YULIA GASSATA - DIETRO LA SENTENZA CHE HA CONDANNATO TIMOSHENKO A 7 ANNI DI CARCERE CI SONO SIA LA LOTTA DI POTERE INTERNA IN UCRAINA CHE LA GUERRA DEL GAS TRA MOSCA E KIEV - ALLA EROINA DELLA ‘RIVOLUZIONE ARANCIONE’ È IMPUTATA UNA SFAVOREVOLE CONTRATTAZIONE DEI PREZZI DEL GAS CON LA RUSSIA - IL PRESIDENTE YANUKOVICH GODE: CON LA PASIONARIA BIONDA AL GABBIO NON HA OSTACOLI ALLA RIELEZIONE E PUÒ RIDISCUTERE CON PUTIN I PREZZI DELLE BOLLETTE…
Stefano Grazioli per "Lettera43.it"
L'ultimo capitolo di questa storia non è stato certo scritto l'11 ottobre con il verdetto di colpevolezza e la condanna a sette anni di reclusione per Yulia Timoshenko. Il tribunale distrettuale di Pechersk ha emesso la sua sentenza e questa è solo una puntata di una telenovela che non è cominciata certo con l'arresto dell'eroina della rivoluzione arancione lo scorso 5 agosto, ma molto tempo prima, quando l'ex primo ministro non era ancora entrata in politica ed era conosciuta come «la principessa del gas».
LA STAGIONE DEGLI OLIGARCHI
Dalla metà degli Anni 90 gli attori dell'interminabile sceneggiata (con gli ucraini in veste di impotenti spettatori) sono rimasti sempre gli stessi. Sino allo scorso decennio erano tutti nella stessa barca: l'oligarca dalla treccia bionda si era conquistata un seggio in parlamento e poi era andata a occupare il posto di ministro dell'Energia, l'ex governatore della banca centrale Victor Yushchenko era diventato premier nominato dal presidente Leonid Kuchma, Victor Yanukovich era il potente governatore della regione di Donetsk, il bacino industriale che tra acciaio e carbone produce gran parte della ricchezza del Paese.
LA RIVOLUZIONE DEI MILIONARI
Alle loro spalle giocavano gli altri oligarchi, profittatori delle privatizzazioni selvagge degli Anni 90: da Rinat Akhmetov a Victor Pinchuk. Poi è arrivata la rivoluzione del 2004, quella arancione, che in Ucraina è però chiamata «la rivoluzione dei milionari contro i milionari». Poco a che vedere con le questioni democratiche, nonostante la vulgata passata in Occidente.
Il duo Yushchenko-Tymoshenko - uscito vincitore dal duello alla luce del sole tra i seggi e le piazza e da quello un po' più oscuro del braccio di ferro tra Mosca e Washington - è rimasto sostanzialmente in sella per un quinquennio (con i brevi intermezzi di governo di Yuri Yechanurov e Victor Yanukovich) ma non ha mantenuto lo straccio di una promessa, andando a rotoli lo scorso anno quando Yanukovich ha avuto l'occasione di prendersi la rivincita.
UNA GUERRA FINITA IN AULA
Lo scontro interno, per evitarne uno analogo in vista delle prossime elezioni parlamentari e soprattutto presidenziali in calendario nel 2012 e nel 2015, è stato anticipato così nei tribunali. Il processo di Kiev si deve leggere in questo senso e ha ragione Timoshenko quando parla di «giustizia selettiva». Ma non solo. Dietro le vicende dei protagonisti si staglia uno scenario internazionale che ha a che fare con l'orientamento geopolitico del Paese e, soprattutto, con il gas. Affari vecchi, che risalgono ai tempi di Kuchma e Boris Eltsin e di cui hanno raccolto l'eredità da una parte Yushchenko e Yanukovich e dall'altra Vladimir Putin e Dmitri Medvedev.
L'ALIBI DEI PREZZI TROPPO ALTI
Ucraina e Russia sono, infatti, legate dai tubi e dal gas che vi passa attraverso. Già nel 1997 si erano accordate alla loro maniera, con Kiev che aveva ottenuto tra l'altro sconti sulla bolletta dietro la concessione della base di Sebastopoli per la flotta russa. Modello ripreso nel 2010 con gli accordi di Kharkiv. Tra le molteplici guerre del gas quella risolta nel 2009 da Timoshenko è stata utilizzata dai giudici di Kiev come scusa per mettere sotto scacco la pasionaria ribelle accusata di aver concordato prezzi troppo alti.
LA REVISIONE DEI CONTRATTI
Ecco dunque che la condanna della ex premier è diventata l'arma per chiedere una revisione dei contratti con la Russia. Yanukovich vuole in sostanza prendere due piccioni con una fava: mettere in un angolo definitivamente la sua rivale di sempre e dall'altro rafforzare la posizione ucraina nel caso di un ricorso a un arbitrato internazionale per chiedere la riduzione delle tariffe.
Per questo motivo il Cremlino si è espresso nelle scorse settimane sottolineando la validità degli accordi e prendendo le difese di Timoshenko. Anche in questo caso i valori in gioco non sono certo quelli democratici o dell'indipendenza del sistema giudiziario. E, puntuale, è arrivata la denuncia di Vladimir Putin. «à rischioso e controproducente mettere a repentaglio l'intero pacchetto di accordi» con l'Ucraina per la fornitura di gas, ha detto il premier russo. E che la storia puzzi di gas lo sa benissimo anche l'Unione europea, che in queste settimane si è sbracciata in favore della bionda Yulia.
LA STRATEGIA EUROPEA
Ma anche a Bruxelles, dove l'unità di pensiero è cosa rara, la strategia nei confronti dell'Ucraina è condizionata dai rapporti con la Russia. Tra Ue e Kiev sono in corso le trattative per arrivare alla firma dell'accordo di associazione, passo simbolico per agganciare l'Ucraina nell'orbita europea. Un avvicinamento che con la condanna di martedì potrebbe arrestarsi, rischiando però di isolare Yanukovich e spingerlo verso Mosca, che da tempo ha già pronta la sua offerta per l'entrata nell'unione doganale euroasiatica, sconto sul gas incluso.
IL DESTINO DI YULIA
Il presidente ucraino ha fatto capire che l'ultima parola sul caso Timoshenko non è stata però ancora detta. Tra appelli, accordi parlamentari e soprattutto extraparlamentari il destino della Lady di ferro potrebbe insomma cambiare. Yanukovich ha ribadito in questi mesi la vocazione europea di Kiev e la volontà di firmare l'accordo con l'Ue. Se il prossimo passo fosse diretto dunque a tranquillizzare Bruxelles e si arrivasse alla conclusione dei negoziati, quello successivo dovrebbe accontentare il Cremlino, a cui fa gola il controllo sul sistema di gasdotti ucraino e sul colosso Naftogaz.




