CAMPA OBAMA CHE IL DEBITO CRESCE - AVRANNO PURE SCAMPATO IL “BARATRO FISCALE”, MA ORA GLI USA SI RITROVANO A FRONTEGGIARE UNA QUESTIONE MAGARI MENO URGENTE, MA DI CERTO NON MENO COMPLICATA - OGGI SCATTANO I TAGLI AUTOMATICI DI BILANCIO, CHE PORTERANNO DEGLI EFFETTI IMPREVEDIBILI - PREOCCUPANO SOPRATTUTTO IL SETTORE DELLA DIFESA E QUELLO DELL’IMMIGRAZIONE - OBAMA E I REPUBBLICANI SI ACCUSANO A VICENDA...

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

L'America arriva all'«ora x» senza alcun compromesso né un vero tentativo in extremis di impedire la temuta sequestration: alla mezzanotte di oggi scatteranno i tagli automatici di bilancio - 1.200 miliardi di dollari di spese in meno in dieci anni, 85 nel solo 2013 - che dovevano scattare il primo gennaio scorso e poi rinviati, ma solo per due mesi, dal compromesso di Capodanno tra Barack Obama e il Congresso sull'aumento delle tasse.
Il presidente incontrerà i leader di Camera e Senato domani alla Casa Bianca, ma nell'attuale clima di recriminazioni e accuse reciproche, ben pochi pensano che la situazione possa davvero sbloccarsi.

C'è solo da sperare che i repubblicani siano più flessibili e che Obama usi i suoi poteri discrezionali per ridurre il più possibile l'impatto dei tagli sui servizi pubblici essenziali e sulla difesa. Anche questo non è facile perché i tagli automatici in agenzie federali come quella per l'immigrazione e l'Fda potrebbero creare grossi disagi, dall'allungamento delle code ai controlli dei passaporti e agli screening di sicurezza negli aeroporti, alla sospensione delle analisi sui cibi e i medicinali messi in vendita.

Nessuno sa esattamente quali disagi si manifesteranno realmente e in quali tempi. Obama, furioso per il rifiuto dei repubblicani di accettare una soluzione di compromesso che avrebbe evitato i tagli indiscriminati reperendo risorse anche dal lato delle entrate, riducendo esenzioni e detrazioni d'imposta, ha più volte avvertito che le conseguenze della sequestration sui cittadini e sull'economia saranno gravi e ha additato il partito dei conservatori come il responsabile di questa situazione.

La destra replica con altrettanta durezza che è il presidente a seminare il panico lasciando che vengano attuati tagli indiscriminati che lui, usando i poteri della Casa Bianca, potrebbe orientare in modo da ridurre al minimo danni e disagi (850 mila dipendenti pubblici civili rischiano di essere messi in libertà senza stipendio). Ieri lo scontro è stato soprattutto sulla sicurezza.

La decisione dell'Agenzia dell'immigrazione di prepararsi alle riduzioni di personale rilasciando dai centri di detenzione di minima sicurezza centinaia di immigrati clandestini ha provocato l'ira dei repubblicani. La Casa Bianca ha risposto che non ne sapeva nulla e Gary Mead, il dirigente che ha preso la decisione, si è dovuto dimettere. Ma attacca anche Bob Woodward, il giornalista del Watergate, che ha definito «una follia che Obama avrebbe potuto adoperarsi per evitare» la decisione del Pentagono di tenere in porto per mancanza di fondi la portaerei USS Harry Truman anziché farla salpare per il Golfo Persico.

A differenza del fiscal cliff, con la sua scadenza, il 31 dicembre, oltre la quale tutti gli sgravi fiscali dell'era Bush sarebbero venuti meno di botto, stavolta il Congresso non ha percepito lo stesso imperativo perché l'impatto sull'economia sarà graduale. Per questo in Parlamento si respira un'aria neanche troppo allarmata.

Del resto il clima si è deteriorato man mano che Obama alzava i toni facendo capire che stavolta, con le elezioni vinte, non intendeva fare troppe concessioni. Mentre i repubblicani hanno ridotto i già esigui margini di manovra del loro capo alla Camera, John Boehner, al quale la destra, soprattutto quella radicale, ha detto chiaramente che perderà il suo posto se farà concessioni a Obama sull'aumento delle entrate.

Può anche darsi che questi tagli di spesa - comunque necessari, anche se non sufficienti ad arrestare la corsa di un debito pubblico arrivato a 16.500 miliardi di dollari - alla fine non danneggino più di tanto l'economia. La Borsa ieri non si è dimostrata troppo preoccupata: l'indice Dow Jones è tornato sopra quota 14 mila e gli operatori si sono detti convinti che i tagli, prima o poi, rientreranno. Ma il rischio è grosso perché gli interventi di austerità che scatteranno domani si sommano a quelli della riduzione già in atto da due anni del contributo di spesa del governo all'economia: meno 7% a partire dall'inizio del 2011.

 

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