CONTRO RENZI A CA-MUSSO DURO - IL SEGRETARIO CGIL: “ANDREMO IN PIAZZA CON O SENZA CISL E UIL” - ANCHE LA MINORANZA PD SUL PIEDE DI GUERRA MA IL RENZIANO LOTTI AVVERTE: “NON CI FAREMO DETTARE LA LINEA DA CHI HA PERSO” - IL PREMIER DALL’AMERICA: “FAREMO ARRABBIARE QUALCUNO”
Francesca Schianchi per “la Stampa”
videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 9
Una decina di emendamenti, di cui cinque particolarmente qualificanti. Cuore, ovviamente, l’articolo 18, e il diritto al reintegro che non deve essere toccato, ma si parla anche di limiti al demansionamento, risorse aggiuntive per estendere gli ammortizzatori sociali, sfoltimento delle forme di contratto precarie.
Ne hanno discusso ieri sera in una prima riunione i senatori della minoranza Pd di Area riformista, stamane saranno nero su bianco e verranno proposti anche alle altre minoranze, in una riunione ristretta a mezzogiorno a Montecitorio che include Civati, Cuperlo, D’Attorre, Fassina, Damiano, il lettiano Francesco Boccia ma anche Rosy Bindi, per tentare un’azione comune sulla questione riforma del lavoro.
susanna camussomaria elena boschi 24
Il famoso Jobs act all’inizio del suo percorso parlamentare in Senato, che continua a provocare toni alti e bellicosi: mentre l’opposizione interna del Pd cerca di organizzarsi, dalla Cgil il segretario Susanna Camusso conferma l’intenzione di una mobilitazione, che gli altri sindacati ci stiano oppure no: «Sarebbe utile per tutti che fosse unitaria ma comunque non ci tireremo indietro».
«Mi dicono: non vorrai far arrabbiare i sindacati, i tuoi parlamentari, i tuoi amici. Ma arriva il momento in cui forse qualcuno lo facciamo arrabbiare, ma facendolo arrabbiare facciamo star bene tutti», tira dritto però anche Renzi, dall’America.
E a sottolineare la fermezza del governo ci pensa anche il suo plenipotenziario, il solitamente silenzioso sottosegretario Luca Lotti sbottato ieri contro l’esponente della minoranza Alfredo D’Attorre, per lamentarsi di chi ha perso le primarie e «non solo pensa di dettare la linea ma lo fa prima ancora che si svolga una discussione nei luoghi preposti, com’è la Direzione del partito», già convocata per lunedì prossimo.
Ma nel programma di Renzi mica c’era di abolire l’articolo 18 (ipotesi ieri definita « un segnale molto forte» dal presidente di Confindustria Squinzi), ripetono in tanti, dallo stesso D’Attorre a Pippo Civati, «altrimenti non so se avrebbe vinto con quelle percentuali…», dice.
Il giovane leader lombardo è tra quelli che hanno proposto un referendum tra gli iscritti sul tema «perché si esprima la nostra base: primarie sulle cose, non sulle persone», un’ipotesi che il vicesegretario Guerini allontana nel tempo («prima di discutere delle modalità attraverso le quali mettere in discussione una decisione, quella decisione dobbiamo prenderla») ma che anche D’Attorre evoca come «estrema ratio, se le posizioni rimanessero divaricate».
Ma è lui a chiedere un incontro alla maggioranza, perché invece si riesca a raggiungere un compromesso e la Direzione del 29 con un documento unitario.
Che certo deve però cambiare di molto la delega così com’è, «così non è votabile, perché è sostanzialmente una delega in bianco e si presta a interpretazioni alla Sacconi».
Stamattina ci sarà un incontro dei senatori Pd con il ministro Poletti e il responsabile economico Taddei.
Poi la riunione ristretta di vari leader di minoranza (per far sì «che la riforma del lavoro sia un cambiamento e non una prosecuzione delle leggi berlusconiane», spiega la Bindi) e in serata un altro incontro, dei parlamentari di Area riformista, potrebbero arrivare a circa 110, tra loro molti contrari al provvedimento del governo.
Anche se c’è anche chi, come il capogruppo Speranza, predica l’unità: «Non facciamo un derby, lasciamo prevalere il merito e faremo un’ottima riforma». Unità come chiede il ministro Boschi. Senza rinunciare a una stoccata alla «vecchia guardia»: «Per anni ci siamo sentiti dire che dobbiamo essere un gruppo unito, che dobbiamo voler bene alla ditta: adesso è il momento di dimostrarlo».