DOPO I ‘VAFFA’ DI GRILLO, CULATELLO È APPESO A UN LETTA-LETTA

Ugo Magri per "la Stampa"

Né Grillo né Berlusconi si lasciano convincere dagli argomenti di Bersani, che chiede una mano a far nascere il suo governo in nome del cambiamento, del bene comune, dell'Italia. Male è andato l'incontro del presidente incaricato con la delegazione M5S, trasmesso in diretta web. Basti dire che Crimi, capogruppo Cinque Stelle, ha postato su Facebook non uno, ma 30 motivi per dire no a un governo guidato dal segretario Pd (annoverato da Grillo tra i «padri puttanieri» di questa Repubblica, insieme con Monti, Cicchitto e Berlusconi).

Verso sera ancora Crimi ha fatto intendere, salvo in parte rimangiarselo, che sarebbe «tutta un'altra storia» se Napolitano togliesse di mezzo Bersani e incaricasse qualche personaggio pescato fuori dal solito mazzo della politica: un'ipotesi vissuta dal Pd come l'ultima «provocazione» della giornata e la conferma che, da quella parte, c'è poco da insistere.

Niente da fare, tuttavia, nemmeno col Cavaliere. Il quale ha impiegato un po' a capire, esattamente, che cosa offrirebbe Bersani in cambio del suo via libera (i mediatori, o sedicenti tali, sono uno più di mille e ognuno la racconta diversa). Alla fine Berlusconi si è reso conto che il Pd lo renderebbe partecipe, in forme e modi da chiarire, della scelta per il Quirinale. Che non verrebbe negata al centrodestra la guida di una Convenzione costituente, cioè l'organismo cui Bersani affiderebbe, casomai facesse il governo, «le riforme di cui discutiamo da vent'anni». Sulle prime pare che Silvio fosse interessato.

Poi però è venuto a scoprire che l'offerta di presiedere la Convenzione non riguarderebbe lui ma Alfano, al limite Schifani; dunque ai suoi occhi la cosa ha perso interesse. Inoltre non gli piace per niente che al Pdl si chieda di uscire dall'Aula, in modo che il centrosinistra voti la fiducia da solo. «E cosa siamo noi, degli appestati?», è la domanda incredula che risuona ad Arcore. Ma il punto vero è un altro: Berlusconi pretende la scelta del successore di Napolitano.

Vuole indicarlo lui, non limitarsi a scegliere tra i petali di una rosa offerta da Bersani. Ed è qui che sembra incagliata la trattativa. Il segretario Pd gli ha detto (in pubblico) che «di scambi non se ne parla». Ha aggiunto (in privato, tramite messaggeri) che da cosa può nascere cosa, incominci il Cavaliere a mostrare buona volontà, poi si vedrà... Meglio le elezioni, fa sapere Berlusconi sdegnoso. Bonaiuti, il portavoce: «Non vedo fumate bianche all'orizzonte». Alfano, il segretario del partito: «La vicenda è chiusa, l'ha chiusa Bersani».

E adesso? Nel calendario delle consultazioni rimane solo l'incontro con la delegazione Pd-Sel-Centro democratico. Poi in teoria Bersani avrebbe esaurito i colloqui e dovrebbe fare un salto sul Colle, per riferire a Napolitano e gettare la spugna. Non è detto che ci vada oggi. Potrebbe rinviare a domani, non si sa mai che la notte porti consiglio, aprendo qualche spiraglio.

Si moltiplicano in queste ore gli appelli riservati al Cavaliere e le minacce, «attenzione perché a furia di troppo pretendere rischierete di trovarvi un Presidente della Repubblica deciso con Grillo, non proprio amico vostro». La «colomba» Gianni Letta dicono sia ancora possibilista e impegnata a fare la spola...

Insomma, un po' di cautela è d'obbligo prima di dichiarare «game over». Né pare che Napolitano voglia mettere fretta a Bersani. Perché cosa accadrebbe dopo la sua rinuncia è avvolto dalle nebbie. Il Quirinale è chiuso nel riserbo. Anche per un eventuale «governo del Presidente» o «di scopo» occorrerebbe trovare chi gli dia la fiducia. Scelta Civica ci starebbe, assicura Montezemolo, gli altri non si sa. E Napolitano non ha la bacchetta magica.

 

 

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