
CIRINO ACCESO: “DI PIETRO VOLEVA INCASTRARE IL PCI MA LA STORIA DEI CONTRIBUTI ELETTORALI A NAPOLITANO È UNA BALLA CLAMOROSA”
Lettera di Paolo Cirino Pomicino al "Fatto quotidiano"
Caro Direttore, ho letto il lungo articolo del sempre giovane Barbacetto che sotto la spinta, appunto, della Sua eterna giovinezza, continua a sospettare di cose di 20 anni fa già definitivamente acclarate dalla magistratura.
Veniamo al dunque mettendo un po' d'ordine nelle notizie. Non ho mai rilasciato alcuna intervista a Bracalini al quale, entrando in una trasmissione televisiva, ho solo dato un giudizio negativo sulle due pagine del Corriere sulla morte di Raul Gardini e sull'intervista ad Antonio Di Pietro.
Alle sue insistenze l'ho rinviato al mio blog paolocirinopomicino.it dove c'è una mia lunga intervista su Tangentopoli rilasciata alla rubrica La storia siamo noi e trasmessa dalla Rai solo in piccolissima parte. Se posso consigliare all'amico Barbacetto una buona lettura settimanale legga sempre il mio blog dove già ora troverà notizie e commenti di un certo interesse.
In quella intervista ho raccontato uno dei tanti episodi vissuti in cui prima Di Pietro e poi tal Quatrano tentarono in tutti i modi di farmi dire ciò che non era vero e cioè che tramite il sottoscritto fossero arrivati contributi elettorali a Giorgio Napolitano e ad altri comunisti napoletani. Una balla clamorosa. In verità dopo pochi minuti Di Pietro mi confessò che il suo era stato solo un tranello e la cosa finì lì mentre Napoli, che annovera segugi di grande talento, mi costrinse, nonostante ciò che avevo già detto, a fare un confronto con un mio amico tenuto in carcere per oltre sei mesi e che poi non ebbe mai alcuna condanna.
Se Barbacetto il giovane vuol sapere se il vecchio Pci ebbe da Gardini contributi elettorali lo chieda a Di Pietro ricordandogli il famoso miliardo che Gardini aveva con sé quando entrò a Botteghe Oscure e non l'aveva più quando ne uscì.
La vicenda Enimont, così come i fondi neri dell'Eni, fu tutto un grande imbroglio in cui rimasero coperti: a) coloro che decisero il valore della partecipazione di Montedison in Enimont; b) dove andarono a finire alcune centinaia di miliardi di vecchie lire di quei fondi, posto che i contributi elettorali a tutti i partiti, nessuno escluso, non superarono i 20 miliardi.
Ma di tutto questo non ne voglio più parlare perché mai come in questo momento il Paese ha bisogno di uno sforzo unitario per uscire dalla crisi e non di altre divisioni su cose passate. Quel che è certo è che lascerò una cospicua documentazione agli storici quando riscriveranno, con il rigore scientifico che gli è proprio, le vicende di quel periodo che gettarono il paese in un marasma dal quale dopo 20 anni l'Italia non è ancora uscita.
Risposta di Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"
Nessun "sospetto su cose di vent'anni fa già definitivamente acclarate dalla magistratura". Semplicemente abbiamo messo in fila i fatti, sulla base di documenti che aiutano, dopo vent'anni, la memoria di vecchi e giovani. I verbali d'interrogatorio di Mani Pulite, per esempio.
Quello del costruttore Vincenzo Maria Greco, grande amico di Paolo Cirino Pomicino, che nel dicembre 1993 dichiara a verbale: "Pomicino ebbe a dirmi che aveva preso l'impegno con il capogruppo alla Camera del Pci dell'epoca, onorevole Giorgio Napolitano, di permettere un ritorno economico al Pci. Mi spiego: il segretario provinciale del Pci dell'epoca era il dottor Umberto Ranieri, attuale deputato e membro della segreteria nazionale del Pds. Costui era il riferimento a Napoli dell'onorevole Napolitano. Pomicino mi disse che già riceveva somme di denaro dalla società Metronapoli (...) e che si era impegnato con l'onorevole Napolitano a far pervenire una parte di queste somme da lui ricevute in favore del dottor Ranieri".
Dopo queste dichiarazioni, i pm Antonio Di Pietro e Francesco Greco chiedono conferma a Pomicino (nessun "tranello", dunque) che ammette a metà : dice di aver saputo del denaro al Pci dall'ingegner Italo Della Morte, della società Metronapoli (che non poté confermare o smentire, perché era ormai deceduto): "Mi disse che versava contributi anche al Pci.
Tutto ciò venne da me messo in rapporto con quanto accaduto durante l'approvazione della legge finanziaria. Fu proprio il gruppo comunista a sollecitare in commissione l'inserimento di uno stanziamento di cospicue somme a favore della metropolitana di Napoli... Il gruppo comunista capitanato da Napolitano ebbe a votare l'approvazione di tale articolo di legge, pur votando contro l'intera legge finanziaria".
Queste sono le parole esatte di Pomicino nel 1993, che oggi sostiene invece che "i contributi elettorali a Giorgio Napolitano e ad altri comunisti napoletani" sono "una balla clamorosa".
Ci ha colpito il fatto che questa vecchia storia, che mette in mezzo l'attuale capo dello Stato, sia stata ripresa e rilanciata dal Giornale proprio in questo delicatissimo luglio in cui Silvio Berlusconi, azionista di maggioranza del governo voluto da Napolitano, aspetta di conoscere il suo destino definitivo dalla Cassazione, che il 30 luglio potrebbe decretare la sua uscita dal Parlamento.
Del "famoso miliardo che Gardini aveva con sé quando entrò a Botteghe Oscure" abbiamo scritto più volte. Peccato che nessuno dica chi lo ritirò. Quanto alla maxi-tangente Enimont e ai fondi neri dell'Eni, che per Pomicino sono "un grande imbroglio", è vero che molto rimane da scoprire. Ma questo non può farci dimenticare quello che già è stato scoperto, tra cui la supermazzetta da 5 miliardi e mezzo incassata dallo stesso Pomicino. Se poi il sempreverde Pomicino sa di più, su Botteghe Oscure e su Enimont, siamo qui ad ascoltarlo, pronti a esaminare la sua "cospicua documentazione". Perché lasciarla agli storici di domani? Per non rovinare le larghe intese di oggi?







