HAI FATTO UNA BRUTTA FINI - GIANFRY PRENDE ARMI E BOCCHINO E TORNA A CASA: DOPO 30 ANNI È FUORI DAL PARLAMENTO - SALUTA ANCHE TONINO DEI LIVORI, CHE DOPO LO SCANDALO SULLE CASE S’ERA AGGRAPPATO ALLA BARBETTA DI INGROIA, COME I SUPERSINISTRI DILIBERTO E FERRERO E I VERDI DI BONELLI - FLOPPA IL “GRANDE SUD” DI MICCICHÉ, STORACE E BONTEMPO RESTANO COL FEZ IN MANO, ANNIENTATI ANCHE I RADICALI DI BONINO-PANNELLA…

Mattia Feltri per "la Stampa"

Sarà lo 0,4, sarà lo 0,5, sarà quel che sarà: ma dopo otto legislature e a un passo dal trentennale, Gianfranco Fini passa dalla condizione di presidente a quella di sfrattato dalla Camera dei deputati. I provvisori risultati serali non lasciavano nemmeno spazio alla speranza, colpa degli elettori futuristi - se mai ce ne sono stati al di fuori delle ricerche demoscopiche - e di quelli di Pier Ferdinando Casini: secondo i complicati meccanismi della legge elettorale, l'Udc avrebbe dovuto superare il due, da cui s'è invece tenuto abbondantemente lontano, per consentire a Futuro e libertà di infilare nel palazzo almeno uno dei suoi. Niente da fare.

Nemmeno per Fini, che fece ingresso a Montecitorio nell'estate del 1983, quando era un bimbo, aveva trentuno anni. Per dare un'idea del tempo passato, era legislatura che avrebbe visto Bettino Craxi alla presidenza del Consiglio per il governo che resse clamorosamente per quattro anni (i più giovani nemmeno sapranno quello di cui si parla). All'epoca, Fini militava nel Movimento sociale di Giorgio Almirante, e trent'anni non sono passati per nulla.

Nel frattempo Fini ha cambiato tutto, il nome al partito, la moglie, le posizioni politiche in un autoribaltamento reiterato e spettacolare, per via del quale finirà incredibilmente con l'essere l'unico a morire democristiano (mentre Casini da democristiano sopravvive al Senato nelle liste di Mario Monti), ieri ombroso e ostile: «Ha perso l'Italia. Il peggio deve venire».

C'è però da dire che - sempre che finisca qui - Fini abbandona al culmine di una carriera che lo ha portato a essere l'ultimo leader del Msi, l'unico di An, di Fli si vedrà, probabilmente l'ultimo capo di una destra che non gli sopravvive. E c'è da aggiungere che a ogni tornata ci tocca di salutare qualcuno che pareva eterno. O molto potente, come Antonio Di Pietro, altro dissipatore professionale, passato dal favore del 99 per cento degli italiani, in corso di Mani Pulite, al vassallaggio di Antonio Ingroia.

Anziché trent'anni qui sono stati venti, infine sfumati in una coalizione a rischio schizofrenia, coi magistrati più bellicosi e suggestivi degli ultimi anni (c'era anche il movimento di Luigi De Magistris), con tutta la sinistra radicale già eliminata dalla vocazione maggioritaria di Walter Veltroni che nel 2008, per emendarsi dalle deliranti immagini lasciate da ulivi e unioni - i famosi caravanserragli del povero Romano Prodi - se ne andò per conto proprio.

E raggiunse anche un risultato che oggi il Pd si bacerebbe i gomiti. Veltroni salvò giusto Di Pietro, che ancora godeva di una fama e di un consenso. Ora l'opera è completata: liquidata l'Italia dei valori, fucina di tante speranze e di qualche mascalzone, Di Pietro saluta e torna al campicello, non proprio come Cincinnato, ma ha cani, capre e cavalli, oltre alla terra per cui ha vera passione.

