BOMBE SULLA SIRIA: DOPO L’ATTACCO COL GAS, UN RAID COLPISCE LA BASE AEREA VICINO A HOMS, FACENDO ALMENO 12 MORTI. GLI USA: ‘NON SIAMO STATI NOI’. INFATTI SAREBBE STATO ISRAELE, IN UNO DEI SUOI ATTACCHI PERIODICI CONTRO LE BASI IRANIANE E DI HEZBOLLAH IN SIRIA. I RAZZI SONO STATI AVVISTATI SOPRA IL LIBANO - IRAN E ASSAD DENUNCIANO: ‘L’ATTACCO COL GAS È UN COMPLOTTO PER FAR INTERVENIRE GLI AMERICANI’
missili verso la siria sopra il libano
SIRIA: MEDIA, 12 UCCISI IN ATTACCO BASE AEREA VICINO HOMS
(ANSAmed) - Almeno 12 militari, tra cui soldati iraniani, sono stati uccisi nei raid missilistici compiuti nella notte contro una base aerea nella Siria centrale e da alcune fonti attribuito a Israele. Secondo media panarabi degli Emirati Arabi Uniti (Sawt ad Dar), dell'Arabia Saudita (Ikhbariya) e dell'Iran e degli Hezbollah (al Mayadin), l'attacco avvenuto alla base Tayfur vicino Homs non è da collegarsi al presunto attacco chimico di sabato a est di Damasco e in cui sono morte circa 70 persone. Ma, secondo le stesse fonti, sarebbe uno dei raid periodici condotti da Israele contro basi iraniane e di Hezbollah in Siria.
1. MISSILI ISRAELIANI SULLA SIRIA
Giordano Stabile per www.lastampa.it
Un raid ha colpito questa notte la base aerea siriana T4, a 60 chilometri da Palmira. Fonti militari siriane, anche se non ancora in forma ufficiale, hanno confermato l’attacco e riportato che “quattordici soldati sono rimasti uccisi e una trentina feriti”. L’attacco sarebbe stato condotto da missili da crociera e Damasco sostiene di averne abbattuto “almeno otto”. Alcuni però hanno oltrepassato le difese anti-aeree attorno alla base e colpito un hangar in cemento armato dove erano posti al riparo droni militari d’osservazione. L’hangar è stato completamente distrutto.
missili verso la siria sopra il libano
Droni iraniani
La tv di Stato ha accusato gli Stati Uniti di aver compiuto “l’aggressione con numerosi raid”. Il Pentagono ha negato di aver condotto “attacchi, al momento”. Ieri Washington aveva minacciato rappresaglie dopo la strage di civili con armi chimiche a Douma. L’attacco di questa notte è invece con tutta probabilità una azione israeliana tesa a contrastare le attività iraniane in Siria.
Israele non ha finora né confermato né smentito. In passato lo Stato ebraico ha colpito decine di volte in Siria installazioni militari usate anche dai Pasdaran e convogli di armi dirette a Hezbollah. La base T4 era già stata bombardata un raid il 7 febbraio scorso, dopo l’incursione di un drone di fabbricazione iraniana sul Golan. Uno degli otto F-16 impegnati nella missione era stato poi abbattuto da un sistema anti-aereo S-200 siriano.
Raid anche a Gaza
Israele ha invece confermato un pesante raid compiuto questa notte sulla Striscia di Gaza, dopo un tentativo di infiltrazione di militanti di Hamas “con ordigni esplosivi”. L’aviazione ha distrutto un compound a uso militare nel Nord della Striscia. L’esercito ha ribadito che “non permetterà l’uso cinico di civili come scudi umani per coprire attività terroristiche contro i cittadini israeliani e risponderà con la massima severità a ogni tentativo”.
Offensiva a Douma
A Gaza sono attese altre manifestazioni al confine venerdì prossimo, ma ora l’attenzione è tutta sulla Siria, dove nei prossimi giorni potrebbero scattare massicci raid americani. L’esercito sta rafforzando le difese, soprattutto con sistemi anti-aerei Pantsir S-1 a medio raggio, arrivati a decine dalla Russia negli ultimi mesi, mentre l’esercito sta accelerando le operazioni per la riconquista completa di Douma, ultima sacca di resistenza ribelle. Nella notte fra ieri e oggi, i ribelli di Jaysh al-Islam hanno acconsentito al rilascio di centinaia di prigionieri, militari e civili, dalla prigione al centro della città.
