zingaretti renzi

DEMOLITION RENZI - L’EX ROTTAMATORE ASPETTA AL VARCO IL PD: “TRA UNA SETTIMANA SI RENDERANNO CONTO CHE SENZA DI NOI NON DURANO A LUNGO” - L'ALLEANZA PD-ITALIA VIVA TRABALLA ANCHE NELLE CITTA’ E NELLE REGIONI - TRA I DEM CONTINUA LA CAMPAGNA DI LOGORAMENTO DI CONTE. STAVOLTA CON LA DEPUTATA GRIBAUDO: “ANCHE NEL PD SIAMO INSODDISFATTI DEL GOVERNO” - LA CARTA DA GIOCARE PER I NUOVI RESPONSABILI? DA QUI A PRIMAVERA, NELLE SOCIETA’ PUBBLICHE SI LIBERERANNO OLTRE 500 POLTRONE PER SODDISFARE MOLTI APPETITI... 

Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

renzi zingaretti

 

Matteo Renzi sa bene che la guerra non è affatto finita. Anzi, è solo iniziata.

Quella di martedì in Senato è stata semplicemente una battaglia e, secondo lui, «l' hanno persa e anche alla grande»: «Chiunque al posto di Conte sarebbe andato al Colle a dimettersi, ma la sua paura di perdere Palazzo Chigi è troppo forte», dice il leader di Italia viva ai suoi.

 

conte zingaretti

Renzi ha ribattezzato il premier «il Conte dimezzato», perché non ha la maggioranza al Senato, «e chiunque faccia politica sa bene che cosa significhi questo nell' attività parlamentare». Già, spiega l' ex premier, «ora abbiamo tutti addosso ma tra una settimana anche il Partito democratico si renderà conto che senza di noi non durano a lungo, dovrebbero arrivare sopra quota 170 per stare tranquilli». Anche perché Renzi è convinto che la creazione di un nuovo gruppo parlamentare non sia facile come lascia intendere la maggioranza: «Non hanno abbastanza incarichi, voglio vedere come fanno ad accontentare tutti». Per il leader di Italia viva «si apre una prateria, se giochiamo bene il nostro ruolo di opposizione».

 

Ma questa guerra verrà portata fino all' uscio di casa di Iv: per allargare la maggioranza, e dare una certa tranquillità al governo, si cercherà di pescare il più possibile dai gruppi parlamentari di Renzi. Il Partito democratico conta di sfilargliene quattro al Senato, a breve. Questo lo sa anche l' ex premier che, infatti, è sicuro di perderne «tre o quattro a Palazzo Madama e alla Camera anche di più». Sono gli ex pd quelli più in sofferenza, alcuni dei quali iniziano a sentire la nostalgia della casa madre. E infatti il senatore Eugenio Comincini ha già annunciato che non se la sente di stare all' opposizione. Non fa per lui.

 

Zingaretti Renzi

Altre possibili fuoriuscite nel gruppo di Italia viva a Palazzo Madama? Si fanno diversi nomi. Quello di Leonardo Grimani, il quale assicura che adesso non lascerà Italia viva, ma domani chissà, perché non gli piace «l' opposizione feroce». Di Donatella Conzatti, che vuole vedere ricompattarsi la vecchia maggioranza, e di Vincenzo Carbone.

 

Al cellulare con i fedelissimi, mentre guarda la cerimonia di insediamento di Joe Biden, l' ex presidente del Consiglio parla della futura campagna acquisti: «Il Pd, che poteva giocare un ruolo da protagonista e invece ha scelto di assecondare il progetto grillino, ha esercitato una pressione pesante sui nostri.

 

 

Ma ci bastano quelli che resteranno con noi per non rendere la vita facile a questo governo e a questa maggioranza».

 

GIUSEPPE CONTE E NICOLA ZINGARETTI AI FUNERALI DI WILLY MONTEIRO

A torto o a ragione Renzi è convinto che la guerra non sia ancora terminata e che non sia affatto detto che Conte vada avanti tranquillamente mandando in porto l' operazione responsabili con la creazione di un corposo gruppo autonomo. Dovrebbe riuscirci entro mercoledì, quando si voterà la relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il leader di Italia viva si mostra scettico ed è per questa ragione che insiste nel dire di essere disponibile a «un governo con questa stessa maggioranza», un governo con la maggioranza Ursula o a un esecutivo di «unità nazionale» con tutti dentro. Perché nel caso Conte cada i giochi potrebbero riaprirsi, «visto che alle elezioni anticipate non crede nessuno».

