UN VETO PIETOSO - LONDRA HA UNA SOLA ECONONIA, LA FINANZA. E ACCETTARE LA TOBIN TAX SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE VUOL DIRE SUICIDARSI PER SALVARE L’EUROZONA - A CAMERON CONVIENE PIÙ RIMPINGUARE LE CASSE DEL FMI - LA FRANCIA ACCELERA, MA È SOLO UN BLUFF DI SARKO IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI PER FARSI BELLO A SCAPITO DEL SUO RIVALE HOLLANDE…
Fabio Cavalera per il "Corriere della Sera"
La City non si tocca e guai a chi ci prova. A David Cameron non piace l'insistenza di Sarkozy e della Merkel sulla Tobin tax (a proporla fu nel 1972 il premio Nobel per l'economia James Tobin), di conseguenza minaccia di esercitare il suo diritto di veto al prossimo Consiglio europeo del 30 gennaio, in sostanza bloccandolo, se dovesse entrare nell'agenda l'applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie.
Londra fa quadrato contro il progetto che tanto sta a cuore al presidente francese e alla cancelliera tedesca perché, a sentire il premier britannico, si tratterebbe di un balzello che colpirebbe e metterebbe a rischio il business nel Miglio Quadrato. «Nel summit di fine mese a Bruxelles si deve parlare di come rilanciare la crescita e la competitività . L'introduzione di nuove tasse non è all'ordine del giorno». Così ha tuonato Cameron alla Bbc in una vigilia di tensione nell'attesa della riapertura delle Borse.
Downing Street è entrata a gamba tesa nella complessa partita europea nel tentativo di scompaginare i piani della coppia di ferro Merkel-Sarkozy che si ritrova oggi a Berlino per una colazione di lavoro. «Se i francesi intendono procedere sono liberi di farlo. Ma se pensano di obbligare tutta l'Europa ad accettare un'imposta del genere si sbagliano di grosso. Noi ci opporremo».
Il pensiero di Cameron è chiaro: la Tobin tax (lo 0,1 per cento sulle negoziazioni di bond e azioni, lo 0,01 sulle negoziazioni dei derivati più complessi, una leva che secondo i calcoli della Commissione europea consentirebbe di raccogliere i 55 miliardi di euro all'anno da dirottare su programmi di rilancio economico) limita la sua efficacia all'Europa e non agli altri mercati (America e Asia), diventando un peso insopportabile per la principale piazza finanziaria mondiale che è Londra e potendo determinare la fuga dei capitali verso altri lidi fiscali.
Ben vista, ma a certe condizioni, da Angela Merkel («l'auspicio di adottarla a livello mondiale non può essere realizzato adesso, il nostro obiettivo è di imporla nell'Europa dei 27» ha dichiarato ieri il portavoce dell'esecutivo di Berlino), la Tobin tax è stata elevata da Sarkozy a una delle tre priorità (oltre alle questioni dell'occupazione e della riduzione del costo del lavoro) del governo francese. «Prima della fine del mese ci sarà una decisione sulla sua introduzione in Francia», ha confermato Henri Guaino, consigliere di Sarkozy.
Mossa politica in vista dell'appuntamento di primavera quando lo stesso Sarkozy si giocherà la rielezione alla presidenza, l'Eliseo ha deciso di accelerare: vuole che l'Assemblea Nazionale ne dia subito il via libera in Francia e ne chiede l'allargamento alla Ue non già dal 2014 (come nelle intenzioni della Commissione europea) ma a partire dall'anno in corso o dal 2013.
La cancelliera tedesca ha offerto la sua sponda. Berlino, però, non intende tirare la corda sui tempi e sembra allineata più con la Commissione europea che parla del 2014 come punto di avvio della Tobin tax a differenza di Parigi che, spinta dalle necessità elettorali interne, preme per un'immediata approvazione. Merkel e Sarkozy troveranno un punto di accordo anche sulla Tobin tax? Sfruttando tali piccole divergenze, Downing Street è uscita allo scoperto e si è messa in rotta di collisione soprattutto con Parigi.
David Cameron è partito al contrattacco (con lui schierate Svezia e Malta): «L'imposta sulle transazioni finanziarie sarebbe nefasta. Vedremmo moltissime società scappare. A noi costerebbe posti di lavoro e gettito fiscale. Non possiamo permettercela, mi opporrò con tutte le forze a meno che il mondo intero decida di adottarla». Forte dell'appoggio di una maggioranza di elettori euroscettica il premier britannico fa balenare l'ipotesi di un nuovo strappo al Consiglio europeo del 30 gennaio dove si presenterà col veto in tasca se non dovesse essere trovata una mediazione soddisfacente e se non dovesse essere accantonata l'idea francese di accorciare le tappe della Tobin tax.
Il premier britannico difende la City con le unghie. Sollecita un ridimensionamento delle retribuzioni dei top manager (rivela sempre alla Bbc che 87 amministratori delegati su 100 delle maggiori società quotate in Borsa hanno portato a casa mediamente 5,1 milioni di sterline fra bonus e incentivi nel 2010-2011), preannuncia un piano per metterle sotto il controllo degli azionisti (piccoli e grandi) già nel 2012 ma attorno al Miglio Quadrato scava comunque trincee profonde contro l'Europa di Sarkozy e Merkel.




