1. COSA DIVIDE BERLUSCONI E BERSANI? NIENTE: TUTTI E DUE BALLANO LO SCHIACCIA-MONTI 2. IN UN’INTERVISTA AL “WALL STREET JOURNAL”, CULATELLO METTE AL MURO RIGOR MONTIS: “E’ UTILE AL PAESE MA SAREBBE MEGLIO CHE RIMANESSE FUORI DALLA CONTESA” 3. ALLA FACCIA DEI GIORNALONI (DAL “CORRIERE” A “REPUBBLICA”) CHE SE NE FREGANO DEL VOTO SOVRANO E SI STRAPPANO I CAPELLI PER L’”UNTO DEI MERCATI” GOLDMAN MONTI, CULATELLO TIRA DRITTO PER PALAZZO CHIGI: “NOI RISPETTEREMO GLI IMPEGNI PRESI CON L'UNIONE EUROPEA E LI FAREMO NOSTRI. SE NOI NON ESISTESSIMO, DOVRESTE VENIRE A CERCARCI. SENZA DI NOI L'ITALIA SAREBBE UN PROBLEMA PER L'EUROPA E PER IL MONDO” 4. E POI: QUANTO VALE ALLE URNE LA “LISTA MONTI”? PER IL “FATTO” OSCILLA TRA IL 10 E IL 15%. PER IL “GIORNALE” INVECE “È IN CALO DI POPOLARITÀ ED È A PICCO NEI SONDAGGI”
1. COSA DIVIDE BERLUSCONI E BERSANI? NIENTE: TUTTI E DUE BALLANO LO SCHIACCIA-MONTI
Da "Il Messaggero.it"
«Ho sempre detto che Mario Monti deve essere ancora utile per il Paese, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa». Così il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha risposto a chi gli ha chiesto cosa ne pensasse di un impegno del premier alle prossime elezioni.
«Noi rispetteremo gli impegni presi con l'Unione europea e li faremo nostri». Lo afferma il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, in una intervista al Wall Street Journal. «Basta guardare il resto del panorama politico italiano. Se noi non esistessimo, dovreste venire a cercarci. Senza di noi l'Italia sarebbe un problema per l'Europa e per il mondo», ha continuato Bersani.
«Io credo - aggiunge Bersani - che sarà possibile raggiungere il pareggio di bilancio il prossimo anno in termini strutturali ma sono sicuro che l'anno successivo la situazione europea favorirà una discussione e una rivisitazione delle politiche economiche e fiscali non per superarle ma per migliorarle con correzioni orientate ad una maggiore flessibilità ».
«Concordo che in passato i governi di centrosinistra hanno offerto un'immagine di divisioni, come nell'ultimo governo Prodi. Ma all'epoca c'erano 12 partiti diversi, e non c'era ancora il Pd. Oggi le cose sono diverse. Il nostro partito è la maggiore forza politica italiana e ha la sua identità », ha quindi sottolineato il segretario del Pd, assicurando che la sua coalizione è molto diversa da quella che portò in passato Romano Prodi a Palazzo Chigi.
Bersani conferma che pensa a una larga alleanza con le forze moderate di Casini e Montezemolo, definite come realtà «centriste, europeiste». Quindi ribadisce che malgrado le pressioni del partito di Nichi Vendola «la discussione sull'articolo 18 è un capitolo chiuso».
Infine, riguardo al rinnovo generazionale e al ruolo futuro di Matteo Renzi, il segretario del Pd assicura che punta a un «mix di personalità con grande esperienza a giovani che hanno già mostrato il loro valore sul campo»: «Chiederò a Renzi - afferma - di essere più coinvolto nel dibattito interno al nostro partito».
E riguardo all'invito di Berlusconi al sindaco di Firenze, dice: «Inviterei Berlusconi a non cadere nel ridicolo anche se è un luogo che ha già ampiamente frequentato. Dopo le Primarie - sottolinea il segretario del Pd - siamo tutti più in salute. Si combatterà insieme questa battaglia, questi giochini lasciano il tempo che trovano. Tutto il Pd, anche Renzi, combatterà insieme».
2 - LA LISTA PROF AL 15% SI MUOVE LA TRIADE CFM
Giampiero Calapà per il "Fatto quotidiano"
Operazione "moriremo tutti democristiani" in un grande centro sotto la guida di Mario Monti al via. Ci credono e stanno lavorando per questo l'ex missino Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini a capo di quel che è rimasto della Dc, Luca Cordero di Montezemolo e la sua non meglio precisata Italia Futura, la sigla Fermare il declino del giornalista dandy Oscar Giannino; il tutto con la benedizione di qualche cardinale e di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, il sindacato cattolico.
