calenda raggi

DA CALENDA LA RAGGI FA SCENA MUTA: MANDA I TECNICI FRA UNA SETTIMANA – MA SI TOGLIE IL GUSTO DI DIRE AL MINISTRO “MI DIA DEL LEI…” – DAL GOVERNO PRONTI PER ROMA 2,6 MILIARDI. MA DIFFICILMENTE LI FARANNO GESTIRE A VIRGINIA E LEMMETTI – UN MODO COME UN ALTRO PER COMMISSARIARE IL CAMPIDOGLIO...

 

Andrea Arzilli Maria Egizia Fiaschetti per il Corriere della Sera (ed. Roma)

 

calenda incrocia le dita

Raggi va al Mise e incontra Calenda: il tavolo per Roma, alla fine, si fa ed è bastato l' ultimatum del ministro, colto al volo dalla sindaca, a sbloccare una situazione che iniziava a complicarsi. Sul piatto c' è il destino della Capitale, ma su quel tavolo che si riunirà il 17 ottobre mentre i tecnici cercheranno un punto di equilibrio tra le varie proposte si gioca pure una partita politica delicatissima: da una parte il Movimento 5 Stelle che su Roma, e su Virgina Raggi, ha puntato molto, se non quasi tutto, in vista delle politiche dell' anno prossimo.

 

Dall' altra il governo a trazione Pd, che propone all' amministrazione grillina un piano investimenti da 2,6 miliardi (già disponibili tra fondi regionali, governativi ed europei) da destinare a sviluppo economico, imprese, infrastrutture, agricoltura, sanità e offerta culturale. Soldi necessari a rilanciare la Capitale che, tra grandi imprese in fuga e tasse da record, è sprofondata nella crisi. Tutti vogliono il rilancio, questo è pacifico. Il problema è: chi si occuperà di gestirlo?

 

raggi

Basta analizzare il blitz di «pacificazione» di ieri al Mise per comprendere quanto in questa fase le mosse di Raggi siano accorte, anche se l' inizio del summit non è stato incoraggiante. «Mi dia del lei...»: si è presentata così la sindaca al ministro. Poi, all' uscita, è cambiato tutto: «È andata bene, ci siamo chiariti», ha detto Raggi. «I tecnici hanno avuto modo di conoscersi e lavorano insieme. Si incontreranno la prossima settimana in vista del tavolo del 17».

 

Ma all' incontro, una mezzoretta scarsa con la partecipazione dell' assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, a domanda di Calenda su quali fossero le proposte del Comune nel piano «Fabbrica Roma», Raggi ha rimandato la discussione ai tavoli tecnici che precederanno l' incontro istituzionale del 17 ottobre. La sindaca insomma ha scelto di non scoprire le carte.

 

lemmetti

Si capisce, così, come il nodo sia politico. Nei giorni delle schermaglie a distanza con Calenda, non a caso Raggi ha chiesto «maggiori poteri» per intervenire sui mali della città. E ha accompagnato il concetto con una lettera chiedendo «che questa città sia destinataria di politiche di medio e lungo periodo, non limitando il tavolo a passi operativi a breve», ma anche «includendo semplificazioni normative per velocizzare la realizzazione di progetti».

 

Un giro di parole che porta ad una richiesta precisa: affidare al Campidoglio la guida delle operazioni, facendo gestire in regime di ordinarietà il maxi finanziamento da 2,6, o in alternativa una parte consistente di esso (tempo fa Raggi indicò in 1,8 miliardi la cifra da chiedere al governo), attraverso un project manager interno, da selezionare attraverso un bando. E quindi direzionare i fondi laddove porta la visione del Campidoglio: infrastrutture per la mobilità e banda larga.

 

RAGGI

L' opposizione intanto chiede a Raggi la condivisione: «Il tavolo è un' occasione unica per Roma», ha detto la dem Valeria Baglio. «Per risolvere i problemi servono investimenti e una visione politica che veda coinvolta la principale forza di opposizione. Per questo ho invitato la sindaca in Aula per un confronto pubblico». Difficile.

 

Anche perché Raggi adesso ha altro a cui pensare. Il timore, suo e dei vertici grillini che seguono attentamente la partita da Milano, è ovviamente quella di veder finire Roma sotto un commissariamento di fatto. Del resto Atac, l' azienda capitolina dei trasporti, è appena entrata in tribunale. E anche Ama, la partecipata dei rifiuti, è costretta alla sponda di un commissario prefettizio per usare gli impianti di smaltimento strategici.

 

ATAC ROMA

Se, come chiedono le imprese cittadine e, probabilmente, come pensano pure al Mise, si dovesse ricorrere ad un commissario ad acta nominato dal governo per gestire i 2,6 miliardi proposti da Calenda, allora la città sarebbe sostanzialmente sfuggita al controllo del M5S. Nel senso che il simbolo, sì, quello continuerebbe a sventolare sul Palazzo Senatorio. Ma nei fatti Roma sarebbe amministrata da altri.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…