MAMMA LI TURCHI! - DIPLOMAZIE A LAVORO PER LA DISTENSIONE TRA DRAGHI E ERDOGAN MA RESTA IL PROBLEMA LIBIA: LA TURCHIA VUOLE SPODESTARCI (IN DUPLEX CON LA FRANCIA) - QUANDO ARRIVERA' IL MOMENTO, BIDEN SOSTERRA' LE RIVENDICAZIONI ITALIANE PER TRE RAGIONI - E SULLA CESSIONE D'ARMAMENTI DA PARTE DI MOSCA È IN CORSO UNA CENSURA (NON SANZIONATORIA) DELLA NATO ALLA TURCHIA FILO-RUSSIA
1 - DAGOREPORT
Dopo le parole di Mario Draghi su Recep Erdogan ("E' un dittatore"), con la reazione furibonda di Ankara che prima ha preteso le scuse e poi si è vendicata sulle aziende italiane tagliando le commesse, si è attivata la diplomazia per allentare le tensioni.
Il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Luigi Mattiolo, che è stato anche ambasciatore in Turchia, è al lavoro per ricucire i rapporti.
Tra le cancellerie smussare gli spigoli non sarà un problema ma una "questione" italo-turca resta aperta, ed è strettamente legata alla Libia. Ieri l’intero governo di Tripoli, guidato da Abdelhamid Dbeibah, è volato ad Ankara per confermare accordi militari ed economici con la Turchia a danno del nostro paese.
L'obiettivo del "Baffo forte del Bosforo" è chiaro: spodestare l'Italia (e la Francia) dalla Libia. L'idea non piace all'Europa, men che meno agli Stati uniti che, quando ci sarà da scegliere con chi schierarsi, appoggeranno le rivendicazioni di Roma. E non solo per il rapporto di amicizia e stima tra Biden e Draghi.
Per quanto scalcagnato, il nostro paese (dal ruolo nell'Ue e nel Mediterraneo fino alle basi militari) è utile a Washington più di quanto lo sia la Turchia. Al contrario di Trump, la politica estera di Joe Biden, orientata alla difesa globale dei diritti umani, mai potrebbe scendere a patti con un dittatore che ha cancellato con la forza ogni forma di dissenso interno e incarcerato (o giustiziato) i suoi oppositori.
MARIO DRAGHI - CONFERENZA STAMPA
Non solo. Per Erdogan non vale neanche la frase “Può essere un bastardo, ma è il nostro bastardo”, variamente attribuita ai presidenti americani del Novecento, per legittimare i dittatorelli latinoamericani amici. La Turchia flirta spudoratamente con la Russia da cui è pronta ad acquistare nuovi armamenti, dopo il sistema missilistico S-400 che fece infuriare gli Stati Uniti.
"Mosca - come evidenziato dal "Fatto quotidiano" - ha intenzione di negoziare con Ankara la fornitura di caccia Su-57 di quinta e quarta generazione, oltre che lavorare insieme per sviluppare un moderno caccia da combattimento turco che, in sostanza, prenda il posto degli F-35 non venduti dagli Usa a Erdogan per la crisi Nato esplosa dopo il precedente accordo tra Mosca e il Paese sul Bosforo". Il regime turco, inoltre, sostiene Putin sulla Siria e in Medioriente.
Sulla cessione d'armamenti da parte di Mosca è in corso un'azione diplomatica di ambasciatori europei e presso l'Onu per una censura (non sanzionatoria) alla Turchia, che è membro della Nato e non dovrebbe "sbandare" verso il Cremlino. Il buffetto sarà mitigato anche per venire incontro alla Germania che ha "in pancia" più di 3 milioni di immigrati turchi.
L'Occidente può permettersi di avere i signorotti del Bosforo spaparanzati in Cirenaica e Tripolitania a ciucciarsi il petrolio a cui ha sempre abbeverato le pulegge l'Eni della francese Total)? Certo che no. In quest'ottica vanno lette le critiche della Francia alla "deriva autoritaria" di Ankara dopo il sofà-gate, che ha avuto come "vittima" Ursula von der Leyen e le sue chiappe de-poltronizzate.
2 - IL PIANO DI ERDOGAN IN LIBIA È CHIARO: BUTTARE FUORI L’ITALIA
Leone Grotti per https://www.tempi.it
«La Turchia ha un obiettivo non dichiarato, ma esplicito, in Libia e nel Mar Mediterraneo: estromettere del tutto l’Italia a proprio vantaggio». È questo secondo Repubblica che bisogna trattenere dall’incontro avvenuto ieri ad Ankara tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e l’intero governo libico di unità nazionale (il premier Abdelhamid Dbeibah più 14 ministri).
Erdogan domina la Libia
Davanti al premier della Libia, Erdogan ha proferite parole chiare, che non possono far piacere al nostro governo: «Continueremo il nostro sostegno militare alla Libia. L’intesa sui confini del Mediterraneo è confermata e ha portato stabilità nella regione». Il presidente turco, continua Repubblica, «ha incassato la conferma del memorandum d’intesa siglato nel novembre 2019 sulla demarcazione dei confini nel Mediterraneo (non riconosciuta dall’Onu, ndr), sponda chiave per le ambizioni turche sulle risorse energetiche contese». Davanti all’iniziativa di Ankara, che va tutta a svantaggio dell’Europa, «Italia, Francia, Grecia, Israele, Egitto paiono tramortiti».
