silvio berlusconi antonio tajani manfred weber giorgia meloni

“MI HANNO TAGLIATO FUORI” – SILVIO BERLUSCONI STA INIZIANDO FINALMENTE A CAPIRE CHE NON CONTA PIÙ UN CAZZO: L’ENNESIMA PROVA? L’INCONTRO DI IERI TRA GIORGIA MELONI E MANFRED WEBER, IL PRESIDENTE DEL PPE. LA DUCETTA E IL TEDESCO LAVORANO A UN’ALLEANZA TRA I POPOLARI E I CONSERVATORI E I RIFORMISTI, IN VISTA DELLE EUROPEE DEL 2024. FORZA ITALIA È SEMPRE PIÙ RESIDUALE IN EUROPA, E IL CAV È CONVINTO CHE TAJANI ORMAI L’ABBIA ABBADONATO: “ORMAI È PIÙ MELONIANO DEI MELONIANI”. POI RICICCIA LA PROPOSTA DEL PARTITO UNICO REPUBBLICANO, CHE “DONNA GIORGIA” HA GIÀ RISPEDITO AL MITTENTE…

MANFRED WEBER INCONTRA GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI - 11 NOVEMBRE 2022

1. BERLUSCONI, PARTITO REPUBBLICANO DEVE ESSERE IL PROSSIMO PASSO

(ANSA) - "L'idea di un Partito Repubblicano come quello negli Stati Uniti è il mio sogno dal 1994. E' un contenitore nel quale il centro liberale, cristiano, garantista e la destra democratica possono stare insieme, con pari dignità e con un progetto comune.

 

Quando sono sceso in campo per fondare il centro-destra e creare così il bipolarismo in Italia pensavo - e lo penso anche oggi - che questo sia il prossimo passo per un assetto bipolare in Parlamento, un assetto che rappresenta il sistema migliore per una vera democrazia.

 

licia ronzulli silvio berlusconi

Non per caso è il sistema politico forte e consolidato che esiste negli Stati Uniti. Non sarà per domani, forse, ma l'unità del centro destra in Italia è scritta nella mente e nel cuore di molti italiani, prima che negli accordi fra i partiti. Comunque, anche senza un Partito Repubblicano, con la coalizione attuale del centro-destra, fra un mese, vinceremo le elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio. Ne sono sicuro". Lo afferma il leader di Fi Silvio Berlusconi in un' intervista al Tg4 rispondendo alla domanda se il presidenzialismo possa dare una spinta all'idea di un partito repubblicano del centrodestra.

 

2. MELONI E L'OPA SUL PPE

Ilario Lombardo per “La Stampa”

GIORGIA MELONI ANTONIO TAJANI

 

È l'ora di pranzo quando Silvio Berlusconi fa sapere di aver avuto una telefonata con Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo. «Mi ha fatto piacere sentire da lui l'importanza che viene attribuita a Forza Italia nel Ppe e in Europa». Nessuno ancora sa che c'è un motivo ben preciso dietro questa dichiarazione. Lo si capirà poco meno di un'ora dopo quando Weber entrerà a Palazzo Chigi, per un colloquio con la premier Giorgia Meloni. Un incontro che viene tenuto riservato fino all'ultimo. La comunicazione tace, consapevole anche della rilevanza politica di questo faccia a faccia per i possibili contraccolpi all'interno della coalizione di centrodestra.

MANFRED WEBER A PALAZZO CHIGI PER INCONTRARE GIORGIA MELONI

 

È la seconda volta che Meloni e Weber si incontrano. A Palazzo Chigi il tedesco vede anche Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri, coordinatore di Fi, e autore assieme al ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, di Fratelli d'Italia, dell'operazione che punta a consolidare l'alleanza tra Conservatori e Popolari in Europa. È il progetto a cui lavora Meloni in vista delle Europee, per sganciare il Ppe dal tradizionale asse con i socialisti a Bruxelles.

