giuseppe busia

BUSIA VENIALE - IL SUPER-BUROCRATE GIUSEPPE BUSIA, POSSIBILE SEGRETARIO A PALAZZO CHIGI, QUANDO ERA AL GARANTE PER LA PRIVACY, FIRMO’ IL DOCUMENTO CHE ACCESE IL RICORSO CONTRO IL DECRETO TRASPARENZA SUI BENI DEI DIRIGENTI PUBBLICI

Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera

 

GIUSEPPE BUSIA

Per garantire trasparenza al governo della trasparenza il ruolo chiave di Segretario generale a Palazzo Chigi sarà affidato, salvo contrordini, a Giuseppe Busia. Cioè al dirigente considerato a torto o a ragione capofila dei colleghi ostili alla trasparenza sui beni dei dirigenti.

Il tormentone, smistato alla Corte costituzionale, si trascina da anni.

 

Nella scia della scelta di Mario Monti di dichiarare con tutti i suoi ministri non solo i redditi ma anche le proprietà personali, il professore e Paola Severino decisero, con la legge che porta il nome dell' allora Guardasigilli, di allargare la massima trasparenza anche ai «titolari di incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni». Tesi ribadita nel «Decreto Trasparenza» del marzo 2013.

 

mario monti

Una decisione imposta dallo sconcerto della pubblica opinione davanti a vecchie e nuove inchieste giudiziarie che avevano visto il coinvolgimento di burocrati ad alto e altissimo livello, dal direttore generale del servizio farmaceutico nazionale Duilio Poggiolini (al quale erano stati da poco confiscati oltre 31 milioni di euro) fino ad Angelo Balducci, il «dominus» dei lavori pubblici fino al momento dell' arresto, delle condanne e delle confische di beni (27 tra ville, appartamenti di pregio e terreni più quote societarie e altro ancora in Lussemburgo) per oltre 9 milioni. Magari, a saperlo prima quanto si erano arricchiti...

 

Certo, spiega Mario Monti, «il sistema poteva pure non essere perfetto e delle perplessità ci furono anche tra noi, ma una pubblica radiografia delle proprietà ci sembrò l' unico elemento disponibile per cercare di arginare la corruzione». Accolta da malumori silenti e dichiarati, confermata da Letta e da Renzi, la decisione arriva infine in porto col «Decreto Trasparenza» firmato da Marianna Madia il 25 maggio 2016.

GIUSEPPE BUSIA

 

Mancano soltanto, come qualche lettore ricorderà, le linee guida affidate all'Autorità anticorruzione. Mentre gli uffici di Raffaele Cantone sono al lavoro per definire le nuove regole, tra i burocrati toccati dalla legge montano dubbi, mal di pancia e reazioni: «Occorre fare ricorso al Tar del Lazio». Ma sulla base di cosa, se non c'è una carta sulle «linee guida» contro cui ricorrere?

 

Tra novembre e dicembre di quel 2016, però, la carta arriva: è l'invito ai funzionari e dirigenti, da parte del segretario generale del Garante privacy, a preparare tutti i documenti necessari per esaudire le richieste che prima o poi arriveranno dall' Anac. Un' accelerazione mai vista nella storia d' una burocrazia sventuratamente nota per i biblici ritardi e non certo per la rapidità. In questo caso, poi! Perfino in anticipo!

DUILIO POGGIOLINI

 

Detto fatto, con quella carta intestata alla Privacy, letta nei dintorni di Cantone come una raffinata furberia, un gruppo sempre più folto di dirigenti può finalmente ricorrere al Tar. Lamentando l'«ingerenza» nella «sfera personale degli interessati» e l'«irragionevole» equiparazione ai politici.

 

E poi, se la trasparenza è un'arma contro la corruzione perché non obbligare anche gli impiegati a dichiarare cosa possiedono? Insomma: «O tutti o nessuno».

 

I giudici, sensibili ai temi cari ai burocrati per l'incessante e storico andirivieni di magistrati tra gli incarichi di governo e i rientri nei ranghi della giustizia civile, si muovono. E il 2 marzo del 2017 prendono in contropiede l' Anac che doveva dare le linee guida sei giorni dopo (coincidenza!) e decidono una sospensiva fino a ottobre. Che fretta ci sarà mai? Sono in arrivo le nuove elezioni? Eeeeh...

GIUSEPPE BUSIA

 

Colta di sorpresa, l' Authority anticorruzione chiede al governo Gentiloni se intenda impugnare l' ordinanza del Tar che blocca tutto. Risposta in burocratese stretto: sentita l'avvocatura sul rischio di eventuali risarcimenti, è meglio «non rimuovere gli effetti della sospensiva concessa». A fine settembre il Tar si pronuncia: deve decidere la Corte costituzionale.

 

Chi aveva firmato quel documento gioiosamente colto al balzo dai dirigenti per dare battaglia? Il segretario generale del Garante privacy ora dato per certo come prossimo segretario generale a Palazzo Chigi, Giuseppe Busia. Il quale, letta sul Corriere la ricostruzione dei fatti, scrisse una lettera garbata e ironica per precisare che non era stato lui a muoversi maliziosamente in anticipo ma semmai l' Anticorruzione a essersi mossa in ritardo, di rinvio in rinvio.

 

«Se poi si vuole discutere dell' obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali dei dirigenti sul web», precisava, «a titolo strettamente personale confesso di non condividerlo.

Angelo Balducci

Ma proprio per questo - socraticamente - devo essere il primo a rispettarlo, per essere poi libero di criticarlo. Credo infatti che, ai fini di anticorruzione, sia una misura inefficace, oltre che limitativa della sfera di riservatezza dei singoli. Se infatti qualcuno percepisce una tangente, ha mille modi per nasconderla...»

 

Che tutto ciò possa avere un minimo peso sulla scelta del super-burocrate che affiancherà Conte è difficile. Nello stesso contratto di governo, per dire, la parola «trasparenza» che fu tra i miti fondanti del M5S e in tempi più lontani anche della Lega, appare 17 volte. Legata all' ambiente, alla banca per gli investimenti, al debito pubblico, all' immigrazione, alle fondazioni, al servizio sanitario, all' azzardo, alla Rai, al Made in Italy... Mai ai burocrati. Del resto mai nominati.

 

Ultimi Dagoreport

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI  RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL RILASCIO DEL “TERRORISTA” IRANIANO ABEDINI - SI RIUSCIRÀ A CHIUDERE L’OPERAZIONE ENTRO IL 20 GENNAIO, GIORNO DELL’INSEDIAMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, COME DA ACCORDO CON TRUMP? - ALTRO DUBBIO: LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO, ATTESA PER IL 15 GENNAIO, SARÀ PRIVA DI RILIEVI SUL “TERRORISTA DEI PASDARAN’’? - E NEL DUBBIO, ARRIVA LA DECISIONE POLITICA: PROCEDERE SUBITO ALLA REVOCA DELL’ARRESTO – TUTTI FELICI E CONTENTI? DI SICURO, IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA DI WASHINGTON, CHE SI È SOBBARCATO UN LUNGO LAVORO DI INDAGINE PER PORTARSI A CASA “UNO SPREGIUDICATO TRAFFICANTE DI STRUMENTI DI MORTE”, NON AVRÀ PER NULLA GRADITO (IL TROLLEY DI ABEDINI PIENO DI CHIP E SCHEDE ELETTRONICHE COME CONTROPARTITA AGLI USA PER IL “NO” ALL'ESTRADIZIONE, È UNA EMERITA CAZZATA...)

marco giusti marcello dell utri franco maresco

"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON… TREMORE'" - FRANCO MARESCO, INTERVISTATO DA MARCO GIUSTI, RACCONTA DEL SUO COLLOQUIO CON MARCELLO DELL'UTRI - LA CONVERSAZIONE VENNE REGISTRATA E IN, PICCOLA PARTE, UTILIZZATA NEL SUO FILM "BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA": DOMANI SERA "REPORT" TRASMETTERÀ ALCUNI PEZZI INEDITI DELL'INTERVISTA - MARESCO: "UN FILM COME 'IDDU' DI PIAZZA E GRASSADONIA OFFENDE LA SICILIA. NON SERVE A NIENTE. CAMILLERI? NON HO MAI RITENUTO CHE FOSSE UN GRANDE SCRITTORE..." - VIDEO

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…