Ovvio che oggi faccia più notizia il flop di Antonio Ingroia (per nulla autocritico: tutta la colpa, ha detto, è del Pd, che ha perso due volte, la seconda non alleandosi con Rivoluzione civile), il quale in due decenni di inchieste di mafia s'era conquistato un fama che si sarebbe giurato superiore al due e mezzo per cento, ma è il tramonto di Di Pietro il più impressionante.

Ognuno, nel proprio tracollo, si porta dietro qualche personaggio di secondo piano che però aveva vissuto momenti di una certa centralità. Con Fini è il caso di Italo Bocchino, di Fabio Granata, di Chiara Moroni, la figlia di Sergio, socialista suicida nel 1992 dopo essere finito in Tangentopoli. È il caso di Flavia Perina, ex direttore del Secolo XIX, che fece un giornale meticcio e bello e che aprì la strada a Fini, il quale però quelle idee non dimostrò di padroneggiarle più di tanto.

Con Tonino falliscono il ritorno in Parlamento i leader della sinistra estrema e sempre più declinante: Oliviero Diliberto del Partito dei comunisti italiani, Paolo Ferrero di Rifondazione comunista, Angelo Bonelli dei Verdi. Se si pensa ai nomi di quei partiti, se si pensa all'attrattiva che ebbe la magistratura più nerboruta, e se si guarda a quella percentuale lì, due per cento circa, vengono i brividi.

Se ne va anche Guido Crosetto, simbolo vivente di quanto sia stata coraggiosa e degna, ma inutile, la guerra intestina a Silvio Berlusconi. Trionfano i più realisti, come Sandro Bondi e Daniela Santanché, e trionfa pure Angelino Alfano, che da segretario sostenitore delle primarie ebbe soprattutto l'appoggio di Crosetto e di Giorgia Meloni - cioè i due fondatori di Fratelli d'Italia -, per poi abbandonarli e far ritorno dal boss.

Paga Crosetto, perché, da quanto si capiva ieri sera, la Meloni e pure Ignazio La Russa dovrebbero farcela a riconquistare la seggiola alla Camera. Meno fortuna ha Gianfranco Micciché, uno che ha campato per dei lustri sul 61 a 0 (parlamentari al centrodestra e al centrosinistra) in Sicilia, e che ora al comando di Grande Sud non raccatta che briciole.

E così Francesco Storace e Teodoro Buontempo, di modo che la destra più destra, come la sinistra più sinistra, rimanga ai margini. Infine,anche se non interesserà a nessuno, o a pochi, chiudono le elezioni con uno 0,2 anche i Radicali. Si chiamavano, stavolta, Giustizia, Amnistia e Libertà. Avevano candidati tutti, Emma Bonino, Rita Bernardini, Mario Staderini. E Marco Pannella. Un posto per loro non c'è. Era già successo che il Parlamento restasse senza Radicali. Ma allora sembrava un'eclissi, oggi un tramonto che riguarda un po' tutti.

 

GIANFRANCO FINI jpegANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORIGianfranco Fini ANTONIO DI PIETRO CON LA COPPOLAgianfranco miccicheStorace Francesco Oliviero DiLiberto Paolo Ferrero LUIGI DE MAGISTRISAngelo Bonelli Crosetto Guido

Ultimi Dagoreport

michael czerny kevin joseph farrell bergoglio papa francesco vaticano pietro parolin matteo zuppi

