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CHE DIO TI BONAIUTI - L’ADDIO DI PAOLINO S’È CONSUMATO IN UN CONFRONTO AD ARCORE, DOVE IL BANANA HA PROVATO A GIOCARE LA FICHE DI UNA CANDIDATURA ALLE EUROPEE O IL RUOLO FUMOSO DI “CAPO DELLA FORMAZIONE DEL PARTITO”
1. BONAIUTI: âGESTIONE E PAROLE D'ORDINE NON VANNO. NON POTEVO STARE PER UNO STRAPUNTINO'
Paola Di Caro per âIl Corriere della Sera'
La fine era scritta, ma, come in tutte le storie lunghe e vissute intensamente, arrivarci è stato duro, brutto e doloroso. Paolo Bonaiuti - per 18 anni uomo della comunicazione, praticamente l'ombra di Silvio Berlusconi - lascia ufficialmente Forza Italia.
Lo fa con una breve nota all'Ansa nel primo pomeriggio, ma le decisioni erano prese, e i tre giorni passati a parlarsi, rinfacciarsi, riprovarci, arrabbiarsi tra lui e il leader azzurro non hanno nulla tolto e nulla aggiunto a un epilogo scontato, ma che lascia strascichi pesanti nel centrodestra. E che acuisce lo scontro sempre più virulento tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra.
Perché Bonaiuti, oggi, incontrerà ufficialmente Alfano per decidere quale ruolo andare a rivestire nel partito dei suoi ex e ora ritrovati colleghi - si parla di un coordinamento della comunicazione - e perché il passaggio suscita l'ira dell'ex premier, che si sente tradito dopo «avergli dato tanto, tutto».
Bonaiuti se ne va con una «decisione difficile, sofferta, anche a lungo rinviata», ma «pienamente motivata e già da tempo da divergenze politiche e da incomprensioni personali che si sono approfondite nell'ultimo anno». Se ne va facendo gli auguri a Berlusconi con «l'affetto dei 18 anni in cui ho lavorato ogni giorno al suo fianco».
Queste le parole messe nero su bianco, ma, quelle che sgorgano in una giornata che sembra non finire mai, sono calde: «Non c'è un momento che non tengo con me, mi porto dietro tutto, Je ne regrette rien , vorrei dire con la Piaf». I momenti belli, quelli che i suoi avversari di oggi gli rinfacciano perché «ha avuto tantissimo da Berlusconi, gloria e onori». E quelli degli ultimi mesi, scanditi da silenzi lunghissimi, da una distanza politica e umana siderale.
Ad accompagnare la fine ci sono dunque le asprezze, i piatti rotti, le recriminazioni. Berlusconi non parla, ma il suo umore è ben espresso dai fedelissimi: «Mi sembra di stare su Scherzi a parte, tutta questa storia ha del surreale e del grottesco», dice Giovanni Toti, ricordando quanto la vicinanza a Berlusconi sia stata essenziale a Bonaiuti per la sua carriera politica. Concetto che rende chiaro perché - dall'una e dall'altra parte - non poteva essere accolto l'appello estremo di Mara Carfagna a stare uniti, a non perdere «una risorsa» del partito come Bonaiuti.
Troppo tardi, tutto è avvenuto troppo tardi. Tardive le telefonate venerdì scorso di Berlusconi a Bonaiuti per convincerlo «ad aspettare martedì, ci vediamo e ne parliamo a voce quando vengo a Roma». Tardivo l'invito ad Arcore, dove l'ex portavoce è andato «per affetto, era giusto lo facessi, e non certo per chiedere in cambio qualcosa».
Tardive le (poche) offerte che avrebbero giustificato un rientro e un passo indietro: una candidatura alle Europee in buona posizione, un ruolo non meglio specificato da «capo della formazione del partito», uno da ufficioso consigliere privato come lo è sempre stato Gianni Letta: «Te ne vai con Alfano? Mi fai questo sgarbo perché ti è stata data una brutta stanza vicino ai bagni? Ti sembra un motivo, dopo tutto quello che ho fatto per te? Ma che roba è, Paolo!».
«Me ne vado perché di questo partito non condivido più gestione, toni, parole d'ordine, modi, linea... E non ci sto a margine per uno strapuntino dopo che, per 18 anni, sono stato accanto a te sempre, in ogni decisione!». «Non è vero che ti ho fatto fuori. Tu non venivi più alle ultime riunioni, ho pensato che volessi prenderti il tuo tempo, che fossi stanco». «Ma se io sono stato in rianimazione in ospedale e tu non mi hai fatto neanche una visita...».
