LA BANDA DELLA MAGNATA - DA “CELESTINA” AI PARIOLI AL “MET” DI PONTE MILVIO PASSANDO PER ‘’DAR BRUTTONE”: VIAGGIO NEI LOCALI DOVE IL MONDO DI MEZZO SI SOLLAZZAVA – IL FIGLIO DER “CECATO” SOCIO DEL “MET”
Maria Corbi per “la Stampa”
Er Panza, er Cecato, er Tanca, quel «mondo di mezzo» che ha messo le mani sulle città disegnando una nuova mappa di luoghi di potere e corruzione. Personaggi nati ai bordi di periferia, o magari ai confini sud dell’Eur, cresciuti con il mito di Roma Nord, dei Parioli, il quartiere degli indirizzi giusti, ritrovo dei fascisti anni ’70. Dove bastava un passaggio per illudersi di farne parte.
E lì in quel quadrilatero che mescola da sempre solida aristocrazia e nuovi ricchi, borghesia di sinistra e conservatrice, figli e nipoti di gerarchi e partigiani, i boss della nuova mala romana si incontravano e facevano affari. I Parioli come simbolo di successo, un punto di arrivo. Un quartiere che ha subìto negli anni ’70 l’occupazione dei fascistelli che calavano armati di camperos e spranghe e che adesso sono invasi dal malaffare armato di mazzette.
Non sarà un caso che proprio qui c’era l’appartamento dove si facevano soldi sulla pelle di ragazzine, le baby prostitute. E sarà un caso, un altro, ma proprio accanto a quel portone su viale Parioli c’è il Ristorante Celestina, un tempo pizzeria della domenica, oggi, luogo di incontri per affari, spesso illeciti, di proprietà di Angela Grignaffini e Stefano Massimi, coinvolti loro stessi nell’inchiesta EnavFinmeccanica.
Il cuore nero di Massimo Carminati ha continuato a battere tra Parioli e Vigna Clara, quartieri della sua giovinezza da picchiatore, negli anni di piombo. Qui fissa gli incontri con «Giovannone» (Giovanni de Carlo) ma anche con Riccardo Brugia e Mario Corsi , con il sodale Salvatore Buzzi.
met ristorante di ponte milvio
Va a mangiare l’hamburger e a prendere il caffè al bar Hungaria, a piazza Ungheria, come faceva da ragazzo. Prende l’aperitivo a piazza Euclide, o alla Casina di piazza delle Muse. Si allunga fino a Giochi Delfici e Ponte Milvio dove organizza il lavoro. «Io ho fatto una campagna elettorale, adesso si va.. a bussacchiare», come si legge nelle intercettazioni.
Queste sono anche le zone di Riccardo Grilli, il pentito decisivo dell’inchiesta, che spiega, interrogato, come l’essere camerati sia un legame indissolubile, anche negli affari: «è normale che hai più feeling con un vecchio camerata molti adesso sono diventati politici, chi è deputato, chi è senatore, però sono tutta gente cresciuta in quell’ambiente e questi rapporti rimangono e negli anni se devi chiede un favore è facile che hai rispondenze quando c’hai un appoggio di questo tipo».
MASSIMO CARMINATI NEGLI ANNI OTTANTA
E in questa ideale mappa dove si incrociano vecchie ideologie, mafia, politica e affari, ci sono molti punti di ritrovo, alcuni eredità del passato, come piazza Stefano Jacini, a Vigna Clara, altri creati da poco come il mercato rionale di viale Parioli dove si può chiacchierare tra una birra e un gelato «steccolecco».
E dove si prendono in prestito telefonini ai fruttivendoli per telefonate tranquille. E non importa che a qualche decina di metri ci sia il comando della polizia municipale. Luogo alternativo anche il distributore di benzina tra corso Francia e via Flaminia Vecchia, crocevia di armi e mazzette.