Scambio di prigionieri
Si tratta per lo più di sciiti, alcuni catturati nella città di Adra nel dicembre del 2013. Il governo di Bashar al-Assad ha offerto in cambio il trasferimento nella provincia di Idlib, sotto controllo turco, dei combattenti che decideranno di arrendersi. Le trattative sono ancora in corso ma circa 120 pullman sono stati concentrati al check-point di Muhayam al-Wafedin, all’ingresso del corridoio umanitario istituito dai russi per le evacuazioni di feriti, civili e miliziani.
2. SIRIA, GAS CONTRO I CIVILI NEI RIFUGI LA CASA BIANCA: PAGHERETE TUTTO
Guido Olimpio per il Corriere della Sera
Anche stavolta sono state immagini sconvolgenti a colpire Donald Trump. I volti di donne e bambini «gasati» da un attacco chimico nella zona di Douma, area a est di Damasco e parte di Ghouta orientale, sacca ormai finita nelle mani del regime. Ma - secondo gli oppositori - sarebbero stati proprio i lealisti a lanciare, sabato, cilindri dai quali è uscita una sostanza asfissiante. Una cinquantina le vittime, forse cento, dozzine di intossicati.
BAMBINI DOPO L ATTACCO CON ARMI CHIMICHE IN SIRIA
Sono trascorse diverse ore prima che, domenica mattina, il presidente americano usasse Twitter per sparare la sua bordata. In una serie di messaggi ha definito Assad «un animale», ha denunciato - cosa rara - l' appoggio di Putin (e di Teheran) ai lealisti, ha criticato Obama per l' inazione e ha chiaramente detto che i colpevoli di tutto questo «pagheranno un grosso prezzo». Espressione che lascia pensare ad una rappresaglia militare, una ripetizione di quanto avvenne il 7 aprile di un anno fa quando il Pentagono lanciò 59 missili da crociera contro target dei filo-Assad. Blitz di facciata e dagli esiti modesti. Però, come si dice in queste situazioni, «tutte le opzioni sono sul tavolo».
Un concetto sottolineato da uno dei consiglieri presidenziali, Thomas Bossert. Lo stato maggiore avrebbe già presentato alla Casa Bianca una serie di obiettivi. Parigi si è accodata: pronti a prenderci le nostre responsabilità. E ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu, appoggiata in serata dagli Usa.
I moniti della Casa Bianca hanno trovato repliche immediate da parte di Mosca: «Un intervento sulla base di falsi pretesti in Siria dove opera nostro personale è assolutamente inaccettabile e può innescare conseguenze gravissime». Il messaggio con una doppia valutazione. La prima è quella di smentire qualsiasi responsabilità, la seconda di alludere ad una possibile reazione in un conflitto che ormai non è più civile ma internazionale, dove grandi giochi si mescolano, a volte, a interessi più particolari. Le basi russe sono state messe in allarme mentre caccia si sono levati in volo pronti a intercettare eventuali intrusi.
BAMBINI DOPO L ATTACCO CON ARMI CHIMICHE IN SIRIA
E si torna così di nuovo all' origine dello scontro, una situazione peraltro già vista. In questi anni Assad è stato più volte chiamato in causa perché ritenuto responsabile di uso di gas per piegare i ribelli. Damasco e Mosca, insieme al loro coro, hanno sempre negato usando una formula nota: stiamo vincendo la guerra, non ne abbiamo bisogno, sarebbe controproducente e sciocco.
Versione rilanciata anche per l' ultimo episodio. Tanto più che Jaish al Islam, la fazione di insorti che teneva le ultime trincee nel settore, ha accettato di sgomberare il campo. Ma gli oppositori al dittatore hanno ribattuto affermando che il bombardamento con il gas, avvenuto vicino ad un rifugio, doveva servire proprio per piegare le ultime resistenze e avvertire gli avversari sulle conseguenze. O persino sfidare gli Stati Uniti nell' anniversario del blitz.
Da qui l' uso di proiettili speciali - tirati da elicotteri - che avrebbero investito i civili.
Attacco documentato con foto raccapriccianti che mostrano minori morenti e persone soccorse con l' ossigeno. La prova, affermano i ribelli, dell' ennesima strage. Ricostruzione capovolta dalle fonti ufficiali che da tempo sostengono che si stesse preparando una provocazione proprio in questa regione per spingere i riluttanti Usa a intervenire. Un «complotto» denunciato anche dall' Iran.
Cercare la verità in questi casi è difficile e ad ogni modo per i contendenti è un aspetto relativo. Perché in Siria si muore comunque, anche senza il ricorso ad armi proibite.