Si sono lasciati dopo tre ore a tu per tu, tra toni alti e tentativi. Sì e no. «Pensaci». «Vediamo». «Forse». «Ma». Si sono lasciati sabato sera, sulla porta di Arcore, con Berlusconi che chiedeva di «rifletterci ancora una notte. Aspetta, non fare comunicati domenica. Me lo devi, ti chiedo solo questo». E Bonaiuti aveva accettato, confortato anche da «tantissimi messaggi di amici», amici di sempre e colleghi come Verdini, che, per sms, lo invitava a «non fare il bischero».
Ma la mattina «certe ricostruzioni false di quello che ci siamo detti», l'attacco durissimo dei giornali berlusconiani, Giornale e Libero , con le accuse di tradimento, le parole di Romani e di Toti hanno reso ovvio quello che era apparso inevitabile fin dall'inizio: l'ufficializzazione dell'addio.
E si capisce quanta sia la rabbia oggi di Berlusconi, pur convinto che, alla fine, «anche questa roba si supererà e si dimenticherà in fretta». Quanto dura sarà la battaglia. Quanto difficile il cammino. Quanto pesante il clima. Ma, se sono state vere le emozioni di 18 anni, veri devono essere anche il rancore e la delusione che lasciano. Solo l'indifferenza renderebbe più sopportabile, anche se più amara, questa separazione. Ma, in tempi così duri, l'indifferenza è un lusso che nessuno nel centrodestra si può permettere.
2. DA âMENTORE' A EMARGINATO: LA SECOND LIFE DEL FIDO PAOLO
Filippo Ceccarelli per âLa Repubblica'
Meglio, molto meglio, per uno come lui, ostentare quella tipica sprezzatura da uomo di corte in difficoltà piuttosto che lasciarsi impelagare in un turbine di miserrime gelosie, stanze sottratte, scatoloni incustoditi in cortile e ripicche politiche, appunto. Che senso ha oltretutto imbarcarsi in una second life lontano dal mito che lui stesso, prima e meglio degli adulatori dell'ultima ora, ha contribuito a creare?
Non s'invocherà qui la categoria tribale del tradimento; né quella, già più umana, dell'opportunismo. L'approdo al Ncd chiama in causa semmai quella del garbo, dell'eleganza e in fondo anche della simpatia con cui per quasi un ventennio quest'uomo di mondo e giornalista nemmeno troppo cinico ha riequilibrato gli sfoggi grossolani e alleggerito, talvolta ben oltre l'autosacrificio, le vistose gaffe del Cavaliere negli anni più intensi del suo potere.
Il miglior Bonaiuti, in effetti, s'è potuto ammirare dopo le elezioni del 2001: pronto, disponibile, anche spiritoso, giusto un po' dandy, ma quella figura nell'entourage allora mancava: le migliori cravatte, i più ameni ristoranti, ah, la cremolata di pistacchio del cavalier Matranga! - e subito la Rai ci faceva un servizio; e le più misteriose diete, le più efficaci ginnastiche, le più rimarchevoli vacanze nella cittadina più a sud del mondo, a Ushuiaie, sullo Stretto di Magellano, "telefonino irraggiungibile" sospirava Paolino - e magari era anche sincero.
Ma quando ritornava, i giornalisti inseguivano l'onorevole sottosegretario Portavoce addirittura nei cessi di Montecitorio, "non posso crederci" raccontava lui a quelli che erano rimasti al loro posto. Mestiere complicato. E sarà pure stata una "decisione sofferta", ma è incredibile anche solo pensare a Bonaiuti che si adatta a Schifani o a Quagliariello. Di Berlusconi ha detto cose che a ricordarle oggi ci si sente un po' crudeli. Ma siccome esistono pur sempre gli archivi, vale giusto la pena ricordare che dopo averlo paragonato a Coppi e a John Wayne proclamò il suo signore: "un genio".
Insieme, del resto, funzionavano, specie sul piano visivo. Il Cavaliere parlante in primo piano e lui un passo indietro che annuiva estatico o, a seconda, scuoteva il capo sdegnosamente. "Il mio mentore" lo gratificava Berlusconi, o "il mio dittatore", o "la suocera", la gag è durata a lungo: "Non posso rispondere sennò Bonaiuti mi sgrida", e allora tutti ridevano, il potere è fatto anche di queste smancerie, il punto dolente è che quando il loro ricordo comincia a ispirare qualche mesto imbarazzo in genere vuol dire che c'era in esse qualcosa di insano, o di troppo.
Nel marzo del 2007, a un raduno di giovani, sempre per fare il simpatico, comunque disse il Cavaliere: "Bonaiuti mi sta sempre appiccicato, quindi sto pensando di sostituirlo con una bella donna". Erano gli albori della fase priapesca e rovinosissima. Nell'autunno del 2011, ormai sul punto di abbandonare per sempre Palazzo Chigi, gli attribuirono: "Con quell'aria da becchino e quelle cravatte immettibili fa solo male alla mia immagine". Non era vero, ma nel potere la verità è poco più di un optional - e Bonaiuti sa benissimo che anche nell'Ncd ce n'è pochissima.
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