Ma la vanità è un vizio dei potenti e Buzzi, Carminati e Co, potenti lo erano davvero. E così non potevano mancare i luoghi della movida che conta, come Il Bolognese, a piazza del Popolo e Assunta Madre a via Giulia, di Gianni Micalusi, detto Johnny.
Qualche puntata in zona sud, allo Shangri La Corsetti. O a San Giovanni dove Luca Gramazio insieme al padre, il senatore Domenico, incontrarono Massimo Carminati al ristorante «Dar Bruttone».
Franco Panzironi preferiva non andare da Palombini, «il bar» dell’Eur, troppo esposto a occhi indiscreti: «…no, da Palombini no, se no famo un film…». Non immaginava nemmeno che la procura di Roma aveva dato l’ultimo ciak e stavano andando i titoli di coda.
2. MADRE TERESA DI CALCUTTA ALLE PARETI DEL MET, LOCALE DEL NERO E DE CARLO
Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera - Roma”
Alle pareti, Madre Teresa di Calcutta, avvolta nell’inconfondibile saio, benedice il menù. Ostriche, ovvio. Più, spavalderie culinarie tipo la burrata di Andria, gli spaghetti con vongole e bottarga, la Fassona piemontese. Preghiamo il responsabile della sala del «Met», dove Giovannone De Carlo pianificava strategie con il «Nero», di fornirci una guida spirituale per il mondo di mezzo.
Non c’è. «Lavoriamo seriamente, ci siamo fatti un nome» spiega lui, accogliendo l’attaccante romanista Marco Borriello e due amici. Sarà senz’altro così nel locale di Villa Brasini da 300 coperti al giorno, ma i residenti, riuniti in vari comitati, giurano che qui - tra Ponte Milvo e via Flaminia - si celebra il Sabba notturno che li vede prigionieri di eccessi crescenti, dall’auto in tripla fila alla raffica di decibel liberata alle prime ore dell’alba.
Fuori da Villa Brasini, dove un tempo era l’odore della pasticceria di Mondi, è un corridoio di uomini e Daytona, adolescenti in Porsche e icone di lusso. Trent’anni fa c’era la bisca attorno alla quale ruotava la banda della Magliana e fino al Duemila ci sono state baracche e borghetti -vergogna. Ora non più.
Arrampicata su stivali in camoscio bordeaux, con tacco crudelmente affilato, una donna — forse anche bella ma, al momento, semplicemente vistosa — scatta verso il «Sutton» e sparisce. Locale cruciale questo. È vero che Andrea Carminati, il figlio del «Guercio», ne possiede una quota? «L’ho rilevata io due anni fa » dice Emilio Pulli, il responsabile. Sa che gli investigatori ipotizzano operazioni di riciclaggio?
CARLO PUCCI - RICCARDO BRUGIA - FABRIZIO TESTA
«Il proprietario era indebitato fino al collo, non vedeva l’ora di darlo via...» dice, candido, Pulli. Le colpe dei figli lavano quelle dei padri: «Vabbe’ ma se uno ha famiglia la tiene fuori dai casini, no? Andrea studia alla Luiss, è perbene. Credo che avesse da parte un piccolo capitale per via dell’assicurazione riscossa per un incidente e l’ha investito qui».
tom di benedetto marione corsi alemanno
Chi oggi sa, per aver scorso una pagina internet o letto i notiziari, che la zona è un sicuro avamposto del «Cecato» e degli ex colleghi dei Nar, guarderà con occhi diversi le strette di mano, la pacca sulla spalla, il gesto protettivo e quello di sfida a chi, invece, non si sottomette?
Domandiamo al ventiquattrenne che sorseggia uno spritz se ha mai avuto la sensazione di trovarsi in un mondo di mezzo, in cui i forti sono resi ancora più forti per aver avuto la meglio sugli altri: «Per noi questi so’ fenomeni» risponde d’istinto. Poi sorride e va via, come se in quel laboratorio della Roma nord avesse scoperto nuove categorie morali.