“SALVINI SI È DIMENTICATO CHE VIVIAMO IN DEMOCRAZIA” – ENRICO DEAGLIO: “OGNI SUA INIZIATIVA PUÒ ESSERE CONTROLLATA, IMPEDITA, QUESTIONATA. ESISTONO LE INTERROGAZIONI PARLAMENTARI, LE DENUNCE ALLA MAGISTRATURA, LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA” – “80 ANNI FA LA STAMPA NON SI ACCORSE DEL CENSIMENTO DEGLI EBREI. OPPORSI ERA IMPOSSIBILE, MA ORA…”
Enrico Deaglio per “il Venerdì - la Repubblica”
«Non si può schiacciare il tasto "avanti veloce" e arrivare subito al punto in cui Salvini assediato nel bunker impugna la Luger?» (dal sito Spinoza.it). Nel 1938, con decisione improvvisa, il fascismo varò le leggi razziali e la burocrazia statale si dimostrò efficiente e rapida. Si procedette al "censimento" dei 47 mila ebrei italiani e dei 10.171 ebrei stranieri residenti in Italia. Il formulario era molto dettagliato, in quanto comprendeva, oltre al nome l'albero genealogico, le parentele, l'indirizzo, le proprietà, il conto corrente bancario di tutto il nucleo famigliare.
Nei cinque anni che seguirono, questi elenchi vennero continuamente aggiornati, cosicché dopo l' 8 settembre 1943 in tutto il Nord Italia gli occupanti nazisti (con l'aiuto del funzionariato di Salò e di delatori retribuiti) poterono andare a colpo sicuro e deportare chi non era riuscito a scappare o a nascondersi. Il Libro della Memoria curato da Liliana Picciotto Fargion (Ugo Mursia editore, 1991) rintracciò i nomi e le storie di 6.806 deportati nei Lager tedeschi (5.969 lì vennero uccisi).
Sempre nel 1991 lo storico Fabio Levi aveva pubblicato (Zamorani Editore) L'ebreo in oggetto, l' applicazione della normativa antiebraica a Torino 1938-1943, preziosissima e dettagliata ricerca sul funzionamento della macchina burocratica che rese possibile l' Olocausto in Italia.
Il censimento, ovviamente nominativo, necessitò il lavoro di centinaia di funzionari, poliziotti, vigili urbani, dattilografi, archivisti. Con ogni probabilità vennero distribuiti premi, promozioni, consulenze. La stampa non se ne accorse, perché non c' era libera stampa. Il parlamento nemmeno, perché non c' era parlamento. Opporsi era, di fatto, impossibile.
Ottanta anni dopo il ministro degli Interni, e vice premier, Matteo Salvini ha promesso il censimento dei rom, il respingimento delle navi dei migranti, la gestione muscolare della sicurezza, il taglio dei fondi per l'assistenza ai rifugiati, le rottura unilaterale di trattati internazionali, l'azione penale contro le Ong, la «verifica» della necessità di protezione per Roberto Saviano.
Salvini è convinto di essere estremamente popolare e di poter dire e fare quello che vuole. Ma si è dimenticato che viviamo in democrazia e che ogni sua iniziativa può essere controllata, impedita, questionata. Dimentica anche che l' enorme "Stato" che comanda (prefetti, polizia, ecc) non gli deve necessariamente obbedienza, può opporsi ai suoi ordini, controllare le sue spese, contestare le sue circolari, rendere pubblici i suoi ordini riservati.
Dimentica che esistono le interrogazioni parlamentari, le denunce alla magistratura, dimentica la Corte di giustizia europea e persino i suoi alleati di governo. Saviano ha mostrato come si risponde a un arrogante ministro degli Interni, contestandogli apertamente la legittimità («Lei è il ministro della malavita»). Le sue parole si dimostreranno più forti di quelle del ministro, se Saviano non resterà solo. E se il coraggio non è diventato merce rara, in Italia.