 

MORAWIECKI MELONI

La premier parla da presidente del gruppo Ecr, ma anche da leader di un partito in crescita che sogna di arrivare al 35-36% alle Europee del 2024. Quello è l'orizzonte di Meloni anche per fare i conti in casa e capire se FI sarà liquidata dalla storia. La fondatrice di FdI ha già rigettato il progetto del partito unico conservatore rilanciato tre giorni fa da Berlusconi sul modello dei Repubblicani americani. È un formato che non le interessa e che considera inutile dal punto di vista politico.

 

antonio tajani roberta metsola

In realtà per Berlusconi, a detta dei suoi fedelissimi, è più che altro un'azione di «disturbo», che serve a testare le intenzioni della premier. Il leader azzurro si sente «tagliato fuori», reso marginale dal consenso in calo, preoccupato di non controllare i suoi uomini. Continua a guardare con sospetto Tajani e il suo attivismo: «Ormai - ripete - è più meloniano dei meloniani».

 

Il ministro degli Esteri sta facendo pesare una rete di relazioni costruita in anni di vita politica a Bruxelles. La sua principale alleata è Roberta Metsola, presidente dell'Europarlamento, ma anche i popolari spagnoli e i greci.

 

ANTONIO TAJANI LICIA RONZULLI ALESSANDRO CATTANEO SILVIO BERLUSCONI AL QUIRINALE PER LE CONSULTAZIONI

Spostare a destra l'Europa è l'imperativo di Meloni per le prossime elezioni. Secondo la premier i tempi sono maturi. L'avanzata della destra sovranista fa sperare in numeri più favorevoli, anche se gli equilibri non sono semplici, perché dipendono dai rapporti di forza interni ai singoli Paesi.

 

In Polonia, per esempio, potrebbero sfidarsi Mateusz Morawiecki, che fa parte del gruppo europeo di Meloni, e Donald Tusk che invece è un nome di punta del Ppe. Allo stesso modo in Italia tutto dipenderà dal destino del centrodestra, da una sfida che potrebbe rivelarsi fratricida e segnare la fine di quell'esperimento immaginato nel 1994 da Berlusconi.

 

piantedosi salvini meloni tajani

Il vecchio patriarca di Arcore non si rassegna a uscire di scena e ha in testa di lasciare un'ultima eredità politica da protagonista. A detta della sua cerchia più stretta il vero obiettivo non è il partito unico ma una federazione tra Fi e Lega che passerà da una lista in comune per le Europee e che, nei piani, dovrebbe servire a contenere l'ascesa straripante di Meloni.

 

C'è un'immagine che tra i berlusconiani doc circola molto in queste ore. Quella di Berlusconi che sale sul predellino a Milano e annuncia la nascita del Pdl, figlio della fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale. E' un'immagine che ritorna alla mente di molti dirigenti azzurri non tanto per la possibile riedizione di quella svolta del novembre 2007, con un partito che assomma forze diverse, ma perché oggi, dicono, quella svolta potrebbe farla Meloni.

 

giorgia meloni roberta metsola 5

Sta a lei decidere. Se forzare o meno il processo di cooptazione e capitalizzare le macerie del berlusconismo. Meloni non pensa a un partito unico come lo immagina Berlusconi, ma non esclude un restyling di FdI prima delle Europee, se il consenso sarà consolidato e sarà inversamente proporzionale a quello degli azzurri.

 

La maturazione della sovranista che urlava dai palchi contro l'euro e contro l'Europa padrona, in una leader conservatrice più moderata che accetta i consigli di Bruxelles, potrebbe passare dal ritocco del simbolo e del nome, anche per affrancarsi dalla sua stessa storia. «Un partito più conservatore e meno sovranista», è lo slogan con cui viene sintetizzato il lavoro in corso. Un traguardo che necessita di alleanze e di relazioni. Anche per questo si lavora a un bilaterale con il premier polacco a Roma ed entro la primavera a un viaggio a Londra, dal primo ministro inglese Rishi Sunak, guida dei Tories, il modello a cui ora guarda Meloni.

ROBERTA METSOLA GIORGIA MELONI

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