BERLUSCONI UCCELLATTO SU TORTORA - LA FIGLIA DI ENZO: “MIO PADRE SI È DIFESO NEI PROCESSI NON DAI PROCESSI”

1 - SILVIA TORTORA: I MASCALZONI NON DEVONO CITARLO, LO LASCINO IN PACE
Enrico Bellavia per "la Repubblica"

«C'è una distanza siderale tra la vicenda di Enzo Tortora e quella di Silvio Berlusconi, trovo tutto questo sconcertante, ingiusto e offensivo. Lo trovo blasfemo ». Silvia Tortora ripercorre la storia di suo padre e non trova un'analogia possibile con il capo del Pdl che in piazza a Brescia evoca suo padre per l'ennesima arringa contro la magistratura.

Tortora, simbolo dell'ingiustizia patita, diventa un'icona comoda, è questo che la offende?
«È la mancanza di memoria: Enzo si è difeso nel processo e non dal processo. Si dimise da parlamentare e andò ai domiciliari. E quando gli chiesero "perché lo fai?", rispose: perché sono un italiano e sto al fianco della gente come me. È banale e volgare accostarsi a lui. Berlusconi è un'altra storia».

Eppure in questi 25 anni il suo nome è stato evocato migliaia di volte...
«Enzo era una persona perbene, non era innocente, era estraneo alle accuse per le quali patì il carcere: i mascalzoni non dovrebbero citarlo perché gli si ritorce contro».

Suo padre rimane comunque l'emblema dell'errore giudiziario, non è così?
«Lo è per gli ultimi, per gli invisibili, per i tanti senza voce: la sua storia dimostra che può capitare che una persona perbene si ritrovi in una situazione come la sua. Ma Enzo la affrontò nel rispetto della legge e del suo popolo. E non si servì in alcun modo del proprio ruolo pubblico. Per questo chi non ha niente in comune con lui farebbe bene a lasciarlo in pace».

2 - MALORE PER SILVIO. ALFANO IN PIAZZA PER TACITARE I FALCHI DEL PDL
Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

Verde di bile per i contestatori, Silvio Berlusconi lascia anzitempo palco e piazza a Brescia. Ma è anche un leggero malore, una crisi di disidratazione, a costringerlo al ritiro anticipato e poi, in serata, a disertare fino alle 23 la cena di finanziamento, alla quale i seicento ospiti (mille euro a coperto) ancora lo attendevano. Nulla di grave, né di preoccupante, dirà chi gli è stato vicino in quei momenti, ma una di quelle crisi che in passato gli ha causato dei mancamenti. Meglio evitare e riparare in un albergo
fino a tardi.

Il comizio è un mezzo disastro, il leader è furente per la «gestione fallimentare dell'ordine pubblico». Interrompe dopo appena mezzora, tralascia svariate cartelle, quelle in cui avrebbe ricordato di aver «impedito che Prodi diventasse presidente della Repubblica», «che la Bindi tornasse in un ministero», «che Vendola andasse alle Pari opportunità», tra le altre. Brescia è caldissima, è il primo comizio di fronte a una contestazione così vasta, imponente, organizzata.

Chiama a sorpresa sul palco, in fretta e furia, il sindaco ricandidato Adriano Paroli assieme a Mariastella Gelmini per concludere la kermesse. Al fianco del Cavaliere (non sul palco) c'è giusto il capo del Viminale Angelino Alfano. I due erano insieme ad Arcore e da lì hanno raggiunto Brescia in elicottero.

Quando i tafferugli e poi le contestazioni costringono il Cavaliere a ritardare di quasi due ore l'inizio del comizio, Alfano chiama su tutte le furie il prefetto Narcisa Brassesco Pace e, soprattutto, il questore, Luigi De Matteo. Chiede conto e ragione di quanto sta avvenendo, loro assicurano di fare quel che devono e possono, il ministro li striglia, raccontano fonti Pdl.

Ma è proprio la presenza di Alfano a diventare un caso politico, ora dopo ora. Se non si fosse presentato a Brescia, il caso politico tuttavia sarebbe esploso dentro il Pdl, raccontano vari dirigenti del partito. La decisione di esserci, da parte del vicepremier, matura nella notte precedente: per rivendicare il suo ruolo di segretario e non lasciare campo e piazza ai falchi, non abbandonare soprattutto Berlusconi nelle loro mani.

Ai Brunetta, Santanché, Verdini, Biancofiore. Falchi e non solo, tra i quali stava montando il malessere per la rinuncia dei ministri alla piazza di Brescia, quasi a voler prendere le distanze dal partito che li aveva «messi lì».

E invece no. Il vicepremier raggiunge Berlusconi ad Arcore e con lui il comizio, «perché sono al governo da uomo di partito e resto segretario Pdl» spiegherà ai più fidati. Poi Alfano avverte i colleghi ministri, Gaetano Quagliariello è a Portici, in Campania, per un appuntamento elettorale, molla tutto e raggiunge Brescia. Lo stesso farà, da Milano, Maurizio Lupi. Non raggiungono Brescia per impegni personali solo le ministre Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo.

Quest'ultima (Agricoltura), con la figlia piccola a Benevento, ma dice la sua: «Trovo giusto che Alfano sia andato in piazza, come Letta è andato all'assemblea del Pd, due partiti diversi, in cui ognuno manifesta la propria identità nelle forme che ritiene più opportune, entrambe legittime». I ministri presenti resteranno tuttavia per scelta sotto il palco. Al loro fianco, gli altri: Brunetta scortato e festante che fa la "V" tra gli insulti, Verdini, Santanché, Casero, Ronzulli, Gelmini, Prestigicomo, Ravetto, Fitto, Maria Rosaria Rossi.

«Il fatto è che nel partito ormai è in atto uno scontro tra due visioni contrapposte - racconta uno tra gli uomini più vicini al Cavaliere - e una punta a caricare i toni». È la fazione che per esempio aveva organizzato a Milano per domattina la mobilitazione dei parlamentari Pdl, in concomitanza con la requisitoria al processo Ruby. Magari per spostarsi poi in massa davanti al Tribunale, come avvenuto l'11 marzo.

Meglio evitare, hanno suggerito i legali Ghedini e Longo. E così pure Alfano, che rischiava di ritrovarsi col presidio milanese mentre lui e gli altri ministri sarebbero stati in ritiro col premier Letta in abbazia. Un corto circuito non da poco. L'assemblea di tutti i parlamentari si terrà, ma in una sala di Montecitorio. Il che consentirà peraltro ai legali di tentare l'ennesimo legittimo impedimento per rinviare l'affondo finale, e ormai inevitabile, della Boccassini.

 

enzo tortora manette lapwl02 silvia tortoraktan03 silvia tortoraenzo tortora tvenzo tortoraBERLUSCONI A BRESCIABERLUSCONI A BRESCIABERLUSCONI A BRESCIABERLUSCONI A BRESCIA

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…