PAPA FRANCESCO COME STA? IL PONTEFICE 88ENNE È TORNATO DAL BLITZ DI 9 ORE IN CORSICA DEL 15 DICEMBRE SCORSO CON UNA BRONCOPOLMONITE CHE NON GLI DA’ TREGUA: COLPI DI TOSSE, IL CONTINUO RESPIRO SPOSSATO, IN COSTANTE MANCANZA D'OSSIGENO - I MEDICI DELLA SANTA SEDE STANNO CURANDO LA BRONCOPOLMONITE CON DOSI MASSICCE DI CORTISONE. E CORRE VOCE CHE LO VOGLIONO PORTARE AL POLICLINICO GEMELLI PER RIMETTERLO IN PIEDI, MA LUI RIFIUTA (PREFERISCE IL FATEBENEFRATELLI) - I CARDINALI FEDELISSIMI DI FRANCESCO (TRA CUI MICHAEL CZERNY E KEVIN JOSEPH FARRELL) SI DANNO MOLTO DA FARE PER LA SALUTE DI BERGOGLIO. E TE CREDO: NELLA CHIESA VIGE UNO SPOIL SYSTEM RADICALE: IL GIORNO IN CUI IL PONTEFICE VOLA NELLA CASA DEL SIGNORE, TUTTE LE CARICHE DELLA CURIA ROMANA DECADONO…

daniela santanche giorgia meloni

LA “SANTA” NON MOLLA – DI FRONTE AL PRESSING SEMPRE PIÙ INSISTENTE DEI FRATELLI D’ITALIA, COMPRESO IL SUO AMICO LA RUSSA, E ALLA MOZIONE DI SFIDUCIA OGGI ALLA CAMERA, LA MINISTRA DEL TURISMO RESTA AL SUO POSTO. E OSTENTA SICUREZZA ANCHEGGIANDO CON PULCINELLA A MILANO. IMMAGINI CHE HANNO FATTO SALTARE DALLA SEDIA I CAMERATI DI FRATELLI D'ITALIA, CHE CHIEDONO LA SUA TESTA ALLA MELONI. EVIDENTEMENTE, LA “PITONESSA” HA DEGLI ASSI NELLA MANICA SCONOSCIUTI AI PIU', CHE LA RENDONO SICURA DI NON POTER ESSERE FATTA FUORI…

donald trump xi jinping coronavirus mondo globalizzazione

DAGOREPORT - DOPO APPENA TRE SETTIMANE ALLA CASA BIANCA, TRUMP HA GIA' SBOMBALLATO I PARADIGMI DELL'ORDINE GEOPOLITICO MONDIALE. UNO TSUNAMI MAI VISTO. DA ORIENTE A OCCIDENTE, SI STANNO CAGANDO SOTTO. TUTTI, ECCETTO UNO: LA CINA - AL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO, L'UNICO ANTIDOTO È L’IMPERO DEL DRAGONE, LA SOLA POTENZA CHE OGGI PUO' RIBATTERE AD ARMI PARI AL BORDELLO NEO-IMPERIALISTA DELLA TECNODESTRA USA - DAVANTI AL BULLISMO DI TRUMP, XI JINPING È RIMASTO TRANQUILLO COME UN PISELLO NEL SUO BACCELLO. ALL’ANNUNCIO DEI DAZI USA AI PRODOTTI CINESI, LA RITORSIONE DI PECHINO È STATA IMMEDIATA - POCHI MEDIA HANNO SOTTOLINEATO QUAL È STATA LA DURA RISPOSTA DI XI JINPING SUL NAZI-PROGETTO TRUMPIANO DI DEPORTARE DUE MILIONI DI PALESTINESI: “GAZA È DEI PALESTINESI, NON UNA MERCE DI SCAMBIO POLITICA, NÉ TANTO MENO OGGETTO DI QUALCOSA CHE SI PUÒ DECIDERE IN BASE ALLA LEGGE DELLA GIUNGLA" - RISULTATO: LE SPARATE DEL TRUMPONE STANNO RENDENDO INAFFIDABILE WASHINGTON AGLI OCCHI DEL MONDO, COL RISULTATO DI FAR SEMBRARE IL REGIME COMUNISTA DI XI JINPING, UN INTERLOCUTORE SERIO, PACIFICO E AFFIDABILE PER FARE AFFARI, A PARTIRE DALL'EUROPA. LA SVOLTA PRO-CINA DI URSULA CON SBERLA AL PRIMO BULLO AMERICANO...