1. DALLE MACERIE DEL PCI-PDS-PD ALLA LEOPOLDA, SIETE CALDI PER IL ‘’PARTITO DI RENZI”? 2. PIÙ LE SPARA GROSSE E ZUPPE DI POPULISMO, PIÙ SI RIMPETTISCE RENZI SULL’ARNO, CHE MODESTAMENTE IMMAGINA UN DEMOCRAT PARTY ALL’AMERICANA. O “BIG TENT” (GRANDE TENDA) “SOTTO LA CUI OMBRA SOSTANO DIVERSE ANIME E DIVERSI MOVIMENTI”. ANCHE SE NESSUNO HA CAPITO ANCORA QUALE SARÀ IL SUO COLLANTE POLITICO-IDEOLOGICO 3. PRESTO, SAPREMO SE STIAMO ASSISTENDO ALL’ULTIMO BLUFF DELLO STATISTA-BARO DI RIGNANO SULL’ARNO, CHE - NEL FRATTEMPO -, È SCESO IN CORSA DAL TRENO DELL’ITALICUM (LEGGE ELETTORALE) PER PROPORNE UNA LEGGE AD PERSONAM, IL RENZELLUM 4. DALLA “SVOLTA” DELLA BOLOGNINA (1989) ALLA “CAPRIOLA” DELLA LEOPOLDA (2014), L’ULTIMO PARTITO SOPRAVVISSUTO ALL’URAGANO GIUSTIZIALISTA DI TANGENTOPOLI RISCHIA INSOMMA DI IMPLODERE (O AUTO-ESTINGUERSI) SOTTO LA FURIA ROTTAMATRICE DI UN EX GIOVANE DEMOCRISTIANO. ALTRO CHE “NON VOLER MORIRE DEMOCRISTIANI” (LUIGI PINTOR)!
DAGOANALISI
Bah!
Sarà che nell’ultimo quarto di secolo i tentativi (o trasformismi) del Pci di Togliatti, Longo e Berlinguer… di mutare la pelle da cosacco che si era costruita addosso nel dopoguerra - con tutte le sue “doppiezze”, “diversità” e cambi al nome della “ditta” -, sono in gran parte falliti o impalliditi, sollecita soltanto curiosità il velleitarismo del cazzaro-riformatore Matteo Renzi di voler costruire alla “sua” Leopolda il Partito della Nazione.
Ma di quale nuova “Cosa” rossa (o bianca?) si tratta?
“Il nome suona in verità un po’ sudamericano, ma il modello di applicazione via piuttosto, almeno a livello dell’immaginario, verso un inedito plebiscitarismo di cui si sarebbe portati a trovare qualche traccia nel recente Putin televisivo”, ha osservato puntuale su “la Repubblica” l’ottimo Filippo Ceccarelli.
Insomma, per dirla con il politologo Ilvo Diamanti, Putin o Evita Peron sempre in nome del populismo, il vero obiettivo di Matteuccio è il “Partito di Renzi” (PdR).
E più le spara grosse più si rimpettisce lo statista di Rignano sull’Arno, che non brilla certo per modestia d’immaginare un Democrat party all’americana. O “Big Tent” (Grande Tenda) “sotto la cui ombra sostano diverse anime e diversi movimenti” (Nadia Urbinati). Anche se nessuno ha capito ancora quale sarà il suo collante politico-ideologico.
Al momento di fondare il partito Democratico persino Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, ebbe qualche dubbio.
Ecco servita allora, a mezzo stampa, l’ennesima piroetta del segretario-premier, che - nel frattempo -, si è perso lungo la strada il grosso del popolo rosso dei militanti (refrattario ai cambiamenti traumatici). E che, basta leggere “il Foglio” di Giulianone Ferrara, sembra godere maggiori simpatie nelle azzurre fila berlusconiane (antagonisti elettorali).
Un’anomalia dovuta soprattutto a quel “Patto del Nazareno” (occulto) tra Silvio e Matteo, che - per dirla con le parole sacrosante del professor Michele Ainis -, di fatto rappresenta “il cemento che regge” l’attuale traballante legislatura.
“Per forarlo – aggiunge il docente romano – servirebbe una trivella, chissà quali segreti verrebbero a quel punto scoperti: magari il nome del prossimo capo dello Stato, magari l’impegno a graziare Berlusconi per tutti i secoli a venire”.
Magari, aggiunge Dagospia, ricordando pure che il Patto del Nazareno ha avuto la benedizione al Quirinale (anch’essa arcana) di Re Giorgio il “Garante” dell’intesa sottobanco.
Per il costituzionalista, collaboratore illustre del Corrierone e dell’Espresso, le decisioni del governo Renzi con tanto di consultazioni popolari (via web) o gli incontri tra i partiti (in streaming) sono in realtà “tutta una finta, un’ammuina”.
Per poi aggiungere: “Se c’è un accordo di potere o una nomina di sottogoverno (…) al Csm o alla Corte Costituzionale la scelta avviene sempre al buio, al riparo da sguardi indiscreti”.
Altro che Glasnost promessa!
Il professor Ainis, citando Bobbio: “la democrazia è il potere del pubblico in pubblico” conclude, amaro, che con Renzi dobbiamo invece accontentarci “della sua caricatura: un potere privato che ci priva di ogni potere”.
Anche l’ultima trovata di voler fondare il post partito della Leopolda rivela l’opacità di una riforma interna al partito proprio su quel modello peronista (Eugenio Scalfari) che al voto del 2001 portò alla vittoria-trionfo del Cavalier Berlusconi con il 49,56% dei consensi.
Ma il Pd, o quel che resta della sua organizzazione, è “cosa” diversa dalla creatura di Arcore, chiamata alla sua nascita “Forza Italia. E a volte il destino (capriccioso) “mescola le carte” anche al tavolo da gioco (politico).
Tant’è che oggi la stessa direzione del Pd (quella che, per capirci, in mezzora ha rimosso Enrico Letta da palazzo Chigi) e la sua assemblea ormai risultano elette dalle “anime morte” del partito (iscritti), che a centinaia di migliaia non hanno rinnovato la tessera: quattro iscritti su cinque in un solo anno.
MATTEO RENZI TRA ANDREOTTI E BUTTIGLIONE
Così, presto, sapremo se stiamo assistendo all’ultimo bluff dello statista-baro di Rignano sull’Arno, che - nel frattempo -, è sceso in corsa dal treno dell’Italicum (legge elettorale) per proporne una legge ad personam, il Renzellum.
O se, invece, per effetto delle scosse telluriche provocate dal suo segretario, il Pd imploderà fragorosamente. Il fenomeno scissionistico, al di là delle smentite della “vecchia guardia” rossa, da mesi è in atto nel partito che fu di Togliatti, Longo e Berlinguer….
Dalla “svolta” della Bolognina (1989) alla “capriola” della Leopolda (2014), l’ultimo partito sopravvissuto all’uragano giustizialista di Tangentopoli rischia insomma di implodere (o auto-estinguersi) sotto la furia rottamatrice di un ex giovane democristiano.
RENZI E DALEMA DA FOTOMONTAGGI POLITICI
Altro che “non voler morire democristiani” (Luigi Pintor)!
Già, strana, paradossale e tragica sembra essere la sorte che toccherebbe all’ex Pci, fondato a Livorno da Antonio Gramsci nel gennaio del 1921, se a mettere una croce (tombale) sul partito sarà, per uno sberleffo della storia, un nipotino ribaldo di Amintore Fanfani.