Molti dei protagonisti sono processabili per crimini di guerra.
TRUMP PREPARA I RAID
Paolo Mastrolilli per la Stampa
«Ci sarà un grosso prezzo da pagare».
Commentando così l' attacco a Douma via Twitter, il presidente Trump ha lasciato intendere di essere pronto a ripetere il raid con cui proprio un anno fa aveva punito Assad, per l' aggressione lanciata a Khan Sheikhoun. Il consigliere per la homeland security Bossert, ha detto che «tutte le opzioni sono sul tavolo».
Trump ha criticato la nuova strage di prima mattina: «Molti morti, incluse donne e bambini, nello scriteriato attacco chimico in Siria. L' area dell' atrocità è sotto assedio e completamente circondata dall' esercito siriano, rendendola totalmente inaccessibile al mondo esterno».
Subito dopo ha fatto un atto di accusa, puntando per la prima volta il dito direttamente contro il Cremlino: «Il presidente Putin, la Russia e l' Iran sono responsabili per il sostegno all' animale Assad». Quindi ha lanciato il suo avvertimento, e le sue richieste operative: «Grande prezzo da pagare.
Aprire immediatamente l' area per aiuti medici e verifica. Un altro disastro umanitario per nessuna ragione. Roba da malati!». Con un secondo tweet, il capo della Casa Bianca ha criticato il predecessore Obama, accusandolo di non aver agito quando Assad aveva usato per la prima volta le armi chimiche nell' agosto del 2013, aprendo così la porta alle stragi successive, l' Isis, l' intervento russo, l' emergenza rifugiati.
vladimir putin con hassan rohani
Lo sfogo di Trump è importante per almeno due motivi.
Primo, in occasione del precedente attacco chimico aveva risposto bombardando la Siria, e questa azione si potrebbe ripetere ora, appena l' intelligence gli darà la conferma della responsabilità di Assad.
Secondo, la settimana scorsa il presidente aveva detto di volersi ritirare dal paese, forse anche per proteggere i circa 2.000 soldati americani schierati sul terreno da eventuali rappresaglie, in caso di altre missioni punitive. Quindi aveva dato al Pentagono sei mesi di tempo per completare la distruzione dell' Isis, e poi prepararsi a chiudere l' intervento. Ora questo nuovo attacco chimico potrebbe costringerlo a cambiare i piani.
Fra le opzioni sul tavolo e di cui potrebbe discutere già oggi con i suoi consiglieri, c' è anche l' ipotesi di un attacco congiunto con i francesi. Macron è stato fra i leader occidentali il più determinato nel porre Assad dinanzi all' eventualità di azioni militari in caso di ricorso ad armi chimiche.
Le ragioni che spingono Trump ad agire sono chiare. Dopo il raid dell' anno scorso, le dichiarazioni di ieri via Twitter, il rimprovero ad Obama di non aver fatto rispettare la linea rossa proclamata nel 2013, non agire stavolta darebbe un segnale di debolezza alla Russia, all' Iran, e anche alla Corea del Nord, con cui sta cercando di negoziare la fine del programma nucleare da una posizione di forza.
il presidente iraniano rohani si gode l iran ai mondiali
I rischi invece stanno nella reazione di Mosca, che aveva definito inaccettabile il bombardamento punitivo del 7 aprile 2017; nella possibilità che i soldati americani diventino oggetto di rappresaglie; e nella prospettiva di essere poi trascinato verso un coinvolgimento più massiccio in Siria, proprio mentre si stava preparando a riportare le truppe a casa, come vorrebbero i suoi elettori. Da questo punto di vista sarà decisivo il responso dell' intelligence Usa, perché sul fronte favorevole a Damasco c' è anche chi accusa gli stessi ribelli di aver colpito Douma, proprio per spingere Trump a cambiare idea sul ritiro. Se i servizi segreti forniranno conferme indiscutibili, per il presidente diventerà difficile non agire.
Oggi fra l' altro John Bolton prenderà servizio come consigliere per la Sicurezza nazionale. Una delle ragioni per cui il Pentagono non era favorevole al ritiro immediato dalla Siria stava non solo nella necessità di completare la missione contro l' Isis, ma anche di non lasciare il paese alla Russia e all' Iran. Bolton è noto per aver sostenuto la necessità di favorire un cambio di regime a Teheran, e quindi potrebbe usare l' attacco di Douma per convincere il presidente a restare in Siria per contrastare i piani egemonici iraniani.