EHI, SIRI, SENTI CONTE: “SE DECIDERO’ DI FAR DIMETTERE IL SOTTOSEGRETARIO, SAPRO’ COME FARLO SCOLLARE DALLA POLTRONA“ - DALLA CINA L'AVVISO DEL PREMIER A SALVINI E DI MAIO: "LE POLEMICHE NON MI INTERESSANO MA SE NON RIUSCIREMO A LAVORARE SARÒ IL PRIMO A TRARNE PERSONALMENTE LE CONSEGUENZE" - E SULLA LIBIA SI ALLINEA ALL' APERTURA AL GENERALE HAFTAR FATTA DA TRUMP
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
«La fiducia, è questo il tema. Soprattutto in base a questo deciderò. Parlo della fiducia del premier verso il suo sottosegretario. E dei cittadini verso le istituzioni. Mi chiede: nella vicenda di Siri c' è l' ombra della mafia. Rispondo: sarà un tema di cui terrò conto quando prenderò la decisione». È mezzanotte, Giuseppe Conte si arrampica fino al sedicesimo piano del Ritz-Carlton.
Dalla vetrata con vista su Pechino il caso del leghista indagato sembra lontano. Ma è solo questione di prospettiva, perché il tarlo insegue il premier anche a ottomila chilometri da Palazzo Chigi. L' avvocato premette che una decisione non è stata ancora presa. Ma quando gli fanno notare che in passato ministri e sottosegretari restarono a lungo incollati alla poltrona anche se politicamente "sfiduciati", la risposta è molto ruvida: «Se fosse quella la mia determinazione, e ancora non è stata presa, troverò il modo di scollarlo».
L' incontro con Siri non è ancora fissato, ma sarà comunque entro lunedì. «Ho parlato del fattore umano verso di lui. In passato c' era chi chiedeva dimissioni per telefono, io però voglio guardarlo negli occhi. Non sono un giudice, ma un avvocato. Parliamo di un avviso di garanzia e c' è la presunzione d' innocenza. In ogni caso, deciderò dopo aver visto le carte, ancora ho letto poco».
In Italia, però, i due vicepremier non aspettano la decisione e lottano forsennatamente attorno a Siri. «È comprensibile che Salvini lo difenda. Anche la posizione di Di Maio è fisiologica, visto che il Movimento ha sempre avuto un' ipersensibilità verso la questione della giustizia». In mezzo si ritrova sempre l' avvocato che governa i gialloverdi: li governa ancora, Presidente, o le loro continue liti mettono in discussione il suo ruolo, indebolendola? «E come indeboliscono il mio ruolo, Salvini e Di Maio? Con i 45 articoli del decreto crescita approvato l' altra sera non l' hanno indebolito per nulla. Non è in discussione».
Conte si mostra indispettito. Critica duramente i giornali, ma è una strada tortuosa per riservare qualche ceffone ai due vice: «Devo dimostrare che sono più forte della polemica? Io alla polemica non do peso, non mi interessa. Se ritiene che il mio ruolo dipenda dal fatto che devo alzare la voce e farmi sentire ancora di più, sbaglia. Io parlo di quanto facciamo per il Paese. Volete parlare di Salvini o con me? State parlando con il premier, adesso. Se siete interessati a cosa dicono Salvini o Di Maio, poi non lamentatevi che all' estero discutono dell' Italia per le polemiche».
DANILO TONINELLI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
Eppure, tutti hanno ancora negli occhi lo spettacolo surreale offerto dal consiglio dei ministri notturno sul Salva-Roma: Di Maio in tv, Salvini in piazza a sostenere il contrario. «Il governo sta lavorando da matti. Quella sera abbiamo approvato un decreto con 45 articoli, soltanto su due articoli la discussione è stata vivace». Nonostante tutto insomma, Conte sembra fiducioso. E ritiene che riuscirà a superare le Europee. «Per fortuna saranno finite le competizioni elettorali. Il clima cambierà, ma comunque voglio chiarire una cosa: vi assicuro che il giorno in cui dovessi rendermi conto che non riusciamo più a lavorare - cosa che ora non sta accadendo - sarò il primo a trarne personalmente le conseguenze». Una crepa, forse. O un velato avvertimento a Salvini e Di Maio a non esagerare, perché dopo il governo gialloverde c' è solo il voto. Di certo, si mostra ottimista: «Il Mef valuta positivamente gli effetti sul Pil del decreto Crescita. Numeri non ne do, ma nel secondo semestre mi aspetto miglioramenti».
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE
L' ultimo ragionamento, prima di andare a dormire, è dedicato al tema più spinoso: il dossier libico.
Le parole di Conte sembrano segnare un riposizionamento dell' Italia, in direzione di Haftar e dopo la svolta imposta da Trump a favore del generale. «Non sostengo un singolo attore dello scenario libico - sottolinea il premier - Miriamo alla stabilizzazione del Paese, e l' opzione militare non è affidabile.
L' Italia non è né a favore di Sarraj né di Haftar, ma a favore del popolo libico». A mente fredda aggiunge: «In realtà la mia posizione non è cambiata. Se parlate con Haftar, dal suo punto di vista si muove per bonificare il territorio e scacciare via i terroristi. Alcuni Stati hanno accarezzato questa iniziativa e da un certo punto di vista ha anche una logica. Ci può essere stata la prospettiva di un' unificazione a costo zero». Il fatto, però, è che «l' iniziativa del generale si sta arenando sul terreno. L' avevamo previsto. Ora a Trump ho chiesto una mano per una soluzione politica. Anche perché non penserete che l' alternativa un' escalation con bombardamenti o raid aerei - possa essere accettata dalla comunità internazionale, con morti civili, sfollati e una prevedibile crisi umanitaria?». L' unica carta resta la diplomazia: «Tra poche ore vedrò Al Sisi. E gli farò capire che, qualsiasi progetto avesse al riguardo, se fallisse bisognerebbe prenderne atto. Non possiamo reggere a un conflitto armato».