GENOVA NON E’ PER LUI - IL BISCOTTO DORIA MESSO A MOLLO DAI SUOI STESSI SUPPORTER: “AMMINISTRAZIONE FALLIMENTARE”

Luciano Capone per "Libero"

È il primo sindaco rossoblu della storia di Genova, ovviamente non calcisticamente - vi - sto che è juventino -ma in senso ematico: metà sangue blu - il marchese, patrizio genovese nonché conte di Montaldeo Marco Doria discende dalla famiglia nobiliare più importante della città - e metà rosso, per la fede comunista.

A questi colori ha aggiunto l'arancione, quello della "rivoluzione" delle amministrative del 2012 che lo ha portato a palazzo Tursi, contemporaneamente a De Magistris a Napoli e Pisapia a Milano. A un anno di distanza il colore della sua amministrazione è il grigio dell'immobilismo.

Genova soffre il periodo più buio del dopoguerra: una crisi economica che non vede ancora le luci in fondo al tunnel, la crisi industriale di Ilva e Ansaldo, lo scoppio del bubbone Carige e il profondo rosso delle aziende municipalizzate. Ovviamente si tratta in gran parte di problemi che Doria ha ereditato, frutto marcio del consociativismo di una classe dirigente che in gran parte lo ha sostenuto, che non cambia da 30 anni e che ha infiltrato tutti i gangli economici della città.

In campagna elettorale il sindaco si è presentato come innovatore, come catalizzatore di partecipazione e cambiamento e invece la spinta rivoluzionaria si è subito ingrigita con rinvii quotidiani e fughe dalle decisioni. Più grandi le aspettative, più profonda la delusione. In questi mesi Doria ha subito le contestazioni delle frange e dei comitati che gli avevano fatto trionfare le primarie: «amministrazione fallimentare e deludente», «mancanza di visione», «atteggiamento autistico», «ripartire da zero».

Doria naturalmente portato a non decidere sui nodi cruciali della città per non spaccare una maggioranza costruita sul modello dell'Unione di Romano Prodi: sinistra radicale e sinistra riformista unite da un programma che è un capolavoro di bizantinismo in cui ognuno trova ciò che vuole. Prima delle elezioni il sindaco si era espresso contro le grandi opere dal Terzo Valico alla Gronda autostradale, opere vitale per l'economia della città, per lo sviluppo sia del porto che del settore turistico.

Ora tentenna, cerca di prendere tempo, stretto tra i movimenti NoTav e ambientalisti e il Pd che deciso a realizzare le opere. Stesso discorso sulle privatizzazioni, o meglio, sull'ingresso dei privati nelle municipalizzate.

Si tratta di società di servizi, trasporti, farmacie, teatri e stabilimenti balneari, prevalente mente aziende con bilanci disastrosi e salvate dal fallimento solo per le continue ricapitalizzazioni pubbliche. «Le partecipate costano tanto ai contribuenti e offrono servizi pessimi - dice Enrico Musso, rivaledi Doria alle scorse elezioni - fino ad ora sono state utilizzate al massimo tutte le leve fiscali, in aggiunta alle tariffe tra lepiù alte d'Italia».

Il sindaco temporeggia, rinvia le privatizzazioni e rassicura sia il Pd che i comitati benecomunisti. Doria ormai è ostaggio delle proprie primarie, delle promesse fatte a quell'area che unisce quartieri chic e centri sociali, banche e don Gallo, decrescita felice e dipendenti pubblici. Ogni scelta necessaria scontenta la propria base e divide la maggioranza. L'amministrazione ha inoltre perso ogni credibilità cedendo ai blocchi e agli scioperi delle categorie coinvolte da ogni tentativo di riforma.

Solo in un campo Doria ha mostrato risolutezza, quello delle nomine, mettendo nei posti di comando uomini di provata fede. Per il resto solo rinvii. Il cambiamento a Genova è stato solo cromatico: dalla rivoluzione arancione al grigio immobilismo. E all'orizzonte un futuro che è sempre più nero.

 

VENDOLA - DORIA - DON GALLOMARCO DORIA MARCO DORIA E DON GALLO BANCA CARIGE E LA NUOVA BANCA CARIGE ITALIA banch ilva LOGO ANSALDO

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