L'asse Fini-Casini-Montezemolo si è palesata ieri sera nelle parole del presidente della Camera, ospite di Fabio Fazio a Chetempochefa su Raitre: con Pierferdinando e Luca "ci sentiamo tutti i giorni - ha rivelato Gianfranco Fini - e assieme a loro e a molti altri riteniamo che sarebbero guai se tornassimo in una fase in cui non ci fossero i conti pubblici sotto controllo". Fini ha un'idea ben precisa: "Monti deve continuare a guidare il Paese come presidente del Consiglio, solo lui può rispondere su questo ma me lo auguro".
Ovviamente Pierferdinando Casini conferma tutto, senza sbilanciarsi troppo, in modo squisitamente democristiano: "Io non sono autorizzato ad interpretare il pensiero di Monti. C'è una politica seria che per quattro anni ha fatto un'opposizione costruttiva al governo Berlusconi e ha voluto Monti appoggiando il suo esecutivo. E poi c'è una società civile di moderati e benpensanti, che non vogliono rassegnarsi al populismo, a cui bisogna dare risposte". Si scaglia contro il "populismo" Casini, non a caso, ma per far eco proprio a Monti, che il giorno prima aveva attaccato i populismi, in modo da chiarire al premier dimissionario una volta di più da che parte stare.
Perché nel Partito democratico qualche sirena per Monti, all'occorrenza richiamato per fare il ministro di un governo Bersani, continua a suonare; infatti Rosy Bindi insiste: "Monti, dopo le mosse del Pdl, è molto più vicino al centrosinistra e al centro moderato, lo capiremo meglio in seguito". Mentre sul fronte di Luca Cordero di Montezemolo le bocche sono tutte cucite, anche se lo stratega di Italia Futura Andrea Romano conferma: "Stiamo lavorando".
Cosa che, ritornando all'Udc, ribadisce Rocco Buttiglione: "Con Montezemolo e i moderati dobbiamo salvare l'Italia". E il braccio destro di Casini, Roberto Rao, va anche molto oltre: "Monti ha una capacità attrattiva tale che cancellerà divergenze, attriti e personalismi emersi tra Montezemolo e Casini. Potrebbe addirittura far fare un pensierino al sindaco di Firenze Matteo Renzi, perché no?".
Il portavoce del rottamatore sconfitto alle primarie da Pier Luigi Bersani, Marco Agnoletti, però assicura: "Matteo dal Pd non esce neppure sotto tortura, è l'unica cosa nella vita di cui sono sicuro". Ma, annuncia Stefano Ceci, uomo di Montezemolo in Emilia Romagna, che "martedì ad ascoltare Luca Cordero al Teatro Valli di Reggio ci saranno anche i rottamatori Matteo Richetti e Beppe Pagani: la battaglia di rinnovamento di Renzi è quanto di più interessante avvenuto negli ultimi anni, ha riacceso la passione per la politica e coinvolto migliaia di italiani facendo loro riscoprire la voglia di concorrere al cambiamento per il meglio dell'Italia".
Intanto per i sondaggisti sono ore frenetiche, le dimissioni di Monti hanno messo sulle loro scrivanie la domanda: quanto vale una coalizione centrista guidata dal Professore, alternativa al Pdl di Berlusconi, al Pd di Bersani e al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo? La forbice, oggi va dal più del 10% di Swg al 15-20% di Renato Mannheimer, passando per il 12-15% dell'Istituto Piepoli.
Per Nicola Piepoli ad una coalizione con alla testa Mario Monti "guarderebbe con crescente interesse la metà dell'elettorato ancora indeciso, moderati, liberali di centro, orfani e delusi dal centrodestra berlusconiano". A fronte del fatto che "l'Udc di Casini da sola vale non più del 6%, Montezemolo non pervenuto e Fli di Fini il 3 al massimo".
In questo quadro, per Piepoli, "il Partito democratico, l'unico che può vantare solidità sul territorio, si attesterebbe al 34%, a cui andrebbe aggiunto il 6% di Vendola con Sel; il Pdl rimarrebbe incollato al 16%; Grillo al 15 in percettibile discesa dopo il flop delle parlamentarie su internet; l'Idv sotto al 5%". Resta un'incognita la nuova sinistra arancione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
3 - SUPERMARIO A PICCO NEI SONDAGGI HA PORTATO TASSE E CRESCITA ZERO
Paolo Bracalini per "il Giornale"
«La popolarità di Monti mette in crisi i partiti» titolava The Economist a fine febbraio scorso, mentre El Pais si interrogava su come potesse essere così gradito agli italiani ( 71% a novembre 2011) il premier dell'austerity e dei sacrifici. Dopo due mesi di governo, Monti era ancora su livelli di fiducia personali da record, oltre il 60%. Poi, settimana dopo settimana, il consenso è calato a picco, fino a dimezzarsi.
