LO “CHOC” ELETTORALE – LE DIMISSIONI DEL PAPA CAMBIANO LO SCENARIO DI UNA CAMPAGNA FLACCIDA E NOIOSA: LE TV SI SVUOTANO DI TALK E SI RIEMPIONO DI CHIESA - LA “GELATA” MEDIATICA SPIAZZA I LEADER E CHI VUOLE ANCORA BUTTARLA IN CACIARA PER CERCARE “L’EFFETTO-SORPRESA” (BERLUSCONI E MONTI) - PAGNONCELLI, PRESIDENTE IPSOS: “NON CI SARANNO EFFETTI SUL VOTO, FEDE E POLITICA RESTANO MONDI DISTANTI E DISTINTI…”

Lina Palmerini per il "Sole 24 Ore"

«Un atto di responsabilità e di coraggio, una decisione storica che rispetto profondamente». Il commento di Giorgio Napolitano - che in un colloquio di alcuni giorni fa era stato messo al corrente dal Papa della sua scelta - diventano il sottotesto laico e politico dell'effetto che ha fatto l'addio del Pontefice. Il capo dello Stato parla di valori come «responsabilità e coraggio» e, in qualche modo, chiama in causa anche la politica proprio nel momento democratico più alto com'è una sfida elettorale.

Ma non sembra che abbia avuto ascolto. Anzi, l'effetto è stato stridente per i due piani che si sono creati - evidenti e distanti - tra l'abbandono del Pontefice e una campagna elettorale che procedeva normalmente tra botta e risposta e qualche insulto. Insomma, "business as usual": la politica, a parte i commenti di prassi sul Pontefice, ieri è andata avanti senza lo sforzo di cercare una sintonia, sia pure minima, di fronte a un fatto nuovo e così eclatante. È questo il vero choc tant'è che i leader sono apparsi spiazzati mentre ripetevano i loro slogan. Un problema che è già sul tavolo dei vari spin doctors, soprattutto di chi vuole ancora cercare l'effetto-sorpresa.

«È cambiato il contesto», riflette Stefano Rolando, docente di comunicazione pubblica allo Iulm di Milano, quando gli si chiede se e come cambierà la campagna elettorale a questo punto. «Il gesto del Papa ha introdotto elementi valoriali molto forti. È come se avesse messo sul tavolo una grande metafora tra il potere in sé e l'uso che si fa del potere e ci avesse detto che il potere ha senso solo se chi lo esercita può realizzare un bisogno o salvare un'istituzione. Ha alzato l'asticella valoriale del dibattito pubblico anche se finora non mi pare che nessuno si sia messo all'altezza».

È però vero che un altro effetto è la "gelata" mediatica sulla corsa verso le urne. Nel senso che la sfida tra i leader perde totalmente l'inquadratura per restare sul fondo di una scena completamente trasformata. Una questione di luci, di attenzione che si sposta altrove, di giornali che fanno slittare la cronaca politica nelle pagine più in fondo, le Tv che si riempiono di Chiesa e si svuotano di comizi e piazze. Una specie di sospensione su una battaglia che già, a giudizio di molti, appariva noiosa ma che ora un evento choc rischia di oscurare proprio sul rush finale.

Una correlazione su cui non si ritrova Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, che continua a pensare che questa campagna non ha gli stessi codici del passato anche in termini mediatici. «Non ci saranno impatti. Sono molto d'accordo con Rolando sul fatto che il contesto viene profondamente modificato ma se parliamo solo di spazi mediatici che vengono ridotti, bene, questo non avrà effetti.

Gli incerti non matureranno la loro scelta solo per un'altra proposta a sorpresa in un talk show. Il problema è la sfiducia nei partiti che non si recupera con un Tg». Eppure c'è un voto cattolico che potrebbe essere influenzato da una scelta che chiama in causa anche l'esigenza di rinnovamento, di far spazio a chi si sente le forze per affrontare le sfide.

«La Chiesa - spiega Pagnoncelli - non ha mai influenzato in modo decisivo perfino i credenti: quello della politica e della fede restano due mondi distinti e distanti e non credo che faccia eccezione questo caso, sia pure così eclatante. E poi non vedo rinnovamento o giovani tra i competitors».

Invece Rolando spera che questo contesto così mutato possa diventare un'occasione nuova. «Il paradosso è che gli elettori hanno messo all'indice i partiti per aver usato male il potere mentre, nel caso del Papa, è lui che si mette in discussione davanti al mondo. Il paragone è forse irriverente ma mi auguro che ora la campagna riparta da questa domanda: perché volete il potere e per farci cosa?».

 

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