C’E’ GAS E GAS, E A LETTA INTERESSA QUELLO DI PUTIN: SUMMIT CON LO ZAR E… SCARONI – BONINO NO-WAR: PLACATO OBAMA

Fabio Martini per "La Stampa"

Gli americani c'erano rimasti molto male e lo avevano fatto sapere ad Enrico Letta. Una settimana fa, quando il ministro degli Esteri Emma Bonino aveva detto che «per la Siria una soluzione militare non esiste» e si corre «il terribile rischio di una deflagrazione addirittura mondiale», dal Dipartimento di Stato avevano fatto un passo ufficioso, chiedendo riservatamente, al capo del governo italiano una correzione di rotta rispetto alla evocazione di un terzo conflitto globale.

Da quel momento Enrico Letta ha condito le sue dichiarazioni di distanza dalla missione militare con ripetute attestazioni di amicizia verso gli Stati Uniti, ma ieri mattina, con l'apertura ufficiale del G20, è arrivato il momento del redde rationem per il capo di un governo nel quale c'è un ministro degli Esteri schierato apertamente contro l'intervento e un ministro della Difesa, Mario Mauro, pronto a fare lo sciopero della fame a favore di una soluzione pacifica.

Prima dell'inizio dei lavori, Letta si è visto (sotto un tendone) con il presidente russo Vladimir Putin e in quella occasione si è soltanto accennato anche alla questione siriana, dopodiché il presidente del Consiglio si è presentato davanti ai giornalisti italiani e, rispondendo alle ripetute domande sulla questione, ha spiegato la sofferta posizione italiana.

Dopo un incipit di tenuta sulle posizioni note («Confermerò la nostra impossibilità per motivi di quadro giuridico a partecipare ad eventuali azioni senza l'egida dell'Onu») e un passaggio in chiaroscuro («l'Italia rifugge sempre gli unilateralismi e ricerca i multilateralismi»), Letta ha iniziato a sfumare.

Diventando più comprensivo verso le ragioni degli americani, sostenendo che non ci può essere «impunità» per chi ha usato armi chimiche, che «questa è vicenda complicata e complessa» e che «l'Italia non ha alcuna intenzione di strappare rispetto all'Alleanza strategica con gli Stati Uniti».

Ma poi alla domanda clou («appoggerete comunque l'America?»), Letta si rifugia di nuovo in corner: «Dipende da cosa succederà. C'è chi interpreta l'intervento militare come una sanzione rispetto alle armi chimiche e chi come l'inizio di qualcosa di cui non si sa la fine», in questa vicenda ci sono stati «cambi di scenario improvvisi», «potrebbero essercene ancora», per questo serve «una gestione della crisi passo passo».

Morale della storia: Letta ha ricucito lo strappo della Bonino e questo è un fatto («a me non risulta freddezza con gli Stati Uniti»), ma al tempo stesso mette l'Italia alla finestra, con un atteggiamento da «wait and see» (aspetta e guarda).

Naturalmente sempre e comunque dalla parte degli alleati americani: è questo il primo messaggio di Letta da San Pietroburgo, un modo per andare incontro all'amministrazione Usa che in questi giorni, attraverso i canali diplomatici, aveva fatto sapere anche agli italiani che quel che serve a Washington è un appoggio politico, non certo un supporto militare.

Alla grande coalizione delle armi, che Bush era riuscito a creare per l'Iraq, gli Stati Uniti hanno rinunciato quasi subito dopo aver incassato il no della Merkel, un no non urlato ma netto, e ora non vogliono restare isolati politicamente in Europa. D'altra parte Letta, che è cattolico e non può essere insensibile all'iniziativa del Papa, comprende le ragioni del ministro degli Esteri Emma Bonino che nei giorni scorsi era uscita allo scoperto in modo netto, anche in virtù della conoscenza molto approfondita e di prima mano della questione mediorientale.

Facendo un'analisi allarmata e allarmante sui rischi strategici di un intervento americano, analisi che in verità la Bonino ha esternato senza filtri, uno stile franco ribadito anche a Parigi, dove ha detto: «Con i francesi siamo d'accordo sul fatto che non siamo d'accordo».

Nella breve conferenza stampa che ha preceduto l'inizio dei lavori del G20 Letta ha indirettamente alluso a Silvio Berlusconi, quando ha detto: «È il primo G20 che si svolge senza che l'Italia sia il sorvegliato speciale, per me è fonte di grande soddisfazione e vorrei che tutti in Italia fossero consapevoli e convinti di quanto questo sia un fatto importante».

A fianco di Letta, nel corso del bilaterale con Putin, era seduto anche Paolo Scaroni l'amministratore delegato di Eni, una potenza mondiale nel campo energetico, che in Russia lavora con profitto da molti anni e che è impegnata nella realizzazione del gasdotto South Stream.

 

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