L'ultimo sondaggio Swg per Agorà lo dà al 33%, il minimo storico da quando è in carica (e solo il 22% vorrebbe un secondo governo Monti), mentre secondo Ipsos/ Ballarò Mon-ti è meno gradito come futuro premier rispetto a Bersani e tallonato da Berlusconi e dal futuro candidato del M5S. I tempi sono cambiati, la luna di miele sfuma nel fiele. Non è difficile spiegare il crollo nel gradimento del professore.
Gli indici economici reali, quelli vissuti sulla pelle di aziende e famiglie, sono tutti negativi, peggiori del 2011, l'anno del famoso «passo dal baratro» che ha richiesto l'intervento salvifico dei tecnici. La disoccupazione, che negli ultimi giorni del precedente governo era all'8,3% (29%quella giovanile) ha toccato due settimane fa il tasso record dell' 11,1%, che arriva a livelli mai raggiunti per i giovani (36,5%).
La pressione fiscale, in Italia già molto sopra la media Ue (siamo il terzo paese su 27 dopo Danimarca e Svezia per carico fiscale), è aumentata di ben 2,2 punti percentuali in un anno di governo Monti, toccando il 44,7% nel 2012 (pari a 35 miliardi di tasse in più rispetto al 2011) per stabilizzarsi poi col 2013 in uno spaventoso 45,3% di imposte dirette.
A cui si aggiungono quelle indirette, come le accise sui carburanti, aumentata di 9,9 centesimi al litro per la benzina e di 13,6 centesimi per il diesel. Insieme al superbollo (e ai blitz sulle auto di lusso) introdotto col salva Italia la manovra Monti ha contribuito a me-ttere in ginocchio il settore auto già in difficoltà .
Risultato: in Italia chiude un concessionario d'auto al giorno. Una falcidia che riguarda le imprese in generale, soffocate dal calo della domanda e dal carico fiscale. Nel 2011, ultimo anno di Berlusconi, le cose già andavano male, con quasi 12mila aziende chiuse, una media di 35 al giorno. Ma il 2012 «montiano» è stato di gran lunga peggiore: tra gennaio e settembre sono state più di 76mila le imprese in Italia entrate in procedura di fallimento, pari all'1,3% del totale. Un'ecatombe spaventosa.
Colori cupi anche sulle economie famigliari. L'11% in meno rispetto al 2011 riesce a met-tere via qualcosa a fine mese. Secondo un'indagine Censis-Confcommercio nei primi sei mesi del 2012 il 18% dei nuclei famigliari, ovvero 4,5 milioni di italiani, non è riuscito a coprire le spese mensili col proprio reddito, cioè non è arrivata alla famosa quarta settimana.
Di conseguenza i consumi sono calati paurosamente (7 miliardi di euro in meno nel 2012), «mai così bassi dal dopoguerra» dicono le stime. E con i consumi e le imprese che chiudono peggiora anche il Pil italiano. Il dato Istat di metà novembre racconta che il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto al 2011.
Sotto il governo Monti l'Italia è entrata ufficialmente in recessione, e non sembra desti-nata ad uscirne in fretta. Basti pensare che l'Ocse,nel suo Economic outlook di novembre, ha ritoccato al ribasso le stime sul Pil italiano, prevedendo un -2,2% per il 2012 e un -1% per il 2013, mentre sei mesi fa le previsioni erano migliori (-1,7% e -0,4%).
Malgrado gli sforzi dei tecnici siano stati concentrati perlopiù sul debito pubblico, peggiora anche il debito pubblico, che raggiunge il record storico di 1.995 miliardi di euro, pari al 126,1% del Pil, sei punti più di un anno fa, solo la Grecia ha fatto peggio dell'Italia, che pure era guidata da Monti. Non basta, anche qui le previsioni Ocse sono pessime.
«L'anno prossimo il rapporto debito Pil sfonderà il 130% per portarsi nel 2014 al 132% - scriveva pochi giorni fa su Chicago Blog l'economista Ugo Arrigo- . L'unica volta nella storia d'Italia in cui raggiunse e superò tale valore fu nel 1919. Non è il caso allora di rottamare l'Agenda Monti prima che sia troppo tardi? ».