Sul tavolo delle trattative in Turchia c’erano la riapertura del consolato a Bengasi, il supporto militare a 360 gradi alla Libia «rafforzato dall’arrivo di nuovi mercenari siriani», la ricostruzione di molte aree distrutte dalla guerra, in particolare l’aeroporto di Tripoli. L’intesa rappresenta una sfida per l’Italia, dopo l’iniziativa diplomatica di Draghi in Libia e le parole dure pronunciate nei confronti del presidente turco all’indomani del «sofagate»: «Erdogan è un dittatore, ma bisogna collaborare».
Cattive notizie per l’Italia
La Turchia si è conquistata il predominio della Libia scongiurando la presa di Tripoli da parte delle forze del generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, durante la guerra civile. E ora chiede al nuovo premier il conto. Come spiega la Stampa, «per l’Italia il patto marittimo non promette nulla di buono, soprattutto perché presuppone la precedenza alle aziende turche nelle esplorazioni offshore alla ricerca di gas. Ma le nostre imprese rischiano di essere scavalcata anche sulla terraferma. E in questo senso conta di più il patto militare. Dai 2 ai 4 mila mercenari siriani sono ancora in Libia». Secondo Mf, il braccio di ferro tra Italia e Turchia mette a rischio un giro d’affari tra il nostro e il paese anatolico pari a 9 miliardi di euro.
Sarà da vedere se l’asse con la Francia che Draghi sembra voler rinsaldare servirà a contrastare la Turchia in modo efficace in Libia. Ma il nuovo esecutivo dovrà fare meglio del Conte I e II, colpevoli di aver abbandonato la Libia nelle mani di Turchia e Russia senza opporre resistenza.
3 - LA RUSSIA VUOLE VENDERE I CACCIA SU-57 ALLA TURCHIA. DALLA NATO AL MEDITERRANEO, FINO ALLA LIBIA: COME CAMBIA LO SCENARIO
Francesco De Palo per https://www.ilfattoquotidiano.it del 21 marzo 2021
schermata 2021 04 06 alle 19.36.27
Russia e Turchia sono pronte a un nuovo accordo per la compravendita di armamenti, dopo il contestato acquisto del sistema missilistico S-400 che fece infuriare gli Stati Uniti. Mosca ha infatti intenzione di negoziare con Ankara la fornitura di caccia Su-57 di quinta e quarta generazione, oltre che lavorare insieme per sviluppare un moderno caccia da combattimento turco che, in sostanza, prenda il posto degli F-35 non venduti dagli Usa a Erdogan per la crisi Nato esplosa dopo il precedente accordo tra Mosca e il Paese sul Bosforo. Lo ha affermato il Servizio federale per la cooperazione militare e tecnica della Federazione russa.
Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh
La prima conseguenza riguarda gli scenari euro-mediterranei, essenzialmente sul fronte Nato e Libia. Si materializza così un’ulteriore destabilizzazione dell’Alleanza atlantica, anche dopo l’avvio dell’amministrazione Biden. Il dossier relativo al sistema missilistico russo S-400 è stato il principale fattore di attrito con Washington.
GASDOTTO TAP PUTIN ERDOGAN ALIYEV
In un momento in cui Nato e Ue provano a cooperare anche sul tema dell’immigrazione, visto che la Turchia ha sempre in mano la carta dei 3,5 milioni di profughi siriani sul proprio suolo, le parole del Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg al Parlamento europeo tracciano una nuova linea strategica proprio verso il governo di Erdogan: “Sappiamo tutti che ci sono gravi divergenze su alcune questioni, dal Mediterraneo orientale alla decisione turca di acquistare lo S-400 russo, o in relazione ai diritti democratici in Turchia”. Come dire che un cambio anche di retorica da parte dei vertici dell’Alleanza c’è stato rispetto a sei mesi fa.
La spartizione turco russa delle libie - mappa limes
Certo, Soltenberg ha aggiunto di aver creato quello che viene chiamato un meccanismo di deterrenza tra Grecia e Turchia (“Ora vediamo che abbiamo contribuito a spianare la strada a colloqui esplorativi tra Grecia e Turchia”), ma quel tavolo è stato più che altro figlio dei desiderata di Berlino.
La Nato resta sempre caratterizzata per due visioni: una che punta, sic et simpliciter, a mantenere Erdogan stabilmente all’interno del cosiddetto “cono occidentale”, con tutto ciò che ne consegue, come l’accordo con l’Ue sui migranti su cui Berlino spinge per un rinnovo e le rivendicazioni energetiche nell’Egeo. Un’altra che mostra preoccupazioni per la spregiudicata postura turca in Libia, nei Balcani e in Siria.
Proprio in Libia la Turchia è già fortissima, in virtù di una presenza progettata con cura e attuata con precisione chirurgica negli ultimi 24 mesi, quando però si è vista su un fronte opposto proprio rispetto alla Russia, legata alla fazione che fa capo al generale Khalifa Haftar. La presenza degli uomini legati a Erdogan è forte anche grazie all’utilizzo dei droni Bayraktar utilizzati dopo l’accordo marittimo firmato tra la Turchia e l’ex governo sostenuto dalle Nazioni Unite con sede a Tripoli: il nuovo primo ministro designato, Abdul Hamid Dbeibah, ha dato il via libera all’intesa che il Parlamento voterà.
mario draghi in libia mario draghi in libia 2gli affari di eni e total in libiamario draghi in libia Mario Draghi e Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh