per corruzione in atti giudiziari (né i pm hanno sollecitato la trasmissione degli atti).

«Ciò significa che sono fuori tiro?», ha domandato il Cav, abbastanza poco convinto. Gli hanno risposto che con questa magistratura non si può mai mettere la mano sul fuoco eccetera; però, insomma, teoricamente la Procura potrebbe archiviare il caso. E comunque, almeno per il momento, non dovrebbe succedere niente. L'apocalisse può attendere.

Chi non ha voluto aspettare, invece, è Galliani. Nel giro berlusconiano c'è molta ipocrisia sul suo brusco annuncio di dimissioni: frasi di circostanza tipo «Berlusconi poveretto mai avrebbe voluto», «per lui Adriano è come un fratello», «ma come faceva a dire di no alla figlia Barbara, che reclama la sua fetta di impero?».

Dall'azienda di famiglia giunge voce che né Marina né Piersilvio siano particolarmente entusiasti di come Barbara, la sorellastra, abbia forzato la mano del genitore, loro mai si sarebbero mossi così... Congedati i legali, e con un animo come si è detto meno abbacchiato rispetto alla mattina, bonariamente Berlusconi ha invitato a cena Galliani per salvare quantomeno le forme e possibilmente risparmiare qualche spicciolo sulla buonuscita milionaria.

Ma quello che si dice nel suo mondo è abbastanza crudele. Primo: se perfino Galliani viene messo alla porta senza troppe cerimonie, figuriamoci come verranno trattati gli altri casomai dovessero rappresentare un ostacolo. Dunque chi della «vieux garde» non è ancora corso a ingrossare le fila di Alfano non perda un minuto di più. Secondo: se salta il tappo, e perfino i fedelissimi come Galliani si sentono traditi, dal vaso di Pandora del berlusconismo può uscire la qualunque. Prepariamoci a un fiorire di memoriali, e aneddoti, e ricordi da chi meno te l'aspetteresti. Forse addirittura da qualche ospite delle feste eleganti che si svolgevano ad Arcore, e adesso si sente abbandonato.

 

 

Berlusconi e Ghedini LONGO E GHEDINI big RUBY IN DISCOTECA berlusconi-boccassini-stretta-di-manoADRIANO GALLIANI

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