 

2 - NELLE CITTÀ ALLE URNE E NELLE REGIONI GIÀ TRABALLA L'ALLEANZA PD-ITALIA VIVA

Pasquale Napolitano per "il Giornale"

 

di maio zingaretti conte

La guerra è appena iniziata. Con il voto in Parlamento lo strappo tra Pd e Italia viva è formalizzato. I dem preparano la vendetta. Da servire, in questo caso, calda: via dalle giunte regionali gli assessori renziani. L' ipotesi è sul tavolo. E trapela dal Nazareno come la minaccia per isolare Matteo Renzi.

 

chiara gribaudo

Tradotto: spingere anche gli assessori regionali di Iv ad abbracciare il Pd. Il messaggio va esteso a tutta la platea di amministratori vicina al senatore di Rignano. Sono due le giunte sotto osservazione: Toscana e Campania.

 

Nella regione del rottamatore, il governatore Eugenio Giani potrebbe chiedere un passo indietro al suo vice Stefania Saccardi, assessore in quota Iv all' Agricoltura. Una decisione che potrebbe maturare già nelle prossime ore alla luce dei nuovi equilibri romani. Anche perché il peso dei renziani nell' assemblea regionale toscana non è determinate: due eletti. A differenza del Pd che ne conta ventidue. In alternativa Giani potrebbe «suggerire» all' assessore Saccardi di mollare Iv.

 

zingaretti renzi

Si scende in Campania: discorso identico. Il governatore sceriffo Vincenzo De Luca ha premiato i renziani con l' assessorato all' Agricoltura: la poltrona è andata a Nicola Caputo. Una vera e propria filiera: Toscana, Campania e ministero all' Agricoltura nelle mani (fino a prima delle dimissioni) della renziana Teresa Bellanova. De Luca, spinto da Nicola Zingaretti, sarebbe tentato dall' idea di far saltare la testa a Nicola Caputo, già europarlamentare del Pd dal 2014 al 2019. In Campania, in Consiglio regionale, i numeri cambiano: Italia viva conta una pattuglia di 4 consiglieri eletti. Peso non determinante per spostare gli equilibri, ma comunque non trascurabile. A spingere per l' epurazione dell' assessore renziano anche Nicola Oddati, braccio destro di Zingaretti, in ottimi rapporti con Piero De Luca, figlio del governatore.

 

Renzi non sta a guardare. Prepara il contrattacco su Roma, Napoli e Milano: le tre città chiamate al voto in primavera per eleggere il nuovo sindaco. A Napoli, i renziani vedono di buon occhio la candidatura del magistrato Catello Maresca, al momento sostenuto dalla coalizione di centrodestra. Il via libera di Iv a Maresca sarebbe il primo schiaffo al Pd. Per Roma è stato Renzi in prima persona ad annunciare l' appoggio per Carlo Calenda (nel tondo in alto), spingendo il Pd sulla ricandidatura di Virginia Raggi.

 

goffredo bettini

A Milano il quadro è meno fluido: i renziani hanno già dato l' ok per il sostegno al sindaco uscente Beppe Sala. Ma ora la partita potrebbe riaprirsi. Anche se c' è da fare una premessa: il sindaco uscente di Milano non è considerato vicino alla ditta Zingaretti-D' Alema-Bettini. Nella città di Torino, i Cinque stelle hanno ritirato dal tavolo la ricandidatura di Chiara Appendino per favorire un' intesa con il Pd.

CHIARA GRIBAUDO

 

Italia viva si sfila. Ma c' è il caso Portas: il deputato indipendente Iv Giacomo Portas (nel tondo in basso) si è già pronunciato contro il patto Pd-M5s in città. Ma lla Camera, smarcandosi in parte da Renzi, non ha preso parte alla votazione sulla fiducia a Conte.

Sarebbe in bilico l' alleanza tra Iv e Pd anche alle regionali in Calabria, dove si ritornerà al voto per la morte della presidente Jole Santelli.

NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZIRENZI ZINGARETTI

 

goffredo bettinifranceschini bettinigoffredo bettini dopo tre ore di dibattito con renzi